lunedì 27 febbraio 2012

IL NEOLIBERISMO E LA FINE DELLA RIDUZIONE DELL'ORARIO DI LAVORO

DI CHRISTOPH HERMANN
Socialist Project
Mentre nelle crisi precedenti la riduzione dell’orario di lavoro fu analizzata per combattere la disoccupazione in crescita, dal 2007 a oggi possiamo notare sorprendentemente che questa misura non è mai stata proposta in una qualsiasi agenda politica. Neppure in Francia e in Germania, i campioni dell’orario di lavoro ridotto che avevano introdotto la settimana corta di 35 ore per affrontare l’alta disoccupazione degli anni ’80. È ancor più straordinario se si pensa la riduzione dell’orario di lavoro per un periodo limitato, applicato da vari paesi europei nel corso delle crisi, si è dimostrato uno strumento utile per limitare la disoccupazione (anche se lascia inalterate le diseguaglianze del capitalismo)[1].

Anche se il capitale europeo dette il benvenuto alla riduzione dell’orario di lavoro nella fase iniziale della crisi, i datori di lavoro richiesero rapidamente un orario più lungo e una maggiore flessibilità quando la crescita cominciò a riavviarsi nel 2010. 

In alcuni paesi i governi hanno annunciato un posticipo dell'età di pensionamento nell’ambito di una serie di misure di austerità adottate per limitare i deficit di bilancio causati dalla crisi. Un'età di pensionamento più bassa e l'introduzione del pensionamento anticipato furono usati negli anni ’80 per creare opportunità di lavoro per i giovani lavoratori. Con un'inversione radicale nell’approccio, ora ci si aspetta che i lavoratori rimangano attivi per più tempo e per più anni per conservare il posto di lavoro e ricevere una pensione. 

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