mercoledì 31 agosto 2011

SCUOLA, CONTRIBUENTI.IT: 2 EDIFICI SU 3 NON A NORMA.

Mettere subito in sicurezza il 66% delle scuole italiane. Lo chiede Contribuenti.it - Associazione dei contribuenti italiani, che ha commissionato uno studio alla KRLS Network of Business Ethics per conto di “Contribuenti.it Magazine”, dal quale emerge che in Italia solo il 45% delle scuole ha il certificato di agibilità statica, contro il 97% della Germania, il 94% della Francia, il 92% dell'Inghilterra, l'88% della Spagna, il 77% della Polonia, il 71% del Portogallo, il 62% della Romania, il 58% della Bulgaria e il 52% della Grecia che chiude la classifica.

"Prima di chiedere ulteriori sacrifici economici ai contribuenti bisogna far comprendere agli italiani come vengono spesi i loro soldi. Tre contribuenti su quattro chiedono di investire sui giovani e sulla pubblica istruzione affinché tutti gli edifici scolastici siano a norma" afferma il presidente di Contribuenti.it – Associazione Contribuenti Italiani, Vittorio Carlomagno. In occasione del convegno sulla 'Tax compliance' tenutosi stamane a Ostuni, è infatti emerso che in Italia, due scuole su tre non sono a norma. Appena il 34% degli edifici, infatti, ha il certificato di agibilità statica, quello di agibilità igienico sanitaria, nonché il certificato prevenzione incendi.

"Basta con il teatrino della politica. Bisogna iniziare a risolvere i problemi di tutti i giorni. Il governo deve dimostrare di saper spendere i nostri soldi in opere utili, riconquistando la fiducia dei contribuenti italiani. I dati statistici - ricorda Carlomagno - dicono che solo un cittadino su quattro capisce perché paga le tasse. Solo con la tax compliance si può combattere l'evasione fiscale".

venerdì 26 agosto 2011

CGIA: CON STRETTA BANCHE RISCHIO USURA ATTANAGLIA IL SUD

Campania, Molise, Calabria , Puglia e Sicilia sono le Regioni più esposte. Bortolussi: “Per artigiani e commercianti sono le scadenze fiscali a spingere molti operatori a ricorrere agli usurai”.

La crisi economica e la conseguente stretta creditizia attuata in questi ultimi anni dalle banche e dagli istituiti finanziari a cittadini ed imprese, hanno peggiorato ancor più la situazione. Il rischio usura attanaglia sempre più il Mezzogiorno, mentre nel Nord la situazione presenta un quadro molto differenziato: a Nordovest è in forte calo, a Nordest, pur essendo ancora a livelli più contenuti dell’ex triangolo industriale, tende ad aumentare. Il responso giunge dall’Ufficio Studi della CGIA di Mestre: la Regione con il livello più alto di rischio usura è la Campania. Segue il Molise, la Calabria, la Puglia e la Sicilia. A Nordest, invece, abbiamo l’area meno interessata, o quasi, da questo fenomeno. Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige, infatti, sono tra le Regioni italiane meno investite dalla piaga dello “strozzinaggio”, anche se nell’ultimo anno, come dicevamo più sopra, il fenomeno è in ripresa anche in questi territori.

Sulla base di un’elaborazione in cui sono stati messi a confronto alcuni indicatori regionalizzati riferiti al 2010, quali la disoccupazione, i fallimenti, i protesti, i tassi di interesse applicati, le denunce di estorsione e di usura, il numero di sportelli bancari e il rapporto tra sofferenze ed impieghi registrati negli istituti di credito, la CGIA di Mestre ha individuato l’indice del rischio usura attraverso la combinazione statistica di tutte quelle situazioni potenzialmente favorevoli al diffondersi dell’azione dei “cravattai”.

Dimensionare l’usura solo attraverso il numero di denuncecommenta il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussinon è molto attendibile perché il fenomeno rimane in larga parte sommerso e risulta quindi leggibile con difficoltà. Per questo abbiamo messo a confronto ben 8 sottoindicatori per cercare di dimensionare con maggiore fedeltà questa piaga. Ma quello che forse pochi sanno, - conclude Giuseppe Bortolussi - sono le motivazioni per le quali molti cadono nelle mani degli strozzini. Oltre al perdurare della crisi, per artigiani e commercianti sono le scadenze fiscali a spingere molti operatori economici a ricorrere a forme di finanziamento illegali. Per i disoccupati o i lavoratori dipendenti, invece, sono i problemi finanziari che emergono dopo brevi malattie o infortuni.”

Ritornando alla metodologia di calcolo di questo indicatore, si evince che nelle aree dove ci sono più disoccupazione, alti tassi di interesse, maggiore sofferenze, pochi sportelli bancari e tanti protesti, la situazione è decisamente a rischio. Ebbene, rispetto ad un indicatore nazionale medio stabilito dagli esperti dell’associazione artigiani mestrina pari a 100, il tasso di usura rilevato in Campania, a cui spetta la maglia nera, è di 166,1 (pari al 66,1% in più della media Italia), segue il Molise con il 158,3 (58,3 punti in più rispetto al dato medio nazionale) la Calabria con il 146,3 (46,3% in più rispetto la media Italia), la Puglia con 146,1 (46,1% in più della media Italia), la Sicilia col 134,9 (34,9% in più della media nazionale). Mentre i meno aggrediti dai “cravattari”, o quasi, sono il Trentino A.A., con un indice di rischio usura pari a 46,7 (53,3% in meno della media nazionale). Segue la Valle d’Aosta con 69,8 (30,2% in meno della media Italia), il Veneto con 72,5 (27,5% in meno della media Italia) e il Friuli Venezia Giulia con 74,7 (25,3% in meno del dato medio Italia).

Se, invece, si analizza il risultato emerso dal confronto con l’anno precedente, al Sud la crescita è stata molto evidente: Molise + 43,3; Puglia +3,1; Calabria +2,3; Sicilia +1,9. Tra le grandi realtà del profondo Sud, solo la Campania, ha ridotto la sua esposizione (-7,9 punti). Bene il Nordovest: in Valle d’Aosta si è registrato un calo del rischio usura pari a –10,2; in Liguria del –5,7; in Piemonte del –5,1; in Lombardia del -0,3. A Nordest, invece, a fronte di una riduzione registrata nel Trentino Alto Adige (-3,3), in Veneto il rischio usura è aumentato di 1,5 punti; in Emilia Romagna di +2,7 punti, mentre in Friuli V.G. addirittura di +8,7 punti.

CENSIS E UNIPOL:GIOVANI VULNERABILI, PATRIMONI DELLE FAMIGLIE A RISCHIO

Solo il 28% dei nuclei giovani (con persona di riferimento fino a 35 anni) riesce a risparmiare, il 42% non ha nessun patrimonio immobiliare, il 40% vive in affitto.

Le famiglie giovani riescono sempre meno a risparmiare. L’indebolimento economico dei lavoratori più giovani è ormai un fenomeno di lungo periodo. E questa tendenza è destinata inevitabilmente a mettere a rischio la solidità patrimoniale delle famiglie italiane, erodendo la tradizionale propensione al risparmio.

Secondo i risultati del primo anno di lavoro del progetto «Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali» di Censis e Unipol, sono le famiglie con persona di riferimento più giovane quelle che meno delle altre sono riuscite a risparmiare nel corso dell’ultimo anno. Solo il 28,6% dei capofamiglia fino a 35 anni indica che la sua famiglia è riuscita a mettere da parte qualcosa, rispetto a una percentuale più alta (il 38%) riferita ai capofamiglia di 45-54 anni. Sono infatti le famiglie più giovani quelle che in quota maggiore spendono tutto il loro reddito mensile (il 58,4% contro la media del 52,5%) e che sono costrette a indebitarsi (il 5% contro la media del 3,7%).

Dall’osservazione dell’assetto patrimoniale delle famiglie italiane emerge in modo netto la debolezza dei nuclei più giovani, particolarmente marcata in oltre la metà dei casi. L’8% non può contare su nessun genere di patrimonio, e a queste si aggiunge il 42,6% che non ha nessun patrimonio immobiliare (contro il 16,8% medio).

Circa il 20% delle famiglie giovani (rispetto al 40% circa del totale delle famiglie) può contare esclusivamente sulla prima casa (3,7%) o sulla prima casa e un conto in banca (19,1%). Il possesso di altri immobili o di investimenti e rendite riguarda circa il 23% di esse, contro il 36% riferito alla totalità delle famiglie italiane. Oltre il 40% delle famiglie giovani vive infatti in una casa in affitto. E una ulteriore testimonianza della loro fragilità patrimoniale proviene proprio dall’analisi della condizione abitativa. Considerando l’insieme delle famiglie che non possiedono la casa in cui vivono, di nuovo sono le famiglie più giovani a risultare le più svantaggiate. L’83% di esse è in affitto da un privato (contro il 73,5% del totale delle famiglie non proprietarie), il 15,9% vive in una casa di un parente, e solo l’1% usufruisce di un affitto da un ente, che generalmente prevede canoni agevolati, a fronte del 9,5% del totale delle famiglie non proprietarie (percentuale che sale invece al 15% circa per i nuclei con persona di riferimento con 55 anni e più).

Nel dibattito pubblico le risorse rappresentate dal risparmio e dai patrimoni delle famiglie vengono frequentemente citate come un elemento di solidità del sistema economico nazionale. Ma questo discorso è destinato a essere sempre meno vero, se i giovani lavoratori, sulle cui spalle ricade prevalentemente il peso dell’incertezza economica, spesso senza alcun genere di ammortizzatori, non sono nelle condizioni di accantonare risorse per il futuro. E anzi mostrano, diversamente dai loro padri, una maggiore tendenza (e necessità) a indebitarsi.

domenica 14 agosto 2011

La lettera della BCE

La colpa è tutta della lettera della Bce inviata dal presidente Jean Claude Trichet e da Mario Draghi al governo italiano. Misure mai prese in 150 anni di Storia italiana sono state "decretate" in 48 ore per una missiva di cui ufficialmente non si sa nulla.

Boss(ol)i ha detto "Temo che la lettera sia stata fatta a Roma, temo che ci sia un tentativo di far saltare il governo". Bersani è di parere opposto "Quella lettera l'hanno scritta loro, Lega e Pdl, che hanno governato otto degli ultimi dieci anni compresi gli ultimi tre. Il senso di quella lettera se lo son cercato loro, inutile che vadano a cercar complotti". 

I giornalisti arrivano sempre prima sulle notizie, anche se poi difficilmente le danno. Il Corriere, che deve essere nell'indirizzo di posta dell'Eurotower, ha spiegato per filo e per segno il contenuto della lettera, dai tagli, alle tasse al mercato del lavoro, con una minaccia finale: "Se l'Italia disattende il merito della lettera, può scordarsi l'aiuto della Bce per i titoli di debito del Tesoro".

Di Pietro ha tuonato "Se Bossi ha la lettera della Bce ha il dovere di depositarla in Parlamento e renderla pubblica, altrimenti viola il principio di confidenzialità". Insomma Boss(ol)i ha scritto la lettera, l'ha attribuita a qualcuno "de Roma" e poi l'ha pure nascosta, ma prima l'ha passata a De Bortoli.

Diavolo di un padre di avanotto. Boss(ol)i deve avere qualche problema di sdoppiamento della personalità, infatti ha aggiunto in merito alle richieste della lettera scritte per mandare a casa il governo "Noi ci eravamo già mossi prima della Bce". Ha poi passato la parola a Tremorti: "Giulio, parla tu", che ha risposto "Non parlo!"... "sconfitto tornavo a giocar con la mente i suoi tarli e la sera al telefono tu mi chiedevi a Gemonio: "Perché non parli?"" 

La confidenzialità della lettera è stata difesa da Gianni Letta, non a caso responsabile per il governo dei servizi segreti "La lettera della Bce è strettamente confidenziale e chi la riceve non può diffonderla". Si, ma almeno si può sapere chi l'ha ricevuta questa lettera? Nessuno vuole parlare. Ci sono anche tentativi di giustificare l'omertà. 

Tremorti, ormai commercialista prestato alla Settimana Enigmistica (con tutto il rispetto per il glorioso settimanale) ha detto "Di prassi, è chi manda la lettera che la diffonde". Frase che fa il paio con "E' l'aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende". Dove sarà ora questa lettera? 

La lettera rubata di Poe, cercata ovunque, era sempre rimasta lì, in bella vista, sul caminetto. La lettera della Bce sono anni che fa mostra di sé alla Camera. Insieme alla distruzione del tessuto industriale e a un debito pubblico che ha superato i 1.900 miliardi. Sulla busta vi è scritto, grosso e in stampatello: "Italia: istanza di fallimento".

Ora stiamo vendendo l'argenteria, poi bruceremo i mobili di casa. "Di prassi è chi manda la lettera che decide se comprare ancora i nostri titoli di Stato o se farci fallire". Non è così, Tremorti?

sabato 13 agosto 2011

FERRAGOSTO SICURO: IL VADEMECUM PER MUOVERSI NEL RISPETTO DELL'AMBIENTE

I consigli del Corpo forestale dello Stato per trascorrere in sicurezza le gite all'aria aperta.Per ogni tipo di emergenza ambientale si ricorda il numero 1515 del Corpo forestale dello Stato.  

Ferragosto è il giorno di vacanza per eccellenza. Un giorno da passare al mare, oppure da sfruttare per un breve pic nic nel verde o un'escursione in montagna. Per tutti quelli che cercheranno un contatto con la natura, ecco alcuni consigli del Corpo forestale dello Stato per non avere problemi:

1. Programmare percorsi in base alle proprie capacità tecniche, di allenamento e al tempo che si ha a disposizione per tornare indietro;

2. Dotarsi di attrezzature idonee e curare l'abbigliamento che deve essere comodo e sportivo, con calzature adeguate come scarpe da trekking;

3. In caso di escursione lunga, portare con sé cibo e acqua per non incorrere in calo di zuccheri e malesseri dovuti alla fame;

4. Prima di iniziare l'escursione, accertarsi che il cellulare sia carico e memorizzare i numeri di soccorso e quello del Corpo forestale dello Stato 1515;

5. Se non si è pratici del posto, affidarsi a guide esperte oppure studiare l'orografia del territorio;

6. Munirsi di carte dei sentieri che si intendono percorrere, reperibili gratuitamente presso le Proloco o nelle Agenzie turistiche;

7. Lasciare detto dove si va a chi resta alla base, per accelerare in caso di bisogno, le attività di soccorso;

8. Individuare lungo il percorso punti di riferimento importanti per l'orientamento;

9. In caso di maltempo non sostare in prossimità di alberi o di pietre ed oggetti acuminati che potrebbero agire da parafulmine, ma tenersi ad una distanza di 200-300 metri. Meglio trovare riparo presso anfratti e grotte;

10. E'consigliabile accendere fuochi solo dove esistono aree appositamente attrezzate e ricordiamo che, in ogni caso, ogni fuoco è un potenziale pericolo per tutte le aree verdi;

11. Non sostare sui prati con le automobili e rimanere su percorsi asfaltati;

12. Rispettare l'ambiente non gettando carte o rifiuti dopo il pic-nic.


L’INCONSISTENZA DELLA POLITICA E IL SOGNO DEL CAMBIAMENTO

Intervista da Cado in piedi al presidente di Alternativa Giulietto Chiesa

Veti contrapposti sulla definizione del pacchetto di misure anticrisi che il Ministro Tremonti sta presentando in Parlamento. Anche in una situazione d’emergenza come quella che stiamo vivendo la politica non riesce a fare fronte comune e si dimostra inadeguata? 

Totalmente inadeguata. Sostanzialmente i partiti politici italiani sono come i polli di Renzo nel Romanzo “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni che si beccano l’uno con l’altro senza capire che il loro destino è quello di finire entrambi in padella. 

Questo progetto di risanamento è, in realtà, una dichiarazione di guerra dei governi e dell’Unione Europea nei confronti dei popoli europei, questa è l’unica definizione possibile. Stanno pensando e progettando di far pagare il disastro che la finanza mondiale ha compiuto alla gente europea, in primo luogo ai greci, a noi, agli spagnoli, ai portoghesi. La finanza mondiale, a cominciare da quella americana, ha letteralmente spolpato la ricchezza del pianeta, seguita naturalmente e fedelmente dalle posizioni assunte dalla Banca centrale europea la quale ha, insieme alla Federal Reserve americana, praticamente salvato tutte le banche che erano andate in fallimento nel 2007/2008, indebitando tutti gli stati oltre ogni limite. Bisogna rendersi conto che noi oggi, sostanzialmente, stiamo pagando il disastro creato da Wall Street e dalle banche d’investimento mondiali, tra cui molte banche europee, che pretenderebbero inoltre di imporci un programma di risanamento che significherebbe letteralmente “spolpare” i redditi e il welfare state, o quello che ne resta, delle popolazioni europee. Questa è la spiegazione di ciò che sta accadendo e non ci dovrebbero essere discussioni in merito. Questo non è un programma di risanamento, questa è la guerra dei finanzieri, della finanza, contro le popolazioni

La mia proposta è molto semplice: non accettare questo ricatto perché chi deve pagare sono i responsabili della crisi. Ci hanno detto e ripetuto fino alla nausea che il mercato ha delle leggi. Se queste leggi valgono, allora a pagare sia chi ha svolto male il suo ruolo e che è andato in fallimento. Sono loro, e non noi, che devono pagare. Non siamo stati noi cittadini ad aver preso queste scelte, non essendo stati informati di quello che stavano facendo, prima questione fondamentale. 

C’è inoltre da dire che tutti noi siamo stati tutti educati negli ultimi 30 anni a consumare e a dilapidare tutte le risorse perché ci dicevano che bisognava consumare e indebitarsi: e adesso ci accusano di esserci indebitati e di avere consumato? Ma se ogni giorno, da ogni televisione, ci viene ripetuto che dobbiamo continuare a consumare a oltranza, come possono poi accusarci di essere noi i responsabili del fatto che milioni di persone hanno consumato? Io sto parlando dell’Europa, ma l’America è dieci volte peggio da questo punto di vista. L’America è costretta, di fatto, a essere ormai in bancarotta perché hanno consumato molto di più di quello che potevano consumare. Tutta questa situazione è una grande commedia che viene recitata da veri e propri farabutti che sono i grandi detentori della finanza mondiale, veri e propri criminali a cominciare da Alan Greenspan, che dopo avere trascinato il mondo intero nel disastro ha dichiarato in un’intervista al New York Times circa un anno fa: “Scusatemi mi sono sbagliato”. Se si è sbagliato una volta, bisognerebbe dirgli di non parlare più, questa gente dovrebbe andare tutta in galera direttamente.  Peraltro, anche i governi hanno consentito alle banche di emettere più denaro di quello che possedevano, non avendo nessun obbligo di mantenere delle riserve adeguate. In questo modo, le banche hanno prestato soldi che non avevano e su questi soldi hanno richiesto gli interessi, moltiplicando e ingigantendo (parlo delle grandi banche naturalmente) la massa monetaria, interamente falsa. Noi stiamo vivendo la crisi che loro hanno creato, minuto per minuto, negli ultimi dieci anni: per questo motivo la gente deve essere capace di rispondere e di reagire organizzandosi, rifiutando di pagare e ricorrendo a tutte le forme di difesa della propria esistenza e del proprio territorio, come stanno facendo per esempio quelli che si difendono contro l’alta velocità in Val di Susa. Faccio questo esempio specifico perché è proprio questo che bisogna fare, dicendo ai veri responsabili della crisi: «Voi siete una manica di irresponsabili, noi non accettiamo le vostre decisioni e difendiamo la nostra vita e il nostro territorio, il nostro cervello, le nostre vite, i nostri corpi, la nostra salute, l’educazione dei nostri figli, i nostri ospedali, le nostre città». Noi dobbiamo dire questo tutti insieme, e questa è una proposta politica. 

Anche in Italia, come a Londra, c’è il rischio di uno scontro sociale?  

Io sono certo che questo scontro sociale stia per esplodere perché fino adesso noi non abbiamo ancora visto niente. Ho letto un editoriale di Mario Sensini, un economista, il quale addirittura dice: «Beh, bisogna abolire le pensioni di anzianità». Questa gente ci sta dichiarando una vera e propria guerra, stanno dichiarando che devono togliere le pensioni di anzianità a milioni di persone, gettando sul lastrico un terzo della popolazione. Se arrivano a fare queste proposte, vuol dire che sono convinti di potercela fare, bisogna spiegargli che non ce la faranno.   Io ritengo che quello che è successo e sta succedendo in Grecia è soltanto l’inizio, quando la gente a milioni verrà posta di fronte a condizioni insostenibili si ribellerà, è evidente che si ribellerà. Quale profilo avrà questa ribellione non lo so: a Londra sta avvenendo nella forma di una jacquerie assolutamente senza obiettivo perché, sfortunatamente, non esistono forze politicamente capaci di guidare questo movimento poiché tutte le forze politiche, di sinistra, di destra e di centro sono tutte implicate in questa operazione, ed è per questo che questa protesta assume ed assumerà forme violente. Io non propongo di fare proteste violente, ma temo fortemente che questo succederà quando queste misure saranno messe in atto perché la gente, non essendo organizzata e diretta, reagirà in modo immediato e spontaneo e quindi si andrà verso degli scontri sociali di grandi proporzioni. È la politica della Bce e dei governi centrali che sostengono quella linea che sta incendiando l’Europa, le conseguenze sono interamente nelle loro mani e la loro responsabilità è in questo senso assoluta.  

Le soluzioni proposte da alcuni esponenti dell’opposizione, come le elezioni anticipate o un governo di responsabilità nazionale, sono strade valide e percorribili

Diciamo innanzitutto che quella italiana non è un’opposizione, perché non fa opposizione a niente. In sostanza cosa dice? Dice che se dovessero sostituire l’attuale governo, faranno esattamente le cose che gli sono state imposte dall’Unione Europea e da Francia e Germania. Se va al governo un’altra coalizione, farà quindi esattamente le stesse cose che ha fatto questa, probabilmente le farà addirittura con maggiore spregiudicatezza, fidandosi del fatto che potranno dire di avere “il consenso” popolare. Non ho quindi nessuna fiducia nell’opposizione e nelle loro proposte.  
Naturalmente non avendo neanche nessuna fiducia nei confronti di questo governo, la mia proposta è via tutti questi cialtroni dalla direzione politica del Paese: ci vuole un gruppo di saggi al quale venga affidato il compito di gestire il rapporto con la popolazione italiana, di gestire il patto sociale che si regge sulla Costituzione, rifiutando le modifiche costituzionali che ci vengono imposte da questa Europa che è l’Europa dei banchieri. La soluzione politica in questa situazione, con queste forze, non c’è: quindi bisogna trovare un’altra coalizione, un’altra forza politica, che sia espressione della volontà popolare. E non mi si venga a dire che l’opposizione che dovesse andare al governo al posto di Berlusconi rappresenta questa forza popolare, perché non la rappresenta.



LA BUVETTE DEL SENATO MEGLIO DELLA CARITAS!

La Grecia è in rivolta, la Spagna idem, l'Inghilterra brucia, Israele trema. E la bella Italia? Fa la pennica sotto l'ombrellone e si lascia salassare senza muovere un dito! Solo uno sparuto gruppetto di "comunisti" di Marco Ferrando, quasi commovente e del tutto inoffensivo nella sua inconsistenza, lancia qualche gridolino sotto il Parlamento.

Mentre dentro al Palazzo 'loro', gli onorevoli che hanno rinunciato alle ferie per mettere a punto l'ennesimo salasso da praticare ai soliti italiani, si preparano per il pranzo. Ma non escono, non vanno al ristorante, preferiscono pranzare 'dentro'... e non per eccesso di zelo e attacamento al dovere - 'loro' sono attaccati solo alla 'poltrona' - nè tantomeno per sfuggire a quei quattro comunistelli che si agitano li sotto, rimangono 'dentro' perchè alla buvette del Senato si mangia bene e si spende poco... camerieri in livrea, servizio impeccabile e soprattutto prezzi stracciati! Imbattibili gli antipasti: carpaccio di filetto con salsa al limone a 2,76. Un primo piatto costa, di media, 1,60: puoi scegliere tra pasta al sugo, riso all’inglese o, spaghetti e alici. Solo il risotto con rombo e fiori di zucca costa un pò di più (3,34), ma lo chef lo consiglia. Poi c’è il secondo: bistecca di manzo o petto di pollo a due euro e 68 centesimi, per la paillard di vitella ne servono 3,55, lombata di vitella o filetto di bue si arriva a 5,23. Il dolce (scelta a carrello) va via con 1,74, il caffè si beve in un amen (42 centesimi). Se si considera che una bevanda analcolica costa solo 0,67 e il servizio (pane e coperto) 0,52, il momento del conto è musica, per i suoi avventori. Mensa dei poveri? Caritas diocesana? Trattoria popolare di un bassofondo urbano? No, buvette del Senato!


venerdì 12 agosto 2011

IL VERO SCANDALO SONO I RIMBORSI ELETTORALI

"Non per questo noi chiamammo tanta parte del Paese alla vita pubblica..." da L'imperio di Federico De Roberto (1929)

Il numero di luglio de L'Europeo fa i conti in tasca a quella che ormai non possiamo che definire una vera e propria deriva: "persone che vivono - direttamente e indirettamente - di politica: 1,3 milioni. Costi: 18,3 miliardi di euro l'anno, che salgono a 24,7 per colpa del sovrabbondante sistema istituzionale. E poi ci sono le auto blu, i voli di Stato, i rimborsi, le spese di rappresentanza..."

Pagina dopo pagina un viaggio doloroso negli sprechi della classe politica più screditata della nostra storia repubblicana. Perché qui non sono in discussione i legittimi costi della democrazia, ma i privilegi insostenibili di un Parlamento di nominati e non di eletti dai cittadini.

Secondo uno studio della Uil, oltre agli stipendi dei parlamentari, sono gli enormi costi di gestione di Camera e Senato a pesare sui costi della politica tra dipendenti (sono 2.632, per un costo complessivo solo di stipendi di 451 milioni), costi di manutenzione, per i servizi, per la sicurezza, i pasti a carico dei contribuenti, consulenti e segreterie particolari (la Camera ha previsto 21 milioni per le "prestazioni di personale non dipendente"), la cancelleria (un milione), il vestiario di servizio (più di un milione), affitti di uffici anche non utilizzati per decine e decine di milioni di euro (ad ogni parlamentare è garantito un ufficio personale per una spesa di 54 milioni all'anno).

E poi come si sa c'è la busta paga dei politici tra indennità, diarie, benefit, rimborsi forfettari per viaggi e telefoni, con privilegi che per i parlamentari italiani continuano anche a fine mandato tra assegni di solidarietà (!!), decenni di pensioni d'oro e vitalizi. 

In tutto questo esiste una voce davvero esilarante: rimborso forfettario per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori. C'è da rotolarsi: ogni deputato riceve 3.690 euro e ogni senatore 4.180 per un rapporto che semplicemente non c'è, visto che con la legge porcellum del 2005 l'elettore vota solo per le liste di candidati, senza poter esprimere preferenze. Quindi questi politici oggi al governo hanno tolto ai cittadini il diritto di scegliere i loro rappresentati ma non hanno pensato che, a quel punto, andava rimosso anche il rimborso per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettore. Quando dici la credibilità. 

Andiamo avanti, perché sta per arrivare al vero scandalo. Ma prima due parole sulla "Repubblica delle berline". Le auto blu, concesse a parlamentari, presidenti di regione e di provincia, sindaci, presidenti di commissione... Secondo una indagine del 2010 voluta dal Ministro Brunetta, le "auto blu" sono circa 86mila. I consumi si aggirano sui 300 milioni di euro e tra ammortamenti, manutenzione, assicurazioni, personale, meccanici (sono circa 45 mila i dipendenti che si occupano delle auto dei politici) arriviamo a una spesa annua di 2 miliardi di euro. A questo bisogna aggiungere almeno un altro miliardo per le auto dedicate ai servizi speciali e di vigilanza urbana.

Ma il vero scandalo, a mio avviso, sono i rimborsi elettorali. E se ne parla pochissimo. O almeno io non avevo l'esatta percezione dell'enormità di questo scandalo fino a quando non ho letto l'inchiesta de L'Europeo. Di sicuro anche altri ne avranno parlato, ma davvero ho la sensazione che rispetto alla gravità di questa voce l'opinione pubblica sia poco sensibilizzata. 

Sono in pratica gli ex finanziamenti pubblici ai partiti (aboliti dal referendum del 1993) e "camuffati, come scrive L'Europeo, grazie a un decreto legge del 2006, che permette ai partiti di incassare il doppio di quello che spendono". 

In quel decreto legge del 2006 viene inserito un comma che recita: "In caso di scioglimento anticipato del Senato e della Camera il versamento delle quote annuali dei relativi rimborsi è effettuato". Traduzione: le Camere si sciolgono, ma ai rimborsi elettorali non succede niente. In pratica dal 2008, più rimborsi "doppi" per tutti, rappresentanti in Parlamento e no, fino a tutto il 2011.     

Come funziona? Leggiamo sempre su L'Europeo: "Per ogni elettore potenziale i partiti si autoassegnano un euro e poi si distribuiscono i soldi in base ai risultati elettorali, senza il bisogno di dover presentare e dimostrare spese realmente sostenute.

Un euro ogni elettore potenziale, per ogni tornata elettorale (Camera, Senato, regionali ed europee), per cinque anni. Totale? Una tombola".  Nel 1993 subito dopo il referendum che abolì il finanziamento pubblico ai partiti (referendum proposto dai radicali), i politici s'inventano "il contributo per spese elettorali", allora fissato in 1600 lire per ogni abitante censito, per un totale di 90 miliardi di lire (47 milioni di euro). Nel 1999 il contributo viene triplicato e arriva a 4.000 lire e non viene più calcolato per abitante ma sugli elettori registrati nelle liste della Camera. Poi arriva l'euro e il Parlamento decide per un euro per ogni elettore che però non corrisponderà a un dimezzamento rispetto alle 4.000 lire perché quell'euro sarà riconosciuto per ciascuno dei cinque anni della legislatura. Quindi le 4.000 lire con l'arrivo dell'euro diventano 5 euro. "E i rimborsi del 2001 da 194 milioni passano a oltre 476 milioni di euro".  

"Per le politiche 2008, la Lega Nord (quella di "Roma ladrona") ha speso 3 milioni 476 mila 704 euro ma incassa dallo Stato 41 milioni 384 mila euro. Il PDL, a fronte di 68 milioni e mezzo spesi, porta a casa 206 milioni e mezzo... Il Partito democratico 18,4 milioni spesi e 180,2 incassati. L'IDV ha speso 4,4 e incassa 21,6; l'UDC ha speso 21 milioni e chiude con un attivo di 5 milioni in 5 anni". Anche chi è rimasto fuori dal Parlamento ha usufruito dei rimborsi: la Destra ha incassato 6,2 milioni, con un guadagno di quasi 4 milioni. Rifondazione Comunista nel 2006 (i partiti che componevano il cartello Sinistra Arcobaleno si sono "consolati" con ciò che restava dei rimborsi per la legislazione precedente) incassa 34 milioni e mezzo di euro a fronte di una spesa di appena 2,8 milioni.  

"I partiti sono uno dei pilastri della nostra vita politica: un pilastro che in 16 anni è costato agli italiani 2 miliardi 253 milioni 612.233 euro e 79 centesimi

Arianna Ciccone
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CORSO DI ITALIANO PER DONNE STRANIERE

L’Associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese Organizza un corso gratuito di italiano per donne straniere a partire dal mese di ottobre 2011.

Il corso fornirà le nozioni necessarie a porre le allieve in grado di parlare, leggere e scrivere l’italiano di base, in modo da rendersi autonome sia nei contatti sociali che professionali.

Alle lezioni saranno accolte le donne straniere, di qualunque età, che vogliono imparare la lingua italiana. Il materiale didattico verrà fornito dall’insegnante.

Le lezioni si svolgeranno nella sede di Via Baldassarre Orero 59 una volta la settimana dalle ore 17 alle ore 19 e saranno tenute gratuitamente da un’insegnante italiana, volontaria dell’Associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese.

Le iscrizioni dovranno pervenire entro il 16 settembre 2011 telefonando al numero 349.6012846, oppure scrivendo a: info@palestinamezzalunarossa.org

Nel mese di settembre, in giorno e ora che verranno comunicati alle interessate, si terrà un primo incontro a Via Baldassarre Orero 59 per effettuare un test d’ingresso necessario all’insegnate per conoscere il livello di partenza delle allieve.

Al momento dell’iscrizione verrà richiesto, a titolo d’impegno simbolico, un contributo di 15 euro per l’intero corso che a fine anno verrà utilizzato per un’attività sociale.

La sede si può raggiungere :

-dalla fermata metro linea B Quintiliani prendendo il bus 440 scendendo alla fermata Orero.

-dalla Stazione Tiburtina prendendo il bus 409 e scendendo alla fermata Casal Bertone/Portonaccio

Per informazioni:

info@palestinamezzalunarossa.org o telefonare al numero mobile 349.6012846

sabato 6 agosto 2011

PAESI ARABI: “L'ONU RICONOSCA LA PALESTINA”

Soldati israeliani nei dintorni di Ramallah, nella West Bank
(© LaPresse)

Confini del 1967. L'Arab Peace Commitee: «È l'unica soluzione».

A poche ore dal vertice delle Nazioni Unite in cui l'Autorità palestinese chiederà formalmente l'adesione all'assemblea, i Paesi arabi dell'Arab Peace Commitee, riuniti in Qatar, hanno ribadito l'intenzione di procedere nella richiesta all'Onu di riconoscimento di uno Stato palestinese entro i confini del 1967, come preannunciato il 14 luglio scorso in una riunione della Lega Araba sempre a Doha.

L'INCONTRO DEI PAESI ARABI. All'incontro, tenutosi il 3 agosto a tarda sera, erano presenti il segretario generale della Lega Araba, Nabil al Arabi, il negoziatore palestinese Saeb Erekat, i ministri degli Esteri di Giordania, Arabia Saudita ed Egitto e gli ambasciatori libanese e marocchino a Doha.

ONU, UNICA SOLUZIONE. Il ministro per la cooperazione Internazionale del Qatar, Khalid bin Mohammad Al-Attiyah, ha affermato che i negoziati per la pace in Medio Oriente sono cessati a causa della posizione intransigente di Israele e che ricorrere alle Nazioni Unite è ora l'unica soluzione per garantire ai palestinesi i loro diritti legittimi.

«Speriamo che tutti i Paesi in cerca di pace, equità, democrazia e libertà diano ampio supporto alla popolazione palestinese affinché ottenga l'indipendenza del proprio stato con a capitale Gerusalemme» ha dichiarato Al Attiyah.

giovedì 4 agosto 2011

ADICO: PUNTUALE CON L’ESTATE CODE E DISAGI ALLE POSTE

Le privatizzazioni in Italia non hanno mai portato buoni frutti al contrario degli altri paesi della comunità europea – denuncia nella nota l’Adico – vedi quanto accaduto con le Poste, le Ferrovie dello Stato, L’Enel, la Sip o Telecom, il Metano ecc ecc. Una vera e propria frana, tutte queste società privatizzate e messe sul mercato, invece di portare un beneficio agli utenti, hanno portato solo disservizi e aumenti dei prezzi. Paghiamo le tariffe più alte e abbiamo i peggiori servizi d’Europa.

Le Poste e Telecomunicazioni S.p.A. è una di quelle. Uffici sovraffollati e mal gestiti, dipendenti demotivati e non all’altezza dei compiti da svolgere atteso che i servizi che offrono le Poste sono sono anche di tipo bancari e assicurativi e le operazioni quindi, abbastanza complesse, richiederebbero una maggiore qualificazione del personale che nella maggior parte dei casi non risulta sufficientemente adeguato ai servizi offerti.

Accade così che nei mesi estivi e durante le festività natalizie e pasquali, gli uffici vengono presi letteralmented’assalto dagli utenti e l’organizzazione non riesce a rispondere al fabbisogno, atteso anche la poca disponibilità del personale che maturate le ferie, vuole farsele e giustamente non vuole rinunciare a un diritto.

«Dopo la nuova mattinata infernale per gli utenti degli uffici postali coinvolti in tutte le città, il presidente dell’ADICO, Carlo Garofolini invita tutti i cittadini a scrivere al Prefetto, affinché, nella sua qualità di rappresentante del Governo, unico azionista di Poste Italiane s.p.a., faccia presente nelle sedi opportune l’intollerabile disagio a cui sono sottoposti i cittadini, che devono servirsi delle attività di sportello.

Il presidente dell’ADICO segnala che non è prima volta che questo disservizio si verifica. “Da quanto riferito dagli operatori il blocco è dovuto alla nuova rete telematica su cui da poche settimane è stata trasferita la piattaforma di lavoro ed alla carenza di organico. Una situazaione a quanto pare che penalizza fortemente il servizio pubblico esponendoli a continui rallentamenti od intasamenti.

“E’ necessario un intervento risoluto per far cessare questa situazione insostenibile, che colpisce pesantemente la qualità ed efficienza di un servizio pubblico essenziale, sino addirittura a mettere in discussione una garanzia minima, ovvero quella della certezza del servizio”. Chiediamo quindi al Prefetto di “aiutare la cittadinanza a contrastare questo grave motivo di disagio comune, in modo da dare adeguate tutele agli utenti e agli stessi operatori del servizio, chiamati, loro malgrado, a rendere conto al pubblico di inefficienze e mancanze non a loro imputabil”.

LAVORO: CGIA MESTRE, AL RIENTRO DALLE FERIE AVREMO 76.000 POSTI IN MENO

Nonostante i timidi segnali di ripresa in atto, sul fronte occupazionale c’è il pericolo che al rientro dalle ferie molti operai ed impiegati resteranno senza lavoro.

A lanciare l’allarme è la CGIA che ha fatto un' elaborazione sulle previsioni occupazionali redatte dall’Istat e da Prometeia.

Nel terzo trimestre di quest’annoesordisce Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestrestimiamo che potrebbero essere 76.000 i posti di lavoro a rischio in Italia. Un numero preoccupante, anche se inferiore ai 98.000 persi nello stesso trimestre del 2010 e agli 82.000 del 2009. Infatti, le cose, anche se molto lentamente, stanno migliorando. Il tasso di disoccupazione medio nel 2011 si dovrebbe attestare all’8,2%. Rispetto al 2010, la riduzione potrebbe essere dello 0,2%”.

Con la probabile perdita di questi 76.000 posti di lavoroprosegue Giuseppe Bortolussia pagare il prezzo più alto saranno ancora una volta le fasce più deboli del mercato del lavoro. Mi riferisco ai giovani, alle donne e agli stranieri. Tutte e tre queste categorie hanno raggiunto tassi di disoccupazione molto elevati. I primi il 29,6%, le seconde il 9,6% ed i terzi il 12,1%.”

"Se la crisi economica ha colpito indistintamente tutticonclude Giuseppe Bortolussigli effetti più preoccupanti, però, si sono abbattuti sugli immigrati. La perdita dell’occupazione, infatti, ha compromesso la presenza regolare nel nostro Paese di migliaia e migliaia di persone, con conseguenti ricadute sociali molto negative. Gli extracomunitari, costretti a lavorare per poter essere in regola con il permesso di soggiorno, hanno però dimostrato di essere più dinamici degli altri nella ricerca di un nuovo posto di lavoro, spesso accontentandosi di ricoprire ruoli professionali di bassa qualifica. Alla luce di questa situazione, è necessario rivedere al ribasso il numero dei nuovi ingressi, privilegiando il reinserimento nel mercato del lavoro degli stranieri che da anni sono presenti nel nostro territorio”.