venerdì 20 aprile 2012

IRAQ. IL PETROLIO SCORRE OVUNQUE, ANCHE TRA LE ROVINE DI BABILONIA

Lo rivela un reportage della Bbc: presto le rovine dell’antica Babilonia saranno attraversate da tre oleodotti collegati al grande giacimento di Basra, nel sud del paese. Un altro scontro, quello tra i ministri del Turismo e del Petrolio, che riflette la crisi politica che sta lacerando il paese.

di Giovanni Andriolo
  
E’ nei pressi della città di Al Hilla, nel governatorato di Babil, che giacciono le rovine dell’antica città di Babilonia, fin dal 2000 a.C. uno dei più importanti centri abitati della storia dell’umanità.

Tuttavia, l’antichità del sito non ha creato remore alle compagnie petrolifere che negli anni '70 e '80 hanno perforato il sottosuolo per far passare due oleodotti.

Follie dei tempi di Saddam, potrebbero pensare alcuni. In effetti, l’operato del raìs nei confronti del sito archeologico è risultato alquanto invasivo.

La decisione di ricostruire una 'nuova Babilonia', proprio sulle rovine dell’antica, ha compromesso seriamente i resti della città, tanto che in alcuni tratti è difficile distinguere le parti originali da quelle ricostruite.

Tuttavia, si aggiungono negli ultimi anni i danni della guerra che ha scosso il paese e della presenza delle forze internazionali a guida statunitense.

Risale al 2009 un rapporto dell’Unesco, secondo cui le truppe statunitensi di base a Babilonia nel 2003 e nel 2004 avrebbero danneggiato ulteriormente il sito, scavando trincee nelle antiche rovine e percorrendo con mezzi pesanti quello che rimaneva delle antiche vie della città.

Va inoltre sottolineato che neanche il nuovo governo sembra così sensibile alla sopravvivenza di questo patrimonio: risale a circa un mese fa il completamento del terzo oleodotto che taglia l’antica città, perforando le mura a nord e a sud, per una lunghezza di circa un chilometro e mezzo.

Un bel disastro, sostengono al ministero del Turismo iracheno; tanto che il ministro avrebbe già citato in giudizio il suo collega del Petrolio, accusandolo di aver danneggiato il sito archeologico e di aver agito senza l’approvazione della commissione statale per i beni archeologici.

Si tratta dell'ennesimo colpo inferto a chi continua a voler creare in Iraq una fonte di reddito alternativa a quella degli idrocarburi; nella fattispecie, il settore turistico.

In una tale ottica, si inserisce la candidatura del sito di Babilonia nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco, candidatura già rifiutata ai tempi di Saddam a causa dei pesanti lavori di ricostruzione effettuati durante il suo governo.

Secondo il responsabile del turismo iracheno, l’inserimento di un terzo oleodotto rischierebbe di compromettere questo nuovo tentativo di figurare tra i siti più importanti per l'umanità.
Tuttavia, i tempi non sembrano propizi per lanciare nuovi progetti di diversificazione economica: l’allarmantecrisi che recentemente ha colpito il turismo religioso, settore che ancora reggeva malgrado la guerra, così come le enormi difficoltà dell'agricoltura e di un’industria che non sia direttamente o indirettamente connessa al mercato energetico, sono elementi che condannano l’economia irachena a un unico binario per rimpinzare le casse dello Stato. 

Un cane che si morde la coda, con alcune aggravanti.

Da un lato, la mancanza di una legge che regoli la gestione degli idrocarburi e ponga dei limiti definiti tra le competenze delle autorità centrali e di quelle locali, circoscrivendo in un insieme chiaro di norme la possibilità d'azione delle imprese straniere. 

Dall’altro, la sensazione che tutti preferiscano che resti il disordine, companies straniere in primis, dal momento che nel caos è più facile sfruttare le fratture tra le forze politiche per ottenere margini d’azione che altrimenti sarebbero loro interdetti.

Ne è un esempio la questione ExxonMobil: l’impresa statunitense sta giocando un ruolo fondamentale nei contrasti tra l’autorità centrale irachena e le autorità curde, a causa di alcuni contratti siglati senza il benestare di Baghdad.

In un simile scenario, sembra difficile che progetti come il recupero del sito di Babilonia, su cui un gruppo di archeologi ha ripreso a lavorare da circa un anno e mezzo, e il suo inserimento della lista dell’Unesco possano ottenere priorità nelle politiche del governo, soprattutto se in contrasto con la poderosa marcia del settore petrolifero. 

Nessun commento:

Posta un commento