giovedì 16 gennaio 2014

SOLDATI ALL’URANIO IMPOVERITO

Alcuni nostri soldati sono morti per esposizione all'uranio impoverito? Sul caso indaga una commissione parlamentare e la Procura di Rimini. A documentarlo, numerose testimonianze di soldati ammalati, molti dei quali già morti. I dati dell’Osservatorio Militare riferiscono di 305 casi di soldati morti per esposizione all’uranio impoverito, ma il sospetto è che non sia solo questo l’agente killer per i nostri militari.

L’aumento di malati di linfomi e leucemie, in modo particolare, anche tra chi non ha mai messo piede in missioni internazionali, fa pensare che siano anche altre le cause di questa impennata di casi di tumore. Il numero di malati oncologici tra i militari raggiunge i 70 mila casi. Un numero impressionante se pensiamo al dato per cui le persone scelte per la carriera militare sono selezionate di norma anche in virtù di uno stato di salute ottimale.

Quel che è certo, e che rappresenta un’anomalia da sanare, è che gli arruolati vengono sottoposti a cocktail di vaccini senza alcuna informazione preventiva sui farmaci utilizzati e quindi senza adeguata valutazione dell’impatto che alcuni medicinali potrebbero avere sul singolo per storia individuale e anamnesi familiare. Nell’era del consenso informato e dei pazienti consapevoli è certamente una prassi errata e pericolosa, non soltanto lesiva del diritto alla salute, ma forse, sarà il caso di riconoscerlo con i numeri di questi malati in mano, affatto efficace.

Magari protocolli personalizzati eviterebbero questi casi di cancro precoce. Non mancano, questa la nota disarmante e insidiosa, rischi di accuse per insubordinazione per chi volesse essere informato e scegliere di conseguenza, come accaduto all’ex maresciallo dell’aeronautica, Luigi Sanna. 

I casi sono classificati e analizzati da tempo e a battersi per la causa c’è Domenico Leggiero, maresciallo in servizio presso l’Osservatorio, mentre l’indagine, che fa capo al procuratore di Rimini, Davide Ercolani, va avanti seppure in un clima generalizzato di ostracismo dei militari che hanno parlato e denunciato.

Sui casi dei morti per uranio impoverito c’era stata nel 2009 un’inchiesta giornalistica dal titolo “l’Italia chiamò”, a firma di Leonardo Brogioni, Angelo Miotto e Matteo Scanni. Il servizio documentava, tra le altre cose, il lavoro dei soldati a mani nude - Operazione Vulcano - mentre bonificano campi e territori del Kossovo. E poi storie. Teste rasate questa volta per le sedute di chemio, cartelle cliniche, giovani padri e mariti in guerra con le cellule impazzite del Linfoma di Hodkin o dell’adenocarcinoma polmonare.

Ex soldati che hanno faticato a trovare alleanza e solidarietà non appena
diventati testimoni scomodi. I casi sono innumerevoli e tutti preziosi nella faticosa ricostruzione delle responsabilità. Gianbattista Marica, ex parà simbolo numero uno della battaglia e malato di linfoma dopo una missione in Somalia, tre mesi prima di morire - nel 2009 - aveva ottenuto dal Tribunale di Firenze un maxi risarcimento, il primo in Italia per oltre mezzo milione di euro.
L’85% dei soldati ammalati di cancro non è mai andato all’estero e questo, senza dubbi, mette in luce anomalie da approfondire nel reclutamento più che nelle azioni di guerra e di pace delle nostre forze armate.

Finora i vertici hanno smarcato la responsabilità rivendicando di essersi sottoposti alle stesse prassi delle truppe. Pur nell’ovvia differenza di numeri si potrebbe passare in rassegna la casistica dei malati dagli ufficiali in su. Si potrebbero esaminare i malati post congedo e quanti, tra questi, non hanno ricondotto la loro patologia alla vita in divisa. Si dovrebbe, certamente, pretendere un’azione di controllo e studio perorata con maggior forza dalla politica sui vertici militari. Una commissione straordinaria di medici e ricercatori e uomini di scienza neutri.

Il Ministro della Difesa e il governo non possono demandare a bega militare un caso di vera e propria emergenza di salute nazionale che riguarda, paradossalmente, proprio quei ragazzi che sotto il tricolore venivano ringraziati e omaggiati - con tanto di spot televisivo - dalla Patria. Quella per cui molti hanno dato la vita senza bisogno di andare in guerra. 

di Rosa Ana De Santis


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