I 10 uomini più ricchi del Paese
hanno un patrimonio pari a quello di 500mila famiglie operaie messe insieme. E
il bonus di 80 euro? 3,1 miliardi destinati ai consumi se sarà permanente
Patrimoni sempre più squilibrati. I 10 uomini più ricchi d'Italia dispongono
di un patrimonio di circa 75 miliardi di euro, pari a quello di quasi 500mila
famiglie operaie messe insieme. Poco meno di 2mila italiani ricchissimi, membri
del club mondiale degli ultraricchi, dispongono di un patrimonio complessivo
superiore a 169 miliardi di euro (senza contare il valore degli immobili): cioè
lo 0,003% della popolazione italiana possiede una ricchezza pari a quella del
4,5% della popolazione totale. Ecco plasticamente rappresentate le
disuguaglianze di oggi in Italia. Le distanze nella ricchezza sono cresciute
nel tempo. Oggi, in piena crisi, il patrimonio di un dirigente è pari a 5,6
volte quello di un operaio, mentre era pari a circa 3 volte vent'anni fa. Il
patrimonio di un libero professionista è pari a 4,5 volte quello di un operaio
(4 volte vent'anni fa). Quello di un imprenditore è pari a oltre 3 volte quello
di un operaio (2,9 volte vent'anni fa).
Le diseguaglianze dei redditi: chi più aveva, più ha avuto. I redditi
familiari hanno avuto negli ultimi anni una dinamica molto differenziata tra le
diverse categorie sociali. Rispetto a dodici anni fa, i redditi familiari annui
degli operai sono diminuiti, in termini reali, del 17,9%, quelli degli
impiegati del 12%, quelli degli imprenditori del 3,7%, mentre i redditi dei
dirigenti sono aumentati dell'1,5%. L'1% dei «top earner» (circa 414mila
contribuenti italiani) si è diviso nel 2012 un reddito netto annuo di oltre 42
miliardi di euro, con redditi netti individuali che volano mediamente sopra i
102mila euro, mentre il valore medio dei redditi netti dichiarati dai
contribuenti italiani non raggiunge i 15mila euro. E la quota di reddito finita
ai «top earner» è rimasta sostanzialmente stabile anche nella fase crisi.
L'austerity non è per tutti. Negli anni della crisi (tra il 2006 e il
2012), i consumi familiari annui degli operai si sono ridotti, in termini
reali, del 10,5%, quelli degli imprenditori del 5,9%, quelli degli impiegati
del 4,5%, mentre i consumi dei dirigenti hanno registrato solo un -2,4%.
Distanze già ampie che si allargano, dunque, compattezza sociale che si
sfarina, e alla corsa verso il ceto medio tipica degli anni '80 e '90 si è
sostituita oggi una fuga in direzioni opposte, con tanti che vanno giù e solo
pochi che riescono a salire. In questa situazione è alto il rischio di un
ritorno al conflitto sociale, piuttosto che alla cultura dello sviluppo come
presupposto per un maggiore benessere.
Se potessi avere 80 euro al mese. Come impiegheranno il bonus Irpef di 80 euro
al mese i 10 milioni di italiani che ne beneficeranno per i prossimi otto mesi,
da maggio a dicembre? I comportamenti saranno molto diversi se l'introduzione
del bonus sarà strutturale o se invece non avrà continuità nel tempo. Nel caso
in cui gli 80 euro costituiranno un incremento una tantum del reddito, il
Censis stima che 2,7 miliardi di euro (dei 6,7 miliardi totali previsti dal
decreto del governo) andranno ad alimentare la domanda interna. Per la precisione,
2,2 milioni di beneficiari del provvedimento impiegheranno tutti gli 80 euro
mensili in consumi, per una spesa pari a 1,5 miliardi di euro negli otto mesi.
Altri 2,7 milioni di beneficiari li spenderanno solo in parte per consumi, per
un valore di 1,2 miliardi di euro (e destineranno 700 milioni di euro ad
altro). Invece, 5 milioni di beneficiari useranno il bonus esclusivamente per
impieghi diversi dai consumi (risparmieranno, pagheranno debiti, ecc.), per un
ammontare di 3,3 miliardi di euro. Nel caso in cui il bonus di 80 euro
costituirà una modifica fiscale permanente, e quindi comporterà un incremento
stabile e sicuro dei redditi dei beneficiari, il Censis stima che l'incremento
della spesa per consumi nei prossimi otto mesi sarà superiore a 3,1 miliardi di
euro, cioè circa il 15% in più rispetto al caso in cui il bonus non venga
rinnovato nel prossimo anno. In questo caso sarebbero circa un milione in più
le persone che destinerebbero tutti o in parte gli 80 euro ai consumi.
Le tante facce della diseguaglianza. Le iniquità sociali non riguardano solo
patrimoni e redditi. Ci sono eventi della vita che sempre più generano
diversità che diventano distanze sociali. Avere o non avere figli: ecco una
causa di diseguaglianza. La nascita del primo figlio fa aumentare di poco,
rispetto alle coppie senza figli, il rischio di finire in povertà. Nel primo
caso il rischio riguarda l'11,6%, nel secondo caso riguarda il 13,1%. Ma la
nascita del secondo figlio fa quasi raddoppiare il rischio di finire in povertà
(20,6%) e la nascita del terzo figlio triplica questo rischio (32,3%). Inoltre,
avere figli raddoppia il rischio di finire indebitati per mutuo, affitti,
bollette o altro rispetto alle coppie senza figli: il rischio riguarda il 15,7%
nel primo caso, il 6,2% nel secondo caso. Anche ritrovarsi a fare da solo/a il
genitore aumenta di un terzo, rispetto alle coppie con figli, il rischio di
finire in povertà e/o indebitati: 26,2% nel primo caso, 19,3% nel secondo.
Dimmi dove vivi e ti dirò quanta
diseguaglianza c'è. Il
rischio di finire in povertà è, per i residenti nel Sud (33,3%), triplo
rispetto a quelli del Nord (10,7%) e doppio rispetto a quelli del Centro
(15,5%). Nel Sud (18%) i residenti hanno anche un rischio quasi doppio di
finire indebitati rispetto al Nord (10,4%) e di 5 punti percentuali più alto
rispetto a quelli del Centro (13%).
Fonte:
CENSIS
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