martedì 28 febbraio 2012

METTETE FINE ALLA CORRUZIONE ORA!

Fra pochi giorni il Ministro della giustizia annuncerà i pilastri della nuova legge anti-corruzione: potrebbe essere l'occasione migliore che l'Italia abbia mai avuto per fermare questo crimine odioso. Ma se non saremo in tanti a intervenire ora potremmo ritrovarci con una legge annacquata e inutile.

La nuova legge potrebbe dare ai giudici gli strumenti necessari per le indagini, vietare ai politici corrotti di candidarsi e proteggere chi sporge denuncia contro abusi e irregolarità. Il partito di Berlusconi sta facendo di tutto per indebolire la legge, ma con le elezioni amministrative alle porte i nostri politici sono molto attenti all'opinione pubblica. Se saremo in tanti a ricordare che il loro voto su questa legge potrebbe costare loro la rielezione, potremmo portare a casa la legge anti-corruzione di cui ha bisogno il paese.

La corruzione ci costa 60 miliardi di euro l'anno, per non parlare delle sue conseguenze velenose sulla nostra democrazia. Ora abbiamo un'opportunità unica per invertire la rotta, ma ci rimangono pochi giorni per dire la nostra prima che la legge sia discussa in Parlamento. Clicca sotto per firmare la petizione per ripulire la nostra democrazia una volta per tutte e fai il passaparola con tutti: 

FIRMA LA PETIZIONE 

Sono passati 20 anni da Tangentopoli, lo scandalo più grande della storia politica italiana, ma la corruzione ha continuato ad allargarsi a macchia d'olio sotto i governi Berlusconi. Nella classifica internazionale l'Italia è al 69° posto, dopo paesi come Ruanda e Namibia!

Ora, con l'economia e la politica a pezzi, il Ministro della giustizia è determinata a far passare una legge anti-corruzione forte, ma c'è il rischio che il Parlamento finirà per adottare la versione diluita presentata dal partito di Berlusconi. Soltanto un appello pubblico enorme può fare la differenza.

I giudici e gli esperti ritengono che la battaglia contro la corruzione abbia bisogno di strumenti legali forti, inclusa la ratifica immediata delle convenzioni internazionali, l'esclusione dei politici condannati per corruzione dalle elezioni, la protezione di chi sporge denuncia contro i casi di corruzione, l'introduzione di nuovi crimini legati alla corruzione, e molto altro.

Questa è un'opportunità storica per fermare la corruzione in Italia e non possiamo farcela sfuggire. Se saremo in tanti a sostenere queste proposte potremo vincere. Firma ora per salvare la nostra democrazia: il nostro messaggio sarà consegnato al Ministro della giustizia e ai Presidenti di Camera e Senato e le nostre firme saranno pubblicate sul Fatto quotidiano: 

FIRMA LA PETIZIONE 

Negli ultimi 2 anni la nostra incredibile comunità ha combattuto e aiutato a sconfiggere i molteplici tentativi di Berlusconi di distorcere l'essenza della nostra democrazia, attraverso bavagli e censure, fino alla sua caduta. Ora abbiamo davanti a noi una sfida ancora più difficile: dobbiamo salvare la politica italiana dalla sua eredità disastrosa. Dimostriamo ai nostri politici che non ci fermeremo finché il nostro paese non sarà libero dalla corruzione una volta per tutte! 

CLAMOROSO! Ecco perché Monti non ha voluto la patrimoniale. (VIDEO)

"Figli delle città": rapporto UNICEF 2012 su minori e urbanizzazione

L'urbanizzazione lascia centinaia di milioni di bambini nelle città privi di accesso ai servizi di base.

Questo il monito dell’UNICEF contenuto nel rapporto La condizione dell’infanzia nelmondo 2012: Figli delle città, presentato in contemporanea in tutto il mondo e in Italia a Roma, alla presenza del Presidente del Senato Renato Schifani, del 
Presidente dell’UNICEF Italia Giacomo Guerrera e del Goodwill Ambassador dell'UNICEF ItaliaAlberto Angela

Crescono le città dove crescono i bambini

 

«Oggi il 50% della popolazione mondiale vive in aree urbane, ed entro la metà di questo secolo arriverà a oltre due terzi. Questo rapporto è dedicato ai bambini e ai ragazzi che vivono negli ambienti urbani di tutto il mondo. Sono più di un miliardo, e il loro numero continua ad aumentare»  ha dichiarato il presidente Guerrera.
«Ogni anno la popolazione urbana aumenta di circa 60 milioni di persone. L'Asia ospita la metà della popolazione urbana mondiale, nonché 66 delle 100 zone urbane che crescono più rapidamente. Eppure, circa un terzo della popolazione urbana mondiale già oggi vive negli slum – e in Africa questa percentuale sale al 60% – dove si concentrano povertà, emarginazione e discriminazione. Entro il 2020 quasi 1,4 miliardi di persone vivranno in insediamenti non ufficiali e negli slum.» 
«Quando pensiamo alla povertà, le immagini che tradizionalmente ci vengono in mente sono quelle dei bambini nei villaggi rurali» ha affermato il Direttore dell’UNICEF Anthony Lake presentando il Rapporto a Città del Messico.
«Oggi sempre più bambini vivono negli slum e nelle baraccopoli. Sono tra i più svantaggiati e vulnerabili al mondo, privati della maggior parte dei servizi di base e del diritto di crescere bene. Escludendo questi bambini che vivono negli slum non solo li priviamo della possibilità di sviluppare il proprio potenziale, ma priviamo anche le loro società di benefici economici che derivano da una popolazione urbana in buona salute e ben istruita.»

Verso un'equa urbanizzazione

 

Le città offrono a molti bambini scuole, ospedali e parchi gioco. Le stesse città, in tutto il mondo, presentano anche una serie di disparità in termini di salute, istruzione e opportunità per i bambini.
In molte regioni, le infrastrutture e i servizi non tengono il passo della crescita urbana, così i bisogni di base dei bambini non vengono soddisfatti.

Le famiglie che vivono in povertà spesso pagano molto di più per dei servizi scadenti. Per esempio l’acqua nei quartieri più poveri, dove i residenti devono acquistarla da venditori privati, può costare 50 volte di più che nei quartieri ricchi, dove le case ricevono l’acqua direttamente tramite le condutture.
Per l’UNICEF è essenziale concentrarsi sull’equità, raggiungendo i bambini più poveri dovunque essi vivano.
L’UNICEF chiede con forza ai Governi di mettere i bambini al centro dei piani urbanistici e di ampliare e aumentare i servizi per tutti, cominciando con l’avere a disposizione dati più accurati e più specifici per identificare e colmare le disparità tra i bambini nelle aree urbane. 

Città "amiche dei bambini" in Italia e nel mondo

 

Nell'ambito delle buone pratiche, il Rapporto dà grande spazio all’iniziativa internazionale“Città amiche dei bambini”, lanciata dall’UNICEF e da UN-Habitat, che rappresenta la prima partnership tra tutte le parti interessate e mette i bambini al centro dell’agenda urbana.

«Oggi, ci sono più di 300 Sindaci italiani nominati ‘Difensori dell’Infanzia’ dai Comitati Provinciali per l’UNICEF, con l’impegno di realizzare i ‘9 passi per costruire una città amica dei bambini’, il quadro di riferimento dell’UNICEF Internazionale per tutte le amministrazioni comunali del mondo» ha ricordato il Presidente dell’UNICEF Italia Giacomo Guerrera. 

«L’urbanizzazione è una realtà della vita e noi dobbiamo investire di più nelle città, focalizzando maggiormente l’attenzione nel fornire servizi ai bambini che più hanno bisogno» ha concluso Anthony Lake. 


Fonte: http://www.unicef.it

lunedì 27 febbraio 2012

PARAPENDIO: AL VIA I CAMPIONATI REGIONALI

Con l'approssimarsi della primavera, arrivano i mesi migliori per la pratica del volo libero, vale a dire il volo senza motore in deltaplano e parapendio.

Sono mezzi semplici ed intriganti che sfruttano le correnti ascensionali, dette termiche. Il pilota vola immerso nella dimensione celeste, cercando di restare dentro queste masse d'aria per raggiungere la massima quota possibile e con essa la possibilità di percorrere poi molti chilometri sfruttando l'efficienza del mezzo medesimo. In pratica, spendendo la quota acquisita, ci si può trasferire da un posto all'altro.

Nel caso di una competizione, come i regionali di parapendio, il pilota dovrà eseguire un percorso prefissato, aggirando punti salienti del territorio, come cime di monti, paesi, ecc., prima di raggiungere l'atterraggio. Il GPS di bordo certifica il tutto e, confrontato con gli
strumenti degli altri piloti, stabilisce la classifica.

Gli organizzatori dei campionati regionali di parapendio hanno in massima parte predisposto calendari e programmi mentre si accumulano le adesioni. Lo scorso anno i partecipanti furono circa 430, una significativa rappresentanza dei 5000 iscritti alla federazione.

Le gare regionali sono propedeutiche a competizioni più impegnative, tanto che una particolare cura è riservata ai piloti meno esperti. Costoro sono raggruppati nella classe Fun e seguiti da un tutor, nella persona di un pilota di livello internazionale, con il preciso compito di assisterli nella crescita tecnica prima del passaggio alle classi superiori Sport e Pro.

Un'altra distinzione delle tre categorie è il tipo di mezzo utilizzato: più facili quelli ammessi alla classe Fun, più performanti, ma anche più impegnativi i parapendio della altre due.


Nel parapendio l'Italia è campione d'Europa in carica. Il trentino Luca Donini è vice campione del mondo. 

Fonte: Federazione Italiana Volo Libero

BANCHIERI: DOPO AVER INCASSATO LA GARANZIA SETTENNALE SUI BOND, L’OBBLIGO DI APRIRE CONTI CORRENTI AI PENSIONATI ED UNA POLIZZA VITA SUI MUTUI, 203 MILIARDI DI EURO DA BCE AL TASSO DELL’1%, MANIPOLANO LA REALTA’ E FANNO PURE LE VITTIME.

I costi dei conti correnti bancari tre i più alti del mondo pari a 295,66 euro in Italia,contro una media di 114 euro dell’Europa a 27, producono una stangata a danno di famiglie ed imprese di ben di 4,2 miliardi di euro l’anno ed un vantaggio competitivo che non ha paragoni nell’UE, mentre il gap sui tassi di interesse è pari allo 0,67% sui mutui con un esborso maggiore di 19.800 euro a carico di ogni mutuatario per ammortizzare un mutuo trentennale di 150.000 euro.

Nonostante i banchieri e l’Abi,sono adusi a dettare ai governi di turno norme per tutelare i loro interessi, come la garanzia statale di 7 anni sulle obbligazioni bancarie e l’obbligo di far aprire un conto corrente ai pensionati, l’abrogazione di sentenze di Cassazione sull’anatocismo, sulla cui illegittimità si pronuncerà ad horas la Consulta, riescono anche a far credere – manipolando la verità- che sarebbero le vittime sacrificali del decreto liberalizzazioni, che liberalizza alcuni soprusi bancari, come l’obbligo di stipulare una polizza vita sui mutui, strutturata in modo da garantire l’80% di provvigioni ed il 20% di copertura assicurativa,un vero business di 3 miliardi di euro l’anno.

Gli istituti di credito si sentono infatti colpiti da alcuni obblighi introdotti dal Salva Italia e liberalizzazioni, le cui modifiche ed emendamenti vari, come il conto corrente a zero spese di apertura e gestione per i pensionati con assegni inferiori ai 1.500 euro, o l’abrogazione di commissioni ai distributori di benzina per pagamenti con carta di credito fino a 100 euro, un vero e proprio pizzo presente solo in Italia, avrebbero prodotto costi di 1 miliardo di euro l’anno.

Le banche sono poi preoccupate per i clienti, poiché l’obbligo di collegare una polizza vita ad un mutuo – a patto che tale polizza vita sia offerta con due contratti di compagnie non appartenenti al proprio gruppo, oltre alla propria- con l’obbligo di accettare l'eventuale polizza che il cliente può scegliere sul mercato- renderebbe di difficile praticabilità la stipula ottenendo perfino l'effetto contrario, cioè deprimere l'erogazione dei mutui anche allungandone i tempi. 

Adusbef e Federconsumatori, ritenendo indecenti le lamentazioni dei banchieri, che hanno ottenuto vantaggi enormi dal Governo e dalla Bce,come i prestiti triennali al tasso dell’1% che invece di essere utilizzati per far ripartire l’economia, vengono stornati per tappare i propri buchi di bilancio o per rimborsare anticipatamente a prezzi di saldo le proprie obbligazioni, con perdite del 20-30% per i sottoscrittori, diffidano la Bce a finalizzare almeno il 50% delle prossime aste del 29 febbraio agli impieghi produttivi assecondando la richiesta dei prestiti, ad un tasso non eccedente il triplo di quanto fissato dalla stessa Banca Centrale. 

IL NEOLIBERISMO E LA FINE DELLA RIDUZIONE DELL'ORARIO DI LAVORO

DI CHRISTOPH HERMANN
Socialist Project
Mentre nelle crisi precedenti la riduzione dell’orario di lavoro fu analizzata per combattere la disoccupazione in crescita, dal 2007 a oggi possiamo notare sorprendentemente che questa misura non è mai stata proposta in una qualsiasi agenda politica. Neppure in Francia e in Germania, i campioni dell’orario di lavoro ridotto che avevano introdotto la settimana corta di 35 ore per affrontare l’alta disoccupazione degli anni ’80. È ancor più straordinario se si pensa la riduzione dell’orario di lavoro per un periodo limitato, applicato da vari paesi europei nel corso delle crisi, si è dimostrato uno strumento utile per limitare la disoccupazione (anche se lascia inalterate le diseguaglianze del capitalismo)[1].

Anche se il capitale europeo dette il benvenuto alla riduzione dell’orario di lavoro nella fase iniziale della crisi, i datori di lavoro richiesero rapidamente un orario più lungo e una maggiore flessibilità quando la crescita cominciò a riavviarsi nel 2010. 

In alcuni paesi i governi hanno annunciato un posticipo dell'età di pensionamento nell’ambito di una serie di misure di austerità adottate per limitare i deficit di bilancio causati dalla crisi. Un'età di pensionamento più bassa e l'introduzione del pensionamento anticipato furono usati negli anni ’80 per creare opportunità di lavoro per i giovani lavoratori. Con un'inversione radicale nell’approccio, ora ci si aspetta che i lavoratori rimangano attivi per più tempo e per più anni per conservare il posto di lavoro e ricevere una pensione. 

AFFOSSATI MA CONSAPEVOLI: INTERVISTA A PAOLO BARNARD

Di Luca Pakarov
Che ci fanno un migliaio di persone in un palazzetto? Il primo che risponde “la scenografia di Laura Pausini” verrà denunciato alla Polizia postale. No, Grillo non c’entra nulla, anzi. Non è nemmeno un concorso pubblico. Dai, non ci indovinerete mai: stanno ad ascoltare (per tre giorni) dei signori che dibattono di economia. E giuro di non essermi fatto nemmeno un goccetto. È che c’ero pure io, da venerdì a domenica, a Rimini, al 105 Stadium ad ascoltare una cricca di malevoli economisti che, con un sole primaverile, sono riusciti a rovinare l’umore di mille e passa squilibrati arrivati fin lì da ogni parte d’Italia.

Sì perché il tema è stato l’MMT, la Modern Money Theory, che detto così farebbe dileguare anche quanti come me vengono addirittura pagati per esserci. Ma quando nel summit vengono svelati i trucchetti infami della finanza o, da buon liceale, scopro che l’Euro è una moneta divorziata dal paese, è una moneta straniera, mi lamento meno del previsto. Anche quando sono in preda all'angoscia perché sulla graticola finiscono partiti, conduttori televisivi, giornalisti, sindacati ed economisti che ballando il tip tap e suonando lo zufolo hanno messo in mano dei tecnocrati gli (ex)Stati sovrani. Pessimismo a tonnellate.

LA REALTÀ VIRTUALE PER LA RIABILITAZIONE DEI BIMBI DISABILI

Utilizzare i più innovativi e avanzati sistemi per la riabilitazione neuromotoria dei bambini con disabilità, mediante l’utilizzo della tecnologia della realtà virtuale: è questo l’obiettivo della Fondazione Don Gnocchi con la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi tramite SMS solidale, che sarà attiva dal 26 febbraio all’1 aprile 2012.

Per sostenere la campagna sarà possibile, dal 26 febbraio all’1 aprile, inviare un SMS al 45509 da tutti i cellulari TIM, Vodafone, WIND, 3, PosteMobile, CoopVoce e Noverca oppure chiamare lo stesso numero da rete fissa Teletu per donare 2 euro; oppure donare 2 o 5 euro da rete fissa Telecom Italia, Infostrada e Fastweb.

La realtà virtuale è un insieme di sofisticate tecnologie che consentono una completa immersione visiva ed uditiva in un ambiente virtuale e che stanno trovando applicazione e successo nei percorsi riabilitativi rivolti a bambini e adulti con disabilità di natura motoria, cognitiva e sensoriale

La Fondazione Don Gnocchi, sempre attenta alle innovazioni suggerite dalla ricerca scientifica e tecnologica, si è dotata di recente di un’attrezzatura (VRRS - Virtual Reality Rehabilitation System di Khymeia) appositamente pensata per la creazione di percorsi di riabilitazione con realtà virtuale, integrati con le tradizionali tecniche, rivolti ai pazienti in età evolutiva dell’Unità di Neuropsichiatria Infantile del Centro IRCCS “S. Maria Nascente” di Milano. 

Grazie alla raccolta fondi, tali attrezzature potranno essere utilizzate anche da altri tre Centri “Don Gnocchi” (due in Lombardia e uno nel Lazio). 


Fonte: http://www.dongnocchi.it/

POSTALE: ATTENZIONE AL VIRUS DELLA "POLIZIA"

La Polizia postale e delle comunicazioni mette in guardia gli utenti della Rete sulla diffusione di un virus informatico che blocca il computer facendo comparire una schermata che impone il pagamento di 100 euro per poter poi ricevere il codice di sblocco del sistema.

L'immagine che compare riproduce fedelmente l'intestazione del Cnaipic (Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche) l'ufficio di Polizia che si occupa della prevenzione e della repressione dei crimini informatici.

Si tratta ovviamente di una riproduzione abusiva che non ha nulla a che fare con il vero ufficio della Polizia di Stato che non chiederebbe mai il pagamento di una somma di denaro a nessun titolo.

Si tratta invece di un pagina presente su un server russo con la quale si tenta di trarre in inganno i navigatori del web facendo leva sul timore che può incutere l'intestazione della pagina stessa, anche perché essa compare in conseguenza dell'accesso, da parte dell'utente, a siti per adulti.

L'invito della Polizia postale e delle comunicazioni è di dotarsi di un antivirus da tenere sempre aggiornato, di navigare mediante la predisposizione di un account utente e non con diritti di amministrazione e soprattutto di non pagare nulla a nessuno. 

FISCO-CONTRIBUENTI.IT: LA TOP TEN DELLE IMPOSTE PIU’ ODIATE NEL 2012.

LA TOP 10 DELLE IMPOSTE PIÙ ODIATE DAGLI ITALIANI NEL 2012

1. Aggio esattoriale
2. Accise su benzina, energia elettrica e metano
3. Canone Rai
4. IVA
5. Bollo auto
6. TIA/TARSU
7. IMU/ICI
8. Contributi consorzi di bonifica
9. Ticket sanitari
10. Imposte sui redditi/Irap

Questa è nuova la top ten delle imposte più odiate dagli Italiani. Lo studio, effettuato da Krls Network of Business Ethics per conto Contribuenti.it Magazine dell’Associazione Contribuenti Italiani è stato condotto attraverso Lo Sportello del Contribuente, su un campione casuale di cittadini maggiorenni residenti in Italia, intervistati telefonicamente nella prima settimana di febbraio.

Come si evidenzia nella classifica, la tassa più invisa agli Italiani è l’aggio esattoriale percepito dagli Agenti della riscossione che unitamente agli interessi della riscossione incidono sensibilmente nel bilancio familiare.

Al secondo posto si collocano le accise su benzina, energia elettrica e metano che quest’anno hanno fatto lievitare sensibilmente il costo del carburante fino a farlo diventare il più caro in Europa.

Al terzo posto si colloca il Canone Rai, che è risultato anche l’imposta più evasa dagli italiani. Dal sondaggio è emerso che due cittadini su tre pensano che il Canone Rai sia un “abbonamento annuale” e non una tassa e che la pubblicità è ingannevole.

Al quarto posto si piazza l’IVA che, con l’aumento dell’aliquota dal 20 al 21%, scala la classifica della top ten di ben 4 posizioni rispetto al 2011 e si prevede che con l’ulteriore aumento dell’ imposta sui consumatori annunciato dal governo per settembre dal 21% al 23% potrebbe scalzare dal primo posto finanche l’aggio esattorile.

Al quinto posto si classifica il sempre verde “bollo auto”. Molti cittadini pensano che sia un’imposta desueta al pari del canone rai.

In generale le imposte più odiate sono quelle sono indirette, che si pagano senza tener conto del reddito pro capite.

Se, infatti, sembra logico da parte del cittadino partecipare al prelievo fiscale collettivo in maniera progressiva rispetto al reddito percepito durante l’anno, non sembra altrettanto accettabile vedersi tassare ripetutamente in base ai consumi. Tale imposizione colpisce il cittadino senza tener contro della propria capacità contributiva in dispregio al dettato costituzionale. 

Infatti, paradossalmente, le imposte indirette incidono maggiormente sulle famiglie più povere anziché su quelle più benestanti.

In alcuni casi, poi, addirittura si assiste ad una doppia imposizione indiretta come nel caso dell’applicazione dell’IVA sulle accise presente sull’acquisto di carburante o nel consumo di energia elettrica. 

Solo 1 cittadino su 5 capisce perché paga le tasse. 4 su 5 si considerano sudditi di una amministrazione finanziaria troppo burocratizzata che molto spesso viola i diritti dei contribuenti.

Ciò che incentiva maggiormente l’evasione fiscale, che nel 2011 è cresciuta del 14,1% raggiungendo - considerando anche l’evasione derivante dall’economia criminale - la cifra astronomica di 180,7 miliardi di euro all’anno, sono gli sprechi di denaro della pubblica amministrazione, la sua inefficienza, la scarsa qualità dei servizi offerti che unitamente alle violazioni allo statuto dei diritti del contribuente, i mancati rimborsi fiscali, il fisco lunare e l’inefficacia delle esattorie rendono superfluo la gran parte del lavoro fatto nella lotta all’evasione fiscale dalla Guardia di Finanza e dalle Agenzie fiscali. Quest’ultime, ogni anno, riscuotono per gli enti impositori, meno del 10% di quanto accertato.
Dallo studio emerge anche l’Italia ha il tasso di evasione più alto in Europa: su 100 euro di reddito dichiarato sfuggono al fisco ben 54,5 euro. 

Nella speciale classifica degli evasori, l'Italia è al primo posto (54,5% del reddito non dichiarato), seguita da Romania (42,4%), da Bulgaria (39,8%), Estonia (38,2%), Slovacchia (35,4%). 

In Italia i principali evasori sono gli industriali (33,2%) seguiti da bancari e assicurativi (30,7%), commercianti (11,8%), artigiani (9,4%), professionisti (7,5%) e lavoratori dipendenti (7,4%).

A livello territoriale l'evasione è diffusa soprattutto nel Nord Ovest (31,4% del totale nazionale), seguito dal Nord Est (27,1%). dal Centro (22,2%) e Sud (19,3%).

Perché si evade? Dall’indagine condotta per il magazine “Contribuenti.it” è emerso che il 42% dei contribuenti evade per l’insoddisfazione verso i servizi pubblici erogati dallo stato a fronte dell’alto prelievo fiscale, per il 39% per la complessità delle norme (fisco lunare) ed il mancato rispetto dei diritti dei contribuenti e solo il 19% per la scarsità dei controlli o per mancanza della cultura della legalità.

Inoltre, l’84,7% degli intervistati ritiene che il nostro sistema fiscale favorisce l’evasione. Un cancro che per il 66,7% degli italiani è da estirpare, risposta che presenta punte del 70,3% al Sud e del 69,6% al Centro. 

"Per combattere l’evasione fiscaleha affermato Vittorio Carlomagno presidente di Contribuenti.it Associazione Contribuenti Italiani - bisogna riformare il fisco italiano introducendo la tax compliance, seguendo ciò che avviene nei principali paesi europei che hanno ridotto le aliquote fiscali, migliorato la qualità dei servizi pubblici e sopratutto eliminato gli sprechi della pubblica amministrazione. L’evasione fiscale è diventato lo sport più praticato dalle grandi imprese italiane. Fino a quando non migliorerà l’efficienza dell’amministrazione finanziaria e si taglieranno le spese della casta, il governo avrà bisogno di far cassa ad ogni costo, incassando i soldi “pochi, maledetti e subito” attraverso l’accertamento con adesione, un vero e proprio condono permanente. E si premieranno sempre i grandi evasori fiscali, che preferiscono pagare le tasse a forfait e con il massimo sconto”.

Fonte: Contribuenti.it

RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SULL'AFGHANISTAN: MEZZO MILIONE DI PERSONE VIVE NELLA MISERIA A CAUSA DELLA GUERRA

In Afghanistan 500.000 persone sono abbandonate dal governo e dai donatori internazionali e che sopravvivono nella miseria e a rischio di morte in ripari di fortuna attorno alle città del paese. Le rigide condizioni invernali nei campi intorno alla capitale Kabul hanno causato la morte di 28 bambini nel giro di un mese. Per il governo afgano, le persone morte di freddo in tutto il paese sono oltre 40.

In un nuovo rapporto sull'Afghanistan, diffuso oggi, Amnesty International denuncia la condizione di 500.000 persone abbandonate dal governo e dai donatori internazionali e che sopravvivono nella miseria e a rischio di morte in ripari di fortuna attorno alle città del paese.

Le rigide condizioni invernali nei campi intorno alla capitale Kabul hanno causato la morte di 28 bambini nel giro di un mese. Per il governo afgano, le persone morte di freddo in tutto il paese sono oltre 40.

Il rapporto di Amnesty International, intitolato "In fuga dalla guerra, incontro alla miseria. La sofferenza dei profughi interni dell'Afghanistan", denuncia come l'escalation degli scontri armati abbia prodotto mezzo milione di sfollati e causi 400 nuovi sfollati al giorno. Nella sola Kabul vi sono 35.000 sfollati, distribuiti in 30 insediamenti informali.

"Migliaia di persone vivono al gelo, in luoghi sovraffollati e sull'orlo dell'inedia e il governo non solo non si occupa di loro ma impedisce anche che ricevano gli aiuti" - ha dichiarato Horia Mosadiq, ricercatrice di Amnesty International sull'Afghanistan.

In tutto il paese, le agenzie delle Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie non possono portare gli aiuti in modo efficace agli sfollati, poiché è fatto loro divieto di fornire quelle forme di assistenza che potrebbero favorire la stabilizzazione degli insediamenti. Per esempio, invece di scavare pozzi permanenti, devono consegnare l'acqua per mezzo delle taniche.

"Le autorità locali limitano gli sforzi umanitari sostenendo che gli sfollati stanno per andare via. Si tratta di una crisi umanitaria e dei diritti umani largamente nascosta ma orribile" - ha commentato Mosadiq.

"Non sappiamo dove siano finiti gli aiuti internazionali. Non capiamo perché il governo non sia in grado di darci il minimo riparo" - ha detto ad Amnesty International Yahya, un uomo che vive nell'insediamento informale di Chaman-e-Babrak di Kabul.

Molti abitanti degli insediamenti informali hanno raccontato ad Amnesty International di aver lasciato le loro case per fuggire dal conflitto. I combattimenti si sono allargati a zone dell'Afghanistan che in precedenza erano considerate pacifiche. Il numero delle vittime civili è costantemente aumentato di anno in anno a partire dal 2007 arrivando nel 2011, secondo la Missione d'assistenza Onu in Afghanistan (Unama), a oltre 3000.

La grande maggioranza delle vittime civili è causata dai talebani e dagli altri gruppi armati, anche se molti sfollati hanno riferito ad Amnesty International di essere fuggiti per timore degli attacchi aerei della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) e di essere usati come scudi umani dai talebani.

Amnesty International ha chiesto alla Corte penale internazionale di indagare sui crimini di guerra commessi dai talebani e da altre parti coinvolte nel conflitto in Afghanistan.

"Gli americani e il governo ci hanno detto di lasciare la zona perché volevano attaccare Marjah. Le persone hanno iniziato a fuggire prima dell'inizio dell'offensiva. Ma i talebani non ci lasciavano andare via. Hanno anche detto che i soldati stranieri sarebbero arrivati e avrebbero stuprato le nostre donne e le nostre bambine" - ha raccontato Zarin, una donna di 70 anni di Marjah, provincia di Helmand, arrivata a Kabul nel febbraio 2010.

Attualmente, intere comunità stanno lasciando le loro case in cerca di maggiore sicurezza.

"Le afgane e gli afgani hanno i loro buoni motivi nel giudicare che questo sia il periodo di minore sicurezza degli ultimi 10 anni. Le forze internazionali e quelle afgane devono rendersi conto dell'impatto del conflitto sui civili, compresi gli sfollati. I talebani a loro volta devono proteggere i civili e garantire l'accesso degli aiuti umanitari nelle zone da loro controllate" - ha proseguito Mosadiq.

Coloro che si trovano in condizioni di relativa sicurezza nelle città dell'Afghanistan affrontano problemi di altra natura. Le abitazioni a Kabul scarseggiano e gli affitti sono alti. Le famiglie costruiscono ripari con fango, pali, pezzi di compensato, buste di plastica e cartoni che offrono scarso riparo alle intemperie.

All'interno di questi insediamenti, il cibo è scarso. Molte famiglie di sfollati hanno detto ad Amnesty International che riescono al massimo a rimediare un pasto al giorno per i loro figli. 

"Da quando siamo arrivati qui, non c'è assistenza, niente... Non abbiamo mangiato nulla negli ultimi due giorni. Siamo sfollati e abbiamo perso tutti i nostri mezzi di sostentamento" - ha lamentato Zarin.

"Molti afgani seguono stili di vita contadini che garantiscono cibo e alloggio di base. Quando arrivano nelle città, non sono pronti ad adattarsi a un'economia basata sul denaro, sui prezzi alti e sulla complessità della vita urbana. Non possono tornare alle loro case, ma non possono neanche avere un tetto adeguato in città" - ha sottolineato Mosadiq.

Il sovraffollamento, la carenza di servizi igienici e la scarsità di presidi sanitari favoriscono la diffusione delle malattie. La maggior parte delle donne partorisce in condizioni precarie e malsane senza l'assistenza di personale esperto, aumentando in questo modo il rischio di mortalità materna e infantile in un paese i cui indici in materia sono già tra i peggiori del mondo.

I bambini e le bambine che vivono negli insediamenti informali hanno limitato accesso all'istruzione. Possono vedersi rifiutata l'iscrizione se sono privi di un documento d'identità, che secondo le autorità dovrebbero chiedere all'anagrafe della provincia d'origine. Alcuni vengono cacciati dalle classi solo perché indossano vestiti sporchi.

"Non so di quale problema dovrei parlarti per primo... La scuola, la disoccupazione, la mancanza di un alloggio adeguato, il cibo, la salute... Quando mio figlio si ammala io devo pagare per la visita medica... Ecco tutto" - ha raccontato Fatima, una ventenne dell'insediamento informale di Charman-e-Babrak di Kabul.

"L'aumento del numero degli sfollati accampati negli insediamenti urbani rischia di pregiudicare i fragili progressi conseguiti nell'ultimo decennio nel campo della salute e dell'istruzione" - ha precisato Mosadiq.

Le famiglie di sfollati nei ripari di fortuna vivono sotto la costante minaccia di essere sgomberate. In alcuni casi, riescono a mala pena a prendere le loro cose prima che arrivi il bulldozer a spianare tutto.

"Queste persone sono particolarmente vulnerabili: devono cercare un riparo e provvedere a sé stesse e ai loro parenti e, contemporaneamente, fare i conti col trauma della fuga dal conflitto" -  ha proseguito Mosadiq.

In base al diritto internazionale, l'Afghanistan deve provvedere alle necessità immediate degli sfollati e aiutarli a trovare soluzioni a lungo termine. Per portare a termine questo colpito, il paese può contare sull'assistenza internazionale e sull'azione delle organizzazioni umanitarie.

"Anche con le sue risorse limitate, il governo afgano può aiutare i suoi cittadini sfollati. Le autorità devono usare gli aiuti internazionali disponibili e rimuovere le limitazioni imposte all'assistenza umanitaria, per venire incontro alle necessità impellenti degli sfollati" - ha sottolineato Mosadiq

"I donatori internazionali, che finanziano oltre il 90 per cento della spesa pubblica dell'Afghanistan, devono garantire che la loro assistenza umanitaria vada incontro ai bisogni degli sfollati" - ha aggiunto Mosadiq.

"L'Afghanistan deve anche proteggere gli sfollati dagli sgomberi forzati, garantire ai bambini l'accesso all'istruzione elementare e fare in modo che le carte d'identità siamo rilasciate su tutto il territorio nazionale in modo che gli sfollati siano in grado di far valere i loro diritti" - ha concluso Mosadiq

domenica 26 febbraio 2012

MARINES USA IN AFGHANISTAN CON LE BANDIERE DELLE SS

Durissime critiche alla foto che ritrae dieci marines con la bandiera della famigerata Schutzstaffel, la polizia segreta militare nazista. Lo spirito di corpo è sempre quello di Full metal jacket. Ma con in più le icone della Germania hitleriana. E ai soldati, molto probabilmente, non sarà comminata alcuna sanzione.


Dieci marines in posa, sorridenti, in tenuta d'assalto con tanto di fucile-mitragliatore al braccio. Tutti tiratori scelti, cecchini di un reparto speciale inviato nell'inferno afgano. Al centro, in alto, la bandiera a stelle e strisce degli Stati Uniti d'America. Sotto, più grande,una bandiera blu con in mezzo le SS stilizzate della famigerata Schutzstaffel, la polizia segreta militare nazista. La foto è apparsa nei giorni scorsi sul sito internet della Knight's Armament, azienda produttrice di armi di Titusville, Florida. Per mostrare i sistemi bellici e i servizi offerti, spiegano i general manager.
La foto con i nazi-marines è stata scattata nel settembre 2010 nel distretto di Sangin, provincia di Helmand, una delle aree più pericolose dell'Afghanistan. Gli uomini sono in forza alla compagnia "Charlie" del 1st Reconnaissance Battalion di Camp Pendleton, San Diego (California). Scout snipers li chiamano. Scrutano, spiano, intercettano, sparano, uccidono. Un solo colpo. Preventivo. Contro il nemico onnipresente, invisibile. Lo spirito di corpo è sempre quello di Full metal jacket. Ma con in più le icone della Germania hitleriana.

"Alcuni scout snipers hanno utilizzato sfortunatamente il vecchio simbolo delle SS per la loro organizzazione d'élite, ma non avevano intenti di connotazioni o discriminazioni razziste", ha ammesso candidamente il colonnello John Guthrie del Corpo dei marines Usa. "L'ufficio del nostro ispettorato generale è venuto a conoscenza della foto lo scorso mese di novembre e abbiamo avuto conferma da un comando in Afghanistan che il personale ritratto faceva parte della compagnia "Charlie". Usare il simbolo nazista è inaccettabile ma possiamo assicurare che si è trattato solo di un'ingenuità".

Problema di assai poca rilevanza pure secondo il portavoce del battaglione di stanza a Camp Pendleton, maggiore Gabrielle Chapin. "La bandiera con le SS non ha niente a che fare con noi marines e con la nostra storia", ha dichiarato. "Io non credo tuttavia che gli uomini coinvolti nella vicenda abbiano mai voluto utilizzare alcun tipo di simbolo legato all'organizzazione militare criminale della Germania nazista che ha commesso tante atrocità durante la Seconda Guerra mondiale. Non sappiamo da dove sia spuntata la bandiera anche se pensiamo che era di proprietà di uno dei marines della foto.

Nessuno sarà comunque punito perché quello dei ragazzi è stato un gesto di ignoranza e di stupidità, piuttosto che una proclamazione volontaria e cosciente". Per il maggiore è inutile eseguire ulteriori indagini per individuare e punire i responsabili anche perché "nessuno è più in servizio con l'unità". "Non è escluso che qualcuno possa essere comunque rimasto nel Corpo dei marines", ha tuttavia ammesso Chapin.

L'atteggiamento ambiguo ed omissivo dei vertici del battaglione d'élite è stato duramente stigmatizzato dalle organizzazioni antirazziste e dai rappresentanti delle più note associazioni ebraiche statunitensi. Per il rabbino Marvin Hier, fondatore del Centro "Simon Wiesenthal" di Los Angeles, non è assolutamente credibile che "il mettersi in posa con la bandiera nazista sia stato un semplice disguido".

"Si tratta di un crimine atroce", ha commentato Michael Weinstein della Military Religious Freedom Foundation di Albuquerque, New Mexico. "In questi anni abbiamo visto di tutto ma questa cosa ci ha letteralmente lasciato attoniti. Questa fotografia è realmente orribile. Se l'uso dei simboli nazisti viene in ogni caso condonato o tollerato dal Corpo dei Marines, ci sono implicazioni disgustose per tutti coloro che stanno combattendo per il nostro paese o credono nei principi costituzionali".

La fondazione ha inviato una lettera aperta al Segretario della difesa Leon Panetta e al comandante in capo dei marines, generale James Amos, chiedendo d'intervenire e punire i militari ritratti sotto la bandiera delle SS. "Non si tratta di un fatto isolato, anzi temiamo che l'utilizzo di simboli nazisti sia stato praticato per anni all'interno del Corpo", ha dichiarato Michael Weinstein all'agenzia Associated Press. La Military Religious Freedom Foundation ha prodotto una seconda foto, scattata nel 2004 all'interno del Marine Corps Air Ground Combat Center di Twentynine Palms, California, che ritrae due marines armati di fucili di precisione 7.62mm M40 con alle spalle ancora una bandiera con le svastiche. "Pure quei due uomini erano in forza al plotone di scout snipers del 1st Battalion del 7° Marines".

Il segretario Leon Panetta ha fatto sapere di avere già incontrato il comandante dei marines, generale Amos, per chiedere la riapertura delle indagini su quanto accaduto in Afghanistan e l'assunzione di "un'azione appropriata contro i responsabili". Un alto ufficiale Usa ha dichiarato ad Associated Press che Panetta "avrebbe espresso apprezzamento per le azioni intraprese dal generale Amos" e che quest'ultimo "avrebbe ordinato ai suoi comandanti di fare accertamenti su tutti i simboli utilizzati dai tiratori scelti del Corpo dei marines, assicurandosi che essi siano istruiti su quelli che sono inappropriati". Inappropriati, appunto, non immorali, illegittimi o illegali.

Con le foto dei cecchini con tanto di bandiere delle SS, il Corpo dei Marines si trova per la seconda volta in meno di un mese al centro delle polemiche dei media. In un video postato su youtube, erano stati immortalati alcuni uomini in forza ad un reparto di base a Camp Lejeune (North Caroline) che urinavano sui cadaveri di alcuni combattenti afgani dopo un conflitto a fuoco. Corpi oltraggiati, straziati, dilaniati, stuprati. Immagini emblematiche di ciò che è la guerra in Afghanistan. E dei "valori militari" che alimentano i protagonisti-killer.

Dal blog di Antonio Mazzeo 

NAPOLI - SICUREZZA ALIMENTARE: I CARABINIERI DEL NAS DI PALERMO SEQUESTRANO 10 TONNELLATE DI PRODOTTI LATTIERO CASEARI PERICOLOSI PER LA SALUTE PUBBLICA

I carabinieri del Nas di Palermo hanno sequestrato 10 tonnellate di prodotti lattiero caseari pericolosi per la salute pubblica e denunciato due persone.

Il comparto lattiero-caseario è uno di settori maggiormente significativi per l'economia del Paese, in quanto rappresenta una componente rilevante della filiera zootecnica nazionale ed un importante simbolo della cultura enogastronomica italiana, conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. Il controllo della sicurezza di tali prodotti è pertanto tra i principali compiti dei Carabinieri dei NAS, che, anche attraverso la collaborazione con le associazioni di categoria, costantemente vigilano sulle attività produttive e commerciali, a tutela del consumatore e degli imprenditori che operano in maniera corretta. 

In quest'ambito si collocano i risultati recentemente conseguiti dal NAS Carabinieri di Palermo, che ha individuato, in quella provincia, un caseificio completamente abusivo, gestito da un commerciante di prodotti caseari, che produceva formaggi e ricotta in locali carenti dal punto di vista igienico sanitario e ambientale, nonché mancanti di qualsivoglia autorizzazione. Nel corso dell'ispezione i militari del Nucleo siciliano rinvenivano 5 tonnellate di formaggi tipici (pecorino e caciocavallo) e ricotta (sia fresca che congelata) maldestramente conservati, detenuti in ambienti insalubri (con sporco di varia natura diffuso su tutte le superfici e gli scaffali), insudiciati, avariati ed invasi da muffe, nonché 3 quintali di siero di latte in polvere, la cui detenzione negli stabilimenti produttivi è espressamente vietata in quanto potrebbe essere illecitamente utilizzato per la produzione di ricotta. I militari hanno inoltre accertato che il titolare del caseificio aveva in deposito alcune decine di forme di formaggi di sua produzione, pronte per la commercializzazione, alle quali aveva applicato etichette contraffatte relative ad un altro opificio (risultato completamente estraneo alla vicenda).

Oltre ai prodotti citati, sono stati sottoposti a sequestro preventivo 300 litri di latte fresco bovino, numerosi rotoli di etichette adesive in bianco, nonché l'intera struttura produttiva (composta, oltre che dal caseificio - ubicato all'interno di una villetta - anche da altri 3 capannoni adibiti a deposito, confezionamento e salagione dei prodotti, per un valore totale di 500mila euro circa), unitamente ai macchinari utilizzati per l'illecita attività. Il titolare della struttura è stato denunciato all'Autorità Giudiziaria per detenzione di alimenti alterati ed in cattivo stato di conservazione, vendita di prodotti agroalimentari recanti segni distintivi mendaci e scarico di acque reflue industriali in assenza di autorizzazione.

Lo stesso Nucleo, nel corso di un'altra ispezione effettuata presso un caseificio dell'agrigentino, ha rinvenuto altre 4,5 tonnellate di formaggio pecorino, in parte invaso da muffe ed in parte privo di documentazione attestante l'origine e la provenienza del prodotto. Anche in questo caso i militari operanti hanno provveduto a vincolare i prodotti alimentari rinvenuti, denunciando il titolare della struttura.

Il valore di mercato dei prodotti caseari sequestrati, destinati alla commercializzazione in ambito provinciale, ammonta a 110mila euro circa. 

Fonte:http://www.carabinieri.it/Internet/

RAPITA, VIOLENTATA E SEVIZIATA DALL'EX FIDANZATO

Voleva "convincere" la sua ex a tornare insieme a lui: l'ha sequestrata, seviziata e violentata per 10 giorni. Solo dopo la promessa di riprendere la loro relazione amorosa la donna è stata liberata.

Ora l'uomo, un pregiudicato italiano di 55 anni, è in carcere, mentre le due donne che lo hanno aiutato sono agli arresti domiciliari, con l'accusa di sequestro di persona, violenza sessuale e maltrattamenti.

La vittima, una 47enne italiana, era stata rapita il 23 gennaio scorso, davanti ad un centro commerciale di Anzio (Roma) dal suo ex, con l'aiuto della sua attuale compagna, una rumena di 45 anni, e di una 43enne italiana.

Dopo il rapimento la donna è stata segregata in un appartamento di Terracina (Latina): dieci giorni infernali, durante i quali la malcapitata ha subito percosse, minacce e violenza sessuale.

Dopo la promessa di riallacciare la relazione sentimentale, l'aguzzino si è convinto a rilasciare l'ostaggio, lasciando la donna nel parcheggio dove era stata rapita.

I medici a cui la protagonista di questa brutta storia si è rivolta, le hanno riscontrato la frattura del setto nasale ed ecchimosi su tutto il corpo, nonché le tracce della violenza sessuale, con una prognosi di 40 giorni.

Nonostante la paura la vittima ha denunciato il fatto agli agenti del commissariato di Anzio che, dopo una breve indagine sono riusciti a ricostruire tutti i particolari della vicenda, arrestando i responsabili. 


Fonte: http://www.poliziadistato.it

sabato 25 febbraio 2012

YEMEN: MSF CURA 39 FERITI MENTRE LE VIOLENZE ESPLODONO NEL SUD DEL PAESE

MSF ha supportato tre ospedali ad Aden dispiegando team medici e chirurgici e aiutando economicamente l’assistenza medica per i feritie un team operativo nel pronto soccorso dell’ospedale di Al-Daleh ha curato due feriti da arma da fuoco

Sana'a / Roma – Lo scorso 21 febbraio, i team di Medici Senza Frontiere presenti ad Aden e Al Daleh, nel sud dello Yemen, hanno assistito 39 persone ferite durante l’ondata di violenze legate alle elezioni nazionali. Un movimento separatista locale ha boicottato il voto e questo ha dato il via a violenti scontri nel Sud, in modo particolare nella regione di Aden.

MSF ha supportato tre ospedali ad Aden dispiegando team medici e chirurgici e aiutando economicamente l’assistenza medica per i feriti. I tre ospedali hanno ricoverato 37 persone solo nella giornata di martedì.

Inoltre, un team di MSF operativo nel pronto soccorso dell’ospedale di Al-Daleh, circa 120 chilometri più a nord, ha curato due feriti da arma da fuoco.

La situazione nella regione resta tesa e i team di MSF continueranno a supportare questi ospedali nei prossimi giorni, nel caso dovesse registrarsi un nuovo afflusso di feriti.
Per oltre un anno, MSF ha lavorato nelle principali aree colpite dalle violenze nel Sud dello Yemen – in modo particolare nei governatorati di Aden, Abyan, Al-Daleh e Lahj – supportando le unità di pronto soccorso, organizzando il trasferimento dei pazienti e aiutando a fornire assistenza medica di base per le popolazioni residenti e per le persone sfollate dal conflitto in corso ad Abyan.

Nel 2011, MSF ha effettuato nel Paese più di 15'000 visite di pronto soccorso e 1'500 interventi chirurgici. 


Fonte: http://www.medicisenzafrontiere.it

BUROCRAZIA CHOC: CGIA MESTRE, OGNI ANNO COSTA 23 MILIARDI A PICCOLE E MEDIE IMPRESE

Ogni anno sulle piccole e medie imprese grava un costo di 23 mld di euro per espletare gli obblighi previsti dalla legge su lavoro, ambiente, fisco, privacy, sicurezza, prevenzione incendi, appalti e tutela del paesaggio.

Un macigno, quello della burocrazia,  che drena risorse e appesantisce le strutture amministrative delle aziende: ormai costituisce uno dei principali ostacoli alla crescita del nostro sistema economico. Lo dice uno studio della Presidenza del Consiglio dei Ministri che è stato presentato l’anno scorso.

Se con un colpo di bacchetta magica fossimo in grado di ridurne il costo della metà – sostiene il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi -  libereremo 11,5 miliardi di euro all’anno che potrebbero dar luogo,  almeno teoricamente, a 300.000 nuovi posti di lavoro. Invece, tra il peso delle tasse e le difficoltà nel districarsi tra i meandri della burocrazia italiana, le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni, continuano a perdere tempo e denaro”.

Purtroppo, l’inefficienza dalla macchina amministrativa pubblica e una legislazione spesso indecifrabile e difficilmente applicabile hanno effetti negativi anche oltre confine.

I tempi e i costi della burocrazia – conclude Bortolussi – sono diventati una patologia endemica che caratterizza negativamente il nostro Paese. Non è un caso che molti investitori stranieri non vengano qui da noi proprio per la farraginosità del nostro sistema burocratico. Incomunicabilità, mancanza di trasparenza, incertezza dei tempi ed adempimenti onerosi hanno generato un velo di sfiducia tra imprese private e Pubblica amministrazione che non sarà facile eliminare”.

Analizziamo i dati in maniera più dettagliata. Il settore che incide di più sui bilanci delle Pmi  è quello del lavoro e della previdenza: la tenuta dei libri paga; le comunicazioni legate alle assunzioni o alle cessazioni di lavoro;  le denunce mensili dei dati retributivi e contributivi; l’ammontare delle retribuzioni e delle autoliquidazioni costano al sistema delle Pmi 9,9 miliardi l’anno

L’area ambientale, invece,  pesa sul sistema delle pmi per 3,4 miliardi di euro l’anno. Le autorizzazioni per lo scarico delle acque reflue, la documentazione per l’impatto acustico, la tenuta dei registri dei rifiuti e le autorizzazioni per le emissioni in atmosfera sono le voci che determinano la gran parte degli oneri di questo settore.

Di rispetto anche il costo amministrativo che le aziende devono “sopportare” per far fronte agli adempimenti in materia fiscale. Le dichiarazioni dei sostituti di imposta, le comunicazioni periodiche ed annuali Iva, etc, costano complessivamente 2,8 mld di euro.

Gli altri settori che incidono sui costi amministrativi delle pmi sono la privacy (2,2 mld di €), la sicurezza sul lavoro (1,5 mld di €), la prevenzione incendi (1,4 mld di €), gli appalti (1,2 mld di €) e la tutela del paesaggio e dei beni culturali (0,6 miliardi di €). 


Fonte: http://www.cgiamestre.com