lunedì 30 aprile 2012

PSICOFARMACI: UN TREDICENNE SU QUATTRO LI ASSUME, SPESSO SENZA PRESCRIZIONE

Studio dell’Università di Torino: psicofarmaci assunti dal 25% dei minori con amici e/o somministrati dai genitori senza alcuna prescrizione medica. Alberto Ugazio (SIP): “in assenza di patologia la terapia farmacologica non è assolutamente indicata”. Poma (Giù le Mani dai Bambini): “Appello al Ministro Balduzzi: allarme già rilanciato da noi nel 2009, ma l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e l’Agenzia del Farmaco (AIFA) continuano a sottostimare il problema

TORINO – Secondo i risultati di uno studio condotto dall’Università di Torino a cura della Dott. sa Roberta Siliquini – Professore Ordinario di Epidemiologia, Igiene Generale e Sanità Pubblica all’Università di Torino -  un adolescente su quattro assume psicofarmaci a casa, su consiglio dei genitori, o fuori casa, in accordo con gli amici, quasi sempre senza prescrizione medica. Inizialmente, lo studio ha preso in esame una casistica di 600 soggetti, ma il progetto di ricerca prevede di arrivare a 2.000 casi esaminati entro la fine del corrente anno, alla ricerca di conferme per un trend che vari commentatori esperti definiscono “inquietante”.

Dopo la presentazione dei risultati preliminari della ricerca, il primo commento ufficiale è quello del Presidente della Società Italiana di Pediatria (SIP), il Dott. Alberto Ugazio, il quale ricorda che“l’automedicazione, o il fai da te‚ è quanto di meno auspicabile possa esserci per la salute dei nostri bambini. Inoltre, l’ansia è un sintomo che va valutato attentamente: se non indica una patologia, la terapia farmacologica non è assolutamente indicata”. Secondo la Prof. Siliquini, infatti, molte assunzioni improprie di psicofarmaci avvengono per scelta degli stessi genitori, che cercano in questo modo di “dare una risposta agli stati di disagio dei propri figli”.

Un fenomeno inquietante, in continua crescita ovunque nel mondo, come anche nel nostro Paese – ha commentato Luca Poma, giornalista e Portavoce nazionale di “Giù le Mani dai Bambini”,  il più rappresentativo comitato indipendente per la farmacovigilanza pediatrica in Italia (www.giulemanidaibambini.org) – che la nostra organizzazione aveva denunciato nel 2009, riprendendo i dati del ‘rapporto ESPAD’ che evidenziò già allora il 10% di minori che utilizzavano psicofarmaci con modalità “fai da te”.[1] I rischi sono molteplici – continua Poma – dagli effetti collaterali di queste molecole, che vanno dai problemi cardiaci anche gravi alla stimolazione di idee suicidarie, a seconda della classe farmacologica utilizzata, a quelli di carattere psicologico e pedagogico: stiamo permettendo la trasmissione ai nostri figli un modello sbagliato, ovvero chebasta una pillola per risolvere qualsiasi problema. Tra l’altro questi prodotti – con buona pace delle norme stabilite dagli organismi sanitari di controllo – si reperiscono con estrema facilità su internet, pagando con un comune conto PayPal: sono perlomeno 7 anni che ci siamo messi a disposizione dell’Agenzia del Farmaco e dell’Istituto Superiore di Sanità una campagna seria di prevenzione su questo tema, che impegnerebbe ben poche risorse, ma il problema continua ad essere colpevolmente sottostimato. Ci appelliamo allora direttamente – conclude Poma al Ministro della Salute Prof. Renato Balduzzinon attendiamo che la situazione vada alla deriva, com’è già successo in USA e in altre nazioni, perché qui è in gioco il futuro delle nuove generazioni del nostro paese” 

GREENPEACE:ABBIAMO LE IMMAGINI CHE INCASTRANO ENEL(VIDEO)




Oggi gli attivisti di Greenpeace sono entrati in azione presso la centrale Federico II di Brindisi, disegnando nei campi circostanti l'impianto un'enorme sagoma di circa 80 metri raffigurante un cadavere riverso al suolo con la scritta "Enel Killer". Con questa spettacolare iniziativa l'associazione ambientalista intende indirizzare all'assemblea degli azionisti dell'Enel -- che si riunisce a Roma oggi pomeriggio -- i contenuti di una sua ricerca, anticipati ieri, in cui si evidenziano i danni alla salute e gli impatti economici dell'uso del carbone da parte di Enel. www.facciamolucesuenel.org

GREENPEACE SUI MORTI DA CARBONE DELL'ENEL: "ENEL NON PUÒ SMENTIRE, PUÒ SOLO MENTIRE"

«Non potendo smentire Greenpeace, Enel può solo mentire». Così commenta Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia in risposta all'annuncio dell'Enel di voler querelare per diffamazione l'associazione ambientalista. Greenpeace ha anticipato ieri i contenuti principali di uno studio sui danni economici e sanitari della produzione di elettricità da carbone Enel in Italia e in Europa.

«Greenpeace inchioda Enel alla verità dei dati - ha proseguito Boraschi - Discutere delle sue responsabilità ambientali e sanitarie in un tribunale può essere comunque un passo avanti, giacchè da anni l'azienda rifiuta di incontrarci».

Greenpeace ribadisce che i dati presentati ieri, riguardo agli impatti e ai danni della produzione elettrica da carbone di Enel, sono stati elaborati attraverso una metodologia adottata anche dall’Unione Europea, su dati pubblici, accessibili attraverso un registro dell’UE e forniti dall’azienda stessa.

La ricerca è stata realizzata da un istituto di ricerca indipendente e non-profit olandese – SOMO - per conto di Greenpeace Italia. Prima della pubblicazione, questi dati sono stati presentati all’azienda, che ha avuto a disposizione tre settimane di tempo per smentirli o rettificarli. Enel non ha smentito le elaborazioni che esso contiene, ma ha contestato la metodologia - che è dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, non di Greenpeace – ed è accreditata nella letteratura scientifica internazionale.

Enel ha inoltre risposto alla nostra ricerca con un’affermazione che ha dell’incredibile: “Non esistono studi scientifici che dimostrino (in termini statistici) una relazione di causa-effetto tra le emissioni delle centrali e i danni alla salute”.
Greenpeace è pronta a fornire fiumi di bibliografia scientifica nel merito.

«Sembra che oltre ai soldi delle bollette degli italiani Enel voglia anche quelli di chi osa contestare i suoi crimini ambientali - ha concluso Boraschi - Vedremo se esiste un giudice disposto a condannare un’associazione di liberi cittadini per aver usato correttamente una metodologia dell’Agenzia Europea per l’Ambiente e dati di emissione ufficiali degli impianti Enel. Alternativamente, Enel può realizzare un suo studio: e magari dimostrare che i fumi delle centrali a carbone non inquinano, non fanno male alla salute, all’ambiente e al clima. Sarebbe una scoperta rivoluzionaria». 



AMERICA LATINA, GIORNALISTI A RISCHIO

di Stella Spinelli
Due episodi gravi hanno travolto due giornalisti – uno in Messico, l’altro in Colombia – in un fine settimana che ha rimarcato quanto pericoloso sia svolgere questa professione in America Latina.
In Messico, la corrispondente della rivista Proceso en Veracruz, Regina Martínez, è stata ritrovata morta sabato nel bagno di casa con evidenti segni di strangolamento. Martínez, da trent'anni, si occupava di inchieste e articoli su narcotraffico e corruzione e aveva pestato i piedi a molti pezzi grossi, anche delle istituzioni.
In Colombia, invece, è scomparso nella selva il giornalista francese Romeo Langlois, 35 anni, corrispondente di France 24, che stava realizzando un reportage nel Caquetà sulle operazioni anti narcotici delle forze militari colombiane. Mentre la pattuglia dell’esercito con la quale si stava muovendo è stata attaccata dalla guerriglia delle Farc, Langlois e la sua troupe è stata coinvolta nello scontro. Il ministro della Difesa, Juan Carlos Pinzón, ha precisato che per il moneto si può soltanto dire che è scomparso, perché non ci sono prove che sia stato preso dai guerriglieri. ”Il bilancio di questo scontro è di quattro morti e otto feriti. Cinque soldati sono scomparsi per un po’ ma sono già stati ritrovati. Due sono feriti. Nessuna notizia invece del giornalista”, ha precisato una fonte del ministero della Difesa. Il giornalista francese si trova in Colombia da una decina d’anni ed è molto esperto del conflitto colombiano.
Entrambi gli episodi sono avvenuti nella stessa settimana nella quale in Brasile è stato ucciso da colpi di pistola sparati a bruciapelo il giornalista Décio Sá, e in Honduras è stato ammazzato sempre con un’arma da fuoco il presentatore televisivo Noel Alexander Valladares Escoto. Sá era conosciuto per le sue polemiche denunce contro i politici e con la sua morte sale a 4 il numero di giornalisti uccisi in Brasile. Sono invece 18 quelli morti ammazzati negli ultimi due anni in Honduras, dal 2009 in mano a un governo espressione di un golpe.
L’America Latina nel 2011 si è rivelata la regione più pericolosa al mondo per la sicurezza dei giornalisti, con il Messico a detenere questo triste scettro. A stabilirlo è l’International Press Institute (IPI). Reporter sans Frontiers, invece, stabilisce che sia il Medio Oriente a detenere il record, seguito dal continente latinoamericano. Secondo l’organizzazione francese, infatti, in Medio Oriente dall’inizio dell’anno sono stati ammazzati 20 giornalisti e 18 in America Latina, 11 dei quali in Messico.
Giornalisti di Messico e Colombia riuniti questa settimana in Cile per l’incontro dell’Wan-Ifra, l’associazione mondiale di giornali e pubblicazioni, hanno denunciato che molti mass media si autocensurano su alcuni argomenti e si auto impongono alcune regole interne per proteggere la vita dei proprio reporter. Per esempio nel giornale El Siglo de Torreón, una delle testate più importanti del violento stato di Sinaloa, nessuno firma articoli che ricostruiscono episodi di violenza.
Due episodi gravi hanno travolto due giornalisti – uno in Messico, l’altro in Colombia – in un fine settimana che ha rimarcato quanto pericoloso sia svolgere questa professione in America Latina.
In Messico, la corrispondente della rivista Proceso en Veracruz, Regina Martínez, è stata ritrovata morta sabato nel bagno di casa con evidenti segni di strangolamento. Martínez, da trent'anni, si occupava di inchieste e articoli su narcotraffico e corruzione e aveva pestato i piedi a molti pezzi grossi, anche delle istituzioni.
In Colombia, invece, è scomparso nella selva il giornalista francese Romeo Langlois, 35 anni, corrispondente di France 24, che stava realizzando un reportage nel Caquetà sulle operazioni antinarcotici delle forze militari colombiane. Mentre la pattuglia dell’esercito con la quale si stava muovendo è stata attaccata dalla guerriglia delle Farc, Langlois e la sua troupe è stata coinvolta nello scontro. Il ministro della Difesa, Juan Carlos Pinzón, ha precisato che per il moneto si può soltanto dire che è scomparso, perché non ci sono prove che sia stato preso dai guerriglieri. ”Il bilancio di questo scontro è di quattro morti e otto feriti. Cinque soldati sono scomparasi per un po’ ma sono già stati ritrovati. Due sono feriti. Nessuna notizia invece del giornalista”, ha precisato una fonte del ministero della Difesa. Il giornalista francese si trova in Colombia da una decina d’anni ed è molto esperto del conflitto colombiano.
Entrambi gli episodi sono avvenuti nella stessa settimana nella quale in Brasile è stato ucciso da colpi di pistola sparati a bruciapelo il giornalista Décio Sá, e in Honduras è stato ammazzato sempre con un’arma da fuoco il presentatore televisivo Noel Alexander Valladares Escoto. Sá era conosciuto per le sue polemiche denunce contro i politici e con la sua morte sale a 4 il numero di giornalisti uccisi in Brasile. Sono invece 18 quelli morti ammazzati negli ultimi due anni in Honduras, dal 2009 in mano a un governo espressione di un golpe.
L’America Latina nel 2011 si è rivelata la regione più pericolosa al mondo per la sicurezza dei giornalisti, con il Messico a detenere questo triste scettro. A stabilirlo è l’International Press Institute (IPI). Reporter sans Frontiers, invece, stabilisce che sia il Medio Oriente a detenere il record, seguito dal continente latinoamericano. Secondo l’organizzazione francese, infatti, in Medio Oriente dall’inizio dell’anno sono stati ammazzati 20 giornalisti e 18 in America Latina, 11 dei quali in Messico.
Giornalisti di Messico e Colombia riuniti questa settimana in Cile per l’incontro dell’Wan-Ifra, l’associazione mondiale di giornali e pubblicazioni, hanno denunciato che molti mass media si auto censurano su alcuni argomenti e si auto impongono alcune regole interne per proteggere la vita dei proprio reporter. Per esempio nel giornale El Siglo de Torreón, una delle testate più importanti del violento stato di Sinaloa, nessuno firma articoli che ricostruiscono episodi di violenza. 

HEBRON, UNA VITA TRA COLONI E SOLDATI (VIDEO)

La famiglia di Hashem Azzeh vive da generazioni in Shuhada Street, la via chiusa dal 2000 per ordine militare. Circondato da coloni estremisti, Azzeh subisce attacchi quotidiani: aggressioni, confisca di terre, vessazioni. Questa è la sua storia

di Emma Mancini
Hebron (Cisgiordania), 30 aprile 2012, Nena News (nella foto, l’ingresso di Shuhada Street ad Hebron, bloccato da un checkpoint israeliano. Foto: Emma Mancini) – Dalla città occupata di Hebron arrivano quotidianamente notizie di violenze contro la popolazione palestinese, attacchi perpetrati dai circa 500 coloni israeliani e dagli oltre 2.000 soldati presenti. Ma la storia della famiglia di Hashem Azzeh riesce a colpire per la durezza delle condizioni di vita in cui sono costretti a sopravvivere dal 1984.

La loro casa, situata all’inizio di Shuhada Street, è sovrastata da due torrette militari e dai caravan di 35 famiglie di coloni dell’insediamento di Ramati Shay. Tra loro, l’abitazione di Baruch Marzel, leader del Jewish Defence League, considerato tra i coloni più estremisti in tutta la Cisgiordania.

Confisca di terre, raid contro la loro abitazione, pestaggi a donne e bambini, distruzione di alberi da frutto e vessazioni dell’esercito sono all’ordine del giorno. “La mia casa è circondata da sei checkpoint – racconta a Nena News Hashem Azzeh, da anni attivista ad Hebron – e l’originale accesso alla mia abitazione dalla strada principale è stato chiuso. Siamo costretti ad inerpicarci per strette vie sterrate per poter tornare a casa”.

Arrestato innumerevoli volte dall’esercito israeliano, Hashem ha trascorso quasi dieci anni di vita dietro le sbarre di una galera israeliana. Ma la battaglia che sta conducendo da decenni per la sua famiglia non cessa: “Da qui non me ne vado. Resterò nella mia casa fino a quando non saremo liberi. Fino a quando non avremo indietro la Palestina, dal Mar Mediterraneo al Mar Morto, da Haifa a Eilat”.

Shuhada Street (la Via dei Martiri) è considerata la più importante via della città di Hebron: collegando i quartieri centrali di Hebron con quelli a Nord e a Sud, è stata il luogo dei più importanti e vitali servizi della città. Dalla stazione dei bus a quella dei taxi, dal mercato di frutta e verdura ai mulini per il grano, oltre a decine di negozi e alle più vecchie scuole della città.

Dal 2000 Shuhada Street è stata chiusa per ordine militare dall’esercito: a nessun palestinese è permesso l’ingresso, eccetto a coloro che risiedono ancora lungo la via. Nel 2006 l’Alta Corte israeliana ha imposto la riapertura della strada alla popolazione palestinese, ma la strada è ancora chiusa. Nulla è cambiato e quel pezzo di Città Vecchia, cuore commerciale e sociale, si è trasformato in una città fantasma.

Il tutto all’interno del particolarissimo contesto di Hebron: dopo il massacro del 1994 nella moschea di Abramo, quando il fanatico israeliano Baruch Goldstein uccise 29 palestinesi durante la preghiera del mattino, sopraggiunse il Protocollo di Hebron, parte degli accordi di Oslo del ‘94. Così, la città è stata divisa in due: H1, sotto controllo militare e civile palestinese, e H2, sotto quello israeliano. Un caso senza eguali in tutta la Cisgiordania: la stessa città divisa in Area A e Area C.

La Città Vecchia è divenuta così una vera e propria “città fantasma”: in H2, infatti, oltre mille abitazioni palestinesi sono ora vuote, il 41,9% del totale. L’obiettivo dei coloni e delle autorità israeliane è stato parzialmente raggiunto: rendere la vita impossibile ai palestinesi e costringerli ad abbandonare le loro case in centro. Nena News
Guarda il video:

NORD AFRICA. VENTI DI UNA 'PRIMAVERA BERBERA'

Il 2011 passerà probabilmente alla storia come l'anno delle "rivoluzioni arabe". Ma, nel caso dei paesi del Nord Africa, la definizione appare incompleta (oltre che discutibile sul piano dei reali cambiamenti ottenuti), poiché disconosce l'apporto alle contestazioni della componente amazigh (berbera), a lungo negata e repressa nel processo di edificazione degli Stati post-coloniali.
  
di Jacopo Granci da Casablanca

Ciò nonostante, in questo inizio 2012, gli attivisti berberi - dal Marocco alla Libia - sembrano decisi a portare avanti la battaglia per il pieno riconoscimento identitario, il rispetto dei diritti e la democrazia, approfittando della caduta o della flessione dei vecchi regimi legati all'ideologia panarabista.

La commemorazione del printemps berbère algerino (20 aprile 1980) è stata l'occasione per rilanciare le mobilitazioni in tutta la tamazgha ("terra amazigh", corrispondente all'Africa del Nord e al territorio sahariano fino all'oasi egiziana di Siwa) e per riposizionare la "questione amazigh" al centro dei rispettivi dibattiti nazionali (anche se la copertura mediatica delle iniziative è stata pressoché assente). osservatorioiraq

domenica 29 aprile 2012

FESTIVAL GIORNALISMO PERUGIA: IL MINISTRO SEVERINO "I BLOG POSSONO FARE PIÙ DANNI DEI GIORNALI"

In arrivo nuove regole in materia di blog. Lo annuncia il Ministro Severino al Festival del Giornalismo di Perugia, mentre pende su di noi il "nuovo" ddl intercettazioni che include la legge "ammazza - blog". Ecco le dichiarazioni della ministra...

Intervenuta al Festival del Giornalismo Perugia 2012, il Ministro della Giustizia Paola Severino si è espressa in materia di informazione enunciando tre punti fondamentali.
Controlli su blog e facebook. 


Punizioni per giornalisti, editori e aziende nei casi di pubblicità camuffata da informazione.
La ministra ha dunque annunciato che sono allo studio nuove regole in materia di blog.
Ecco le dichiarazioni della Severino pubblicate daCorriere.it:

«I blog possono fare più danni dei giornali», ha detto Severino, accennando a una regolamentazione in sede di Unione europea per evitare che i provider si possano trasferire in Paesi dove le maglie della legge sono più larghe. «Il cittadino ha il diritto di interloquire con un altro. Ma deve seguire le regole», , ha detto il ministro creando non poco scompiglio nel mondo digitale dove i tweet sono subito impazziti. 
«Scrivere su un blog non autorizza a scrivere qualunque cosa, soprattutto se si sta trattando di diritti di altri. I blog hanno capacità di diffondere pensiero ma questo non deve trasformarsi in libertà di arbitrio», ha ripeuto Severino che appunto prevede presto una forma di regolamentaziome. 

Anche se sarà «difficile pensare a un'obbligo di retifica nei blog». 
E conclude con un monito: «Sappiate che quello che voi fate ad altri potrà essere fatto a voi. Cominciate ad autoregolamentarvi».

Un monito che suona più come una minaccia.

Se nel 2010, Reporters sans frontiers poneva il nostro Paese al 49° posto nella classifica delle nazioni in cui c'è maggior libertà d'espressione, dove potremo finire con nuovi restringimenti alla libertà di parola e dunque di pensiero?

Oggi la ministra dice che sarà difficile porre l'obbligo di retifica ai blog, però..., come avevo già accennato, nel nuovo disegno di legge sulle intercettazioni è incluso il comma Alfano-Buongiorno che introduce(va) la cosiddetta "legge ammazza blog", con l'obbligo di retifica sia per siti sia per blog, pena multe fino a 12000 euro.

LINK UTILI:

CARLOMAGNO (CONTRIBUENTI.IT): DISTRIBUTORI AUTOMATICI, IL FISCO HA LE ARMI SPUNTATE.

CAPRI – Nella Penisola c’è una «macchinetta» ogni 11 abitanti, che erogano, a 22 milioni di consumatori, prodotti di largo consumo (caffè, bibite, snack, yogurt biologico, frutta fresca, prodotti dietetici, latte, acqua), film e musica mp3, sigarette, gratta e vinci, scommesse, oggettistica, anticoncezionali, spazzolini da denti, prodotti per l’igiene, giochi per bimbi, chewing gum, prodotti per automobili e perfino lingotti d’oro.

Distributori automatici che si trovano nelle comunità di lavoro e - sempre più spesso - in luoghi aperti al pubblico anche 24 ore su 24: ospedali, stazioni ferroviarie, aeroporti, palestre, musei, tabaccherie, stazioni di servizio, scuole, uffici postali. 

Eppure il legislatore fiscale ignora il fenomeno e non prevede alcuna forma di scontrino fiscale ne’ di tracciatura delle transazioni relative alle vendite al consumo mediante distributori automatici. Con la conseguenza che il fisco ha le armi spuntate per riscontrare le vendite e le somministrazioni effettive. Un privilegio riservato a poche categorie di contribuenti, che oggi, lo Stato italiano non può permettersi se si vuole combattere seriamente l’evasione fiscale.

Negli ultimi 10 anni il mercato del Vending è cresciuto in modo abnorme e costituisce oggi la più vasta e capillare rete di rivendita di bibite e prodotti alimentari al minuto. Tra i prodotti maggiormente acquistati dai distributori ci sono le bottigliette di acqua minerale, con circa 700 milioni di pezzi venduti ogni anno e con un ricarico che arriva talvolta fino al 600 per 100. Una bottiglietta da 500 cl. di acqua minerale che al supermercato costa 20 centesimi viene venduta nei distributori automatici anche ad 1,50 euro.

E’ questa la sintesi della nuova denuncia presentata dall’Associazione Contribuenti Italiani, presentata oggi in anteprima a Capri, che sarà prossimamente pubblicata su “Contribuenti.it Magazine”.

La normativa esistente favorisce la grande evasione fiscale – dichiara Vittorio Carlomagno Presidente di Contribuenti.it Associazione Contribuenti Italiani – Ai piccoli imprenditori vengono imposti adempimenti e controlli asfissianti mentre ai grandi imprenditori vengono fatte norme premianti”.

Per arginare tale evasione, Contribuenti.it - Associazione Contribuenti Italiani chiede al Governo di introdurre l'obbligo di emissione dello scontrino fiscale ai distributori automatici, di memorizzare e inviare online al fisco il resoconto di tutte le operazioni effettuate.

Fonte: contribuenti.it

sabato 28 aprile 2012

EGITTO: SÌ AL SESSO DOPO LA MORTE?

L’editorialista Amro Abdul Samea dalle pagine del giornale egiziano Al Ahram ha dato voce al Consiglio Nazionale Egiziano per le donne – NCW – il quale tramite la propria leader Mervat al-Talawi ha lanciato un appello al rappresentante della Egyptian People’s Assembly, il Dr. Saad al-Katatni, affinché non vengano approvate due proposte di legge in questi giorni al vaglio politico: la prima per legalizzare il matrimonio delle bambine dall’età di 14 anni e la seconda che consentirebbe ai mariti di avere rapporti sessuali con la propria moglie entro 6 ore dalla morte della donna.

La Mervat al-Talawi nel messaggio ha chiesto che vengano affrontati i problemi delle donne egiziane, soprattutto a seguito delle rivolte popolari del febbraio 2011 che hanno portato un cambiamento nel paese destituendo il presidente Hosni Mubarak. La donna ha sollecitato i politici a non mortificare la dignità femminile con presunte interpretazioni religiose ed ha sottolineato che peggiorando la loro condizione a pagarne le conseguenze sarebbe l’intero sistema Paese, non fosse altro perché le donne rappresentano la metà della popolazione.

La richiesta di legalizzazione dei rapporti sessuali post mortem è stata sollevata da un religioso marocchino nel maggio 2011. Zamzami Abdul Bari, ha giustificato l’esigenza vista la validità del matrimonio anche dopo la morte, aggiungendo che anche le donne hanno lo stesso diritto nei confronti del marito deceduto. Due anni fa Zamzami aveva già sollevato polemiche in Marocco, quando si era detto favorevole all’uso di alcool da parte delle donne incinte.

Il parlamento egiziano appena eletto, a maggioranza islamista, viene pesantemente accusato di lanciare continui attacchi ai diritti delle donne.

L’intenzione è quella di cancellare molte delle leggi già in vigore che riconoscono diritti anche alle donne, specialmente riguardo alla possibilità di ottenere il divorzio dal partner senza ostacoli. Attualmente questo diritto viene riconosciuto dalla legge denominata Khula, ottenuta dopo anni di battaglie.

Prima dell’approvazione della Khula era necessario per una donna attendere 10-15 anni prima di ottenere il divorzio dal coniuge.

I membri islamisti del parlamento egiziano si giustificano definendo le leggi a favore delle donne, lesive dell’unità familiare e approvate principalmente per compiacere l’ex first lady del passato regime, Suzanne Mubarak che aveva posto molta attenzione ai temi e diritti delle donne egiziane.

di Paola Totaro 

venerdì 27 aprile 2012

MESSINA DENARO NON SI TROVA, IL ROS SI TAGLIA LO STIPENDIO

Davvero gesti lodevoli, soprattutto per chi si impegna per una lotta dal grande valore simbolico. In tempi di crisi, chi da la caccia al superboss Matteo Messina Denaro si taglia il proprio stipendio, pur di poter consentire allo Stato di impegnarsi al massimo nella battaglia per trovare ed arrestare il capo mafioso. Matteo Messina Denaro resta ancora il ricercato numero uno di Cosa nostra, oggi festeggia in latitanza persino i suoi cinquant'anni, ma gli investigatori che gli danno la caccia sono comunque già degli eroi: i carabinieri del Ros, il reparto speciale dell'Arma che gira l'Italia seguendo le più delicate indagini antimafia, hanno deciso di tagliarsi metàdell'indennità di missione giornaliera. Da 100 a 50 euro. Un gesto di buona volontà in un periodo di ristrettezze per le casse dello Stato. Net1News

giovedì 26 aprile 2012

FEDERAZIONI SPORTIVE AERONAUTICHE, IL GOVERNO DIMOSTRI COI FATTI CHE LA SUA AZIONE E' TESA AL REALE CAMBIAMENTO ANCHE NEL SETTORE AERONAUTICO

E' pervenuta notizia che il senatore Giuseppe Leoni è stato riconfermato per ulteriori tre mesi commissario di AeCI (Aero Club d'Italia).

Le Federazioni Sportive Aeronautiche, FIVL (volo libero), FIPAS (paracadutismo), FIAM (aeromodellismo), FIVV (alianti), FCAP (velivoli storici e auto costruiti), esprimono stupore, rammarico e preoccupazione a fronte dell'evidente disinteresse dei Ministeri competenti circa le vicende dell'Aero Club d'Italia, commissariato dal 2010, che ha portato a tale decisione.

La stampa specializzata e non, i servizi televisivi, le interrogazioni parlamentari, le numerose denunce sporte in sede amministrativa e penale, la recente pronuncia del Consiglio di Stato, hanno evidenziato come l'azione Commissario Straordinario si sia svolta in modo diametralmente opposto ai principi di buon governo, risparmio, trasparenza, sobrietà ed efficienza cui l'attuale Governo dichiara di ispirare la propria azione.

Sono stati ampiamente evidenziati, infatti, gli sprechi e la mala gestione che indicano nel senatore Leoni la persona meno adatta a ricoprire l'incarico che, in ben 16 mesi, non è stato in grado di assolvere le finalità per le quali egli è stato nominato. E' inoltre di tutta evidenza che gli intenti perseguiti dal Commissario Straordinario siano quelli di
eliminare la rappresentatività delle Federazioni Sportive Aeronautiche che, come riconosciuto espressamente dagli stessi Ministeri, assolvono con efficienza ed in modo gratuito finalità di estrema importanza ed interesse per l'aviazione leggera e sportiva.

Le gravissime questioni relative alla biasimevole gestione dell'Ente Pubblico in parola, che coinvolgono oltre 50.000 utenti, avrebbero dovuto allarmare ed ispirare una forte azione di controllo da parte dei Ministri competenti i quali, rinnovando l'incarico al senatore Leoni hanno dimostrato di rimanere indifferenti alla dilagante protesta degli utenti.

Le anzidette federazioni aeronautiche e le migliaia di utenti da esse rappresentate, chiedono che la decisione circa il rinnovo del mandato commissariale alla persona del senatore Leoni sia rivista e chiedono che i Ministri diano un segnale inequivocabile di voler promuovere quel cambiamento, in direzione dell'efficienza e di buon governo, cui la sua
azione si dice ispirata.

firmatari
FIVL - Federazione Italiana Volo Libero (deltaplano e parapendio) -
http://www.fivl.it
FIAM - Federazione Italiana Aeromodellismo) - http://www.fiamaero.it/
FIPaS - Federazione Italiana Paracadutismo Sportivo) - http://www.fipas.it/
FIVV - Federazione Italiana Volo a Vela (Aliante) - http://www.fivv.org/
FCAP - Federazione Italiana Costruttori di Aeromobili Amatoriali e Storici -
http://www.federazionecap.it/

per ulteriori informazioni contattare
Presidente FIVL - Federazione Italiana Volo Libero
Luca Basso - 347 2612477 - luca.basso (AT) iurisfirm.it
skype: lucabasso8949