mercoledì 22 giugno 2011

GOVERNO BALNEARE

La sua fine è all'orizzonte, coincide con la scadenza della legislatura, e la vede anche lui quando afferma di non voler rimanere «per sempre a palazzo Chigi o leader a vita del centrodestra». Silvio Berlusconi esce dal lungo, fragoroso silenzio che lo aveva accompagnato nei giorni delle elezioni amministrative. Per la prima volta parla agli elettori, in diretta televisiva, con un tono basso, restando stretto nell'angolo in cui lo spingono le sonore e ripetute batoste elettorali, la guerra per bande nel Pdl, le difficoltà inedite in cui si dibatte la Lega, il fallimento di un programma che torna a ripetere come fossimo al 1994 e diciassette anni non fossero trascorsi presentandogli alla fine il conto. Il lungo elenco dei miracoli rimasti nei sogni (le tasse, la giustizia, le riforme costituzionali, il mezzogiorno) è lo specchio, fedele e implacabile, di un fallimento.

E' un Berlusconi che misura le parole leggendo per 40 minuti anche le virgole, quello che ieri pomeriggio affronta l'aula del senato per la verifica chiesta dal Presidente della Repubblica per chiarire di cosa è fatta una maggioranza balcanizzata dal mercato dei voti. Al capo dello stato si aggrappa per l'appello all'unità «sui valori comuni», e per fortuna il testo che recita non ne cita nessuno.

Il leader ammaccato cammina sulle uova, mette un piede dietro l'altro per evitare la frittata sulla politica estera e sulla riforma fiscale, i due nervi scoperti con la Lega (Bossi non c'è e fa sapere che non ha nemmeno ascoltato il discorso). Berlusconi sussurra nelle orecchie dei moderati che non lo hanno seguito. Si possono ravvedere, sapendo che se vogliono le porte sono aperte ma con lui presidente del consiglio. L'unica forza residua che gli resta è puntare sulle debolezze di un quadro politico in transizione, sulle difficoltà di alleati e oppositori. Il suo partito non ha costruito l'eredità del popolarismo europeo coltivando, al contrario, il populismo della satrapia, né le opposizioni hanno lavorato a un'alternativa mentre cercano un leader e un programma. La palude del centrodestra lo tiene a galla, le voci di governi tecnici gli conservano la poltrona.

Nulla nelle cartelle che legge come un sorvegliato speciale, senza concedersi battute fuori copione, somiglia a una nuova spinta verso un rilancio dell'impresa che lo ha visto protagonista di un'epoca politica. Il governo arriverà alla scadenza della legislatura per difendere il paese dal rischio-Grecia che lo colpirebbe di fronte a una crisi della maggioranza. «Gli italiani ci hanno scelto, non esistono alternative, sarebbe folle rimettere tutto in discussione, L'Italia resta governata da chi ha vinto le elezioni nel 2008». E il voto di fiducia al decreto sullo Sviluppo che nel frattempo il governo guadagnava alla Camera, con la conferma dei 317 voti di maggioranza, è il salvagente di un governo già balneare.

di Norma Rangeri

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