martedì 26 luglio 2011

MUORE DOPO ESSERE STATO RIFIUTATO DA QUATTRO OSPEDALI

E’ morto a 51 anni dopo aver peregrinato per quattro ospedali tra Subiaco, Tivoli e Roma. Codici invia un esposto alla Procura della Repubblica.

E’ morto a 51 anni dopo aver peregrinato per quattro ospedali tra Subiaco, Tivoli e Roma ma, nonostante presentasse difficoltà respiratorie e chiedesse di essere ricoverato, i sanitari dei Pronto Soccorso hanno sottovalutato la situazione rispedendolo a casa dopo ogni visita.

Vogliamo fare chiarezza sulla vicenda, sono vari i punti oscuri che necessitano di chiarimentidichiara Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale del CodiciE’ doveroso infatti nei confronti della vittima e della famiglia individuare le singole responsabilità”.

Secondo la Commissione parlamentare errori, mediamente in Italia ogni settimana si registrano 4 casi di presunta malasanità. Da fine aprile 2009 al 7 aprile 2011, i casi all’esame della Commissione sono stati 409, 276 di questi riguardano la morte del paziente.

Nella classifica delle Regioni che hanno la maglia nera per malasanità, il Lazio è al terzo posto, dopo Calabria e Sicilia, con 37 casi. La Regione è al terzo posto anche per quanto riguarda i decessi legati a presunti casi di malasanità, con 24 morti, 21 sono invece i casi di presunti errori.. Infine, su 127 casi di presunta malasanità legata a inefficienze di vario tipo - carenze, strutture inadeguate - che potrebbero aver portato alla morte di 91 pazienti, 16 riguardano le strutture del Lazio.

Occorre mantenere alta la guardiaconclude Giacomellie soprattutto muovere tutti gli organi in grado di fare chiarezza su vicende di presunta malasanità. Il Lazio è al terzo posto per casi di malpractice e per i decessi legati a presunta malasanità. Non è un primato di cui andare fieri”.

In particolare, il Codici esige chiarezza sulla morte del 51enne romano, per questo ha inviato un esposto alla Procura della Repubblica.

BONUS BEBÈ DA RESTITUIRE PER OTTOMILA FAMIGLIE E SANZIONE AMMINISTRATIVA DA 3000 EURO

Sono ben ottomila le famiglie italiane che dovranno restituire il bonus bebè da mille euro ottenuto in seguito alla Finanziaria 2006 – fa sapere l’Adico – proprio in questi giorni infatti stanno arrivando le lettere dell’amministrazione che contestano l’incasso dell’assegno per aver autocertificato in maniera sbagliata il proprio reddito: «Si contesta alla Signoria Vostra – si legge nella missiva – di avere riscosso illecitamente il bonus bebè per avere sottoscritto e utilizzato un’autocertificazione mendace al fine di percepire la suddetta somma (…). Si comunica che di quanto sopra esposto, sarà fatta apposita segnalazione alla Procura della Repubblica».

Si tratta di un bonus che era stato introdotto dalla Finanziaria 2006 (legge 266/2005, articolo 1, commi 331-334) per ogni figlio nato o adottato nel 2005 o per ogni secondo o ulteriore figlio nato o adottato nel 2006. Un bonus annunciato da una lettera del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, inviata ai nuovi nati del 2005, con l’indicazione dell’ufficio postale presso cui i genitori avrebbero potuto riscuotere la somma.

La contestazione arriva dopo le verifiche dell’agenzia delle Entrate sul reddito del nucleo familiare indicato al momento della richiesta dell’assegno, cinque anni fa: la norma prevedeva, infatti, che per beneficiare dell’agevolazione, la famiglia del nuovo nato dovesse avere «un reddito complessivo» non superiore a 50mila euro.

Molte famiglie hanno commesso errori nell’autocertificazione dei requisiti; alcuni hanno indicato il reddito “netto”; altri hanno segnalato il reddito da lavoro dipendente senza considerare l’abitazione principale; altri ancora hanno incluso fra i componenti del nucleo anche familiari non a carico, che non rientrano nella composizione del nucleo fiscale (composto da familiari a carico e coniuge – non separato – del dichiarante). Così, l’amministrazione chiede ora la restituzione entro 30 giorni del bonus da mille euro ingiustamente incassato, e, nei casi in cui il giudice penale accerterà che c’è stata falsa autocertificazione, il versamento di 3mila euro (il triplo del beneficio ottenuto) come sanzione amministrativa.

Secondo Carlo Giovanardi, sottosegretario alla Presisdenza del Consiglio con delega alla famiglia, «su 550mila bambini nati nel 2005, le contestazioni sono 8mila». Intervistato da Radio 24, durante il programma «Salvadanaio», Giovanardi ha precisato che «chi ha ricevuto questa lettera con la richiesta di restituzione, ma pensa di aver avuto il diritto all’assegno, può farlo presente all’amministrazione. Se invece le condizioni di legge non ci sono, basterà restituire i mille euro ricevuti cinque anni fa, senza interessi». Quanto alla sanzione amministrativa da 3mila euro, Giovanardi precisa che «se la mancata restituzione e la contestazione sfociano a livello penale in una condanna, allora la sanzione dei 3mila euro può arrivare, ma sono casi limite».

«Dopo cinque anni dall’incasso del bonus bebè – fanno sapere i legali dell’Adico – gli utenti potrebbero invocare la prescrizione. In ogni caso, sarebbe necessaria una moratoria per avere il tempo di esaminare ogni contestazione, soprattutto nell’imminenza delle vacanze estive».

CARI POLITICI, DATEVI UNA RIDIMENSIONATA!

di Paola Mauri.
In relazione agli ultimi avvenimenti sul costo della politica e sull’uso di mezzi di trasporto vari di lorsignori, non si sa bene quale sia il percorso che un Cittadino deve intraprendere per conoscere le spese, volendo partecipare, in qualità di Elettore in riferimento agli sprechi, alla vita politica. Chiedere al politico, non giova perché dall’alto, alto, alto, alto, ci viene impartita l’unica lezione: non rompere, fatti più in là… Qui non è questione di politichese o di civilese, qui trattasi di arrogantese ma proprio da arroganza Doc. E si fa strada quell’epitaffio, perché di pietra tombale trattasi: “Io so’ io…e vvoi nun zete un cazzo”, che tradotto in italiano da un sonetto del Belli, poeta romanesco, sta a significare: “Io sono io e voi non siete niente”. Se comunque la politica è Polis, l’equazione non può essere appunto quell’ “Io sono IO…”, e lo sconvolgente è proprio il criterio dei pesi e delle misure mai uguali, mai uniformi, mai garantiste per tutti. Quell’ “IO” ridondante, straripante, eccessivo, eccedente, chiunque esso sia, è un grattacielo, un vertice che non vorrebbe essere raggiunto mai. Ma l’uguaglianza non è un optional. Chi ha visibilità, perché è in politica, deve spiegare, e spiegare, e spiegare, e spiegare. Se non si fosse capito chi è in politica deve abitare in una casa trasparente e se gli si chiede, deve, ma proprio deve, rispondere. Essere posizionati su un qualche “trespolo” non esonera dal rispetto per le Istituzioni e per gli altri e l’umiltà sarebbe d’obbligo; mentre impartire lezioncine appiccicaticce con parecchia ostentazione, e con contorno cavalleresco che se non te ne vai ti schiaffeggio, è veramente fuori da qualsiasi bon ton. Datevi, cari politici, una ridimensionata. E se vi si chiede di spiegare, motivare, d.o.v.e.t.e motivare e spiegare. Quindi “dicci cara nuora perché suocera intenda”, con riferimento ad un certo elicottero, come stanno le cose senza indignarti tanto. Voi, “cari, cari” politici, non potete rendere “dritto lo storto e storto il dritto”, sempre rifacendomi al Belli. Gli utenti della politica, perché tali sono i Cittadini, hanno voce in capitolo, e Voi dovete rispondere sempre, e pure con garbo! Dunque, se c’era una volta un Re che dal palazzo mandava fuori editti come quello di cui sopra, è tempo di rinnovarsi…



TUTTO PRONTO IN UMBRIA PER IL CAMPIONATO ITALIANO DI PARAPENDIO

Dopo i mondiali di deltaplano in corso a Sigillo, è ancora l'Umbria alla ribalta del volo libero con i Campionati Italiani di parapendio, organizzati dal club Ali Subasio.

La manifestazione si terrà dal 2 al 7 agosto tra Assisi, Spoleto, Gubbio e Nocera Umbra (Perugia). Secondo la meteo della giornata, i piloti potranno usufruire dei decolli sul Monte Subasio (1.290 m), sopra Assisi, sul Monte Serano (1.429 m), vicino Trevi, sul Monte Cucco a Sigillo (1.000 m), oppure quello di Gubbio.

La collaborazione con le associazioni vicine permetterà agli organizzatori di disporre di un enorme comprensorio di volo esteso fino a Perugia. L'area è tra le più belle dell'Appennino umbro, apprezzata dai praticanti del volo senza motore, sulle ali del vento e delle masse d'aria ascensionali che permettono ai mezzi di salire ben oltre le vette delle montagne e percorrere decine di chilometri.

Massimo numero di piloti ammesso 140, compreso un 20% di stranieri che concorreranno al Memorial Mario Settimi, fondatore di Radio Subasio.

L'atterraggio ufficiale e il centro operativo sono posti a Rivotorto di Assisi e qui confluiranno i volatori al termine delle sei manches previste dal regolamento.

Per la prima volta in un campionato di parapendio sarà applicato il live treaking, ovvero un sistema di visione in diretta della gara con la posizione di ciascun pilota. Il software di gestione permette di seguire in diretta la gara tramite una connessione alla pagina live tv del sito di Ali Subasio. Le stesse immagini saranno proiettate su uno schermo gigante nei pressi del centro operativo.

In contemporanea ritorna Subasio Fly Festival, esposizione che promette la presenza dei maggiori produttori ed importatori di attrezzature per il volo libero.

Il campionato si disputa sotto il patrocinio della provincia di Perugia, del Comune di Assisi e della Proloco di Rivotorto.

lunedì 25 luglio 2011

L’ITALIA DELLA SANITÀ SPACCATA IN DUE: ARRANCANO SUD E LAZIO, BENE L’UMBRIA

Lo scenario non è nuovo, ma l’ennesimo studio che lo fa notare è purtroppo una conferma che ancora non si è definitivamente invertita la tendenza: l’Italia della sanità è spaccata in due, col Sud fanalino di coda.

Quasi due Paesi diversi piuttosto che due facce di uno stesso Paese. È questo il risultato di Saniregio2, il modello econometrico con cui il Cerm, centro studi indipendente su competitività, regole e mercati, confronta il grado di efficienza di spesa e di qualità dei sistemi sanitari delle Regioni italiane. Sono cinque – secondo il Cerm – le Regioni per le quali il gap di efficienza e di qualità risulta particolarmente forte: Campania, Sicilia, Puglia, Calabria e Lazio.

Per raggiungere il “modello” rappresentato dalla regione Umbria, la Campania – dice il Cerm – dovrebbe ridurre la spesa di oltre il 33% e aumentare la qualità di quasi il 90%. La Sicilia dovrebbe ridurre la spesa di oltre il 24% e aumentare la qualità anch’essa di quasi il 90%. La Puglia dovrebbe ridurre la spesa di quasi il 24% e aumentare la qualità di oltre il 96%. La Calabria dovrebbe ridurre la spesa di poco più del 15% e aumentare la qualità di oltre il 132% (un più che raddoppio). Il Lazio, infine, dovrebbe ridurre la spesa di quasi il 13% e aumentare la qualità di oltre il 76%.

Nel complesso, le cinque Regioni più devianti – sottolinea la ricerca del Cerm – potrebbero liberare risorse per circa 9,4 miliardi all’anno, più del 77% delle risorse, oltre 12 miliardi equivalenti a circa lo 0,8% del Pil.

VIDEO SHOCK - LA DEFORESTAZIONE CHE UCCIDE

Greenpeace diffonde oggi un video shock che prova i crimini forestali commessi da APP (Asia Pulp and Paper).



La lenta morte di una tigre di Sumatra ferita e intrappolata. Con questo video shock denunciamo ancora una volta i crimini forestali commessi dalla multinazionale APP (Asia Pulp and Paper). Il video è stato realizzato da un membro dello staff di Greenpeace che ha seguito il tentativo di salvataggio della tigre ad opera delle guardie forestali.

A causa della distruzione delle loro foreste, le ultime tigri di Sumatra sono costrette ad avvicinarsi sempre di più agli insediamenti umani dove restano vittima delle trappole per la cattura dei cinghiali. Ogni anno, infatti, solo nella provincia di Riau 1.600 kmq di foresta, una superficie superiore all'intera area urbana di Roma, vengono distrutti a causa della produzione di polpa di cellulosa e olio di palma. 

Se APP non trattasse preziosi ecosistemi come carta straccia e per farne packaging, quel magnifico esemplare di tigre non si sarebbe mai avvicinato a un villaggio, restando intrappolato fino a morire dopo sette giorni di agonia.

Qualche mese fa abbiamo scoperto che parte del packaging usa e getta prodotto da APP viene utilizzato dalle grandi multinazionali dei giocattoli come Mattel, Disney e Hasbro. Per questo stiamo facendo pressione su queste aziende affinché interrompano completamente i loro legami commerciali con un campione della deforestazione.

Da anni ci battiamo per proteggere le foreste indonesiane e le ultime tigri del pianeta. Continueremo a farlo ma ora abbiamo bisogno di te. Aiutaci a fermare i criminali forestali. Sostieni Greenpeace.

Grazie!
Per un futuro più verde,










Chiara Campione
Responsabile Campagna Foreste
Greenpeace Italia

ETIOPIA: TERRE FERTILI AGLI STRANIERI (TRA CUI L’ITALIA) MENTRE IN MIGLIAIA MUOIONO DI FAME


Il ritorno delle grandi dighe devasterà
le vite dei popoli indigeni.
© E. Lafforgue/Survival

Un’indagine condotta da Survival International ha portato alla luce prove allarmanti del fatto che alcune tra le terre agricole più produttive dell’Etiopia sono state sottratte alle tribù locali per essere affittate ad aziende straniere.

Le società che si sono accaparrate la terra, l’utilizzeranno sia per la produzione di biocarburanti sia per coltivare ed esportare prodotti alimentari mentre, contemporaneamente, migliaia di Etiopi stanno morendo di fame a causa della terribile siccità in corso.

Ad essersi accaparrate ampi tratti di terra fertile situata nell’area del fiume Omo, nel sud-ovest dell’Etiopia, sono imprese malesi, coreane e anche italiane, tra cui la Fri-El Green Power. Nonostante i 90.000 indigeni che vi abitano dipendano dalla terra per la loro sopravvivenza, i terreni saranno sgombrati per fare spazio alle coltivazioni estensive destinate all’esportazione.

Il governo sta pianificando di aumentare la quantità di terra da destinare al progetto ad almeno 245.000 ettari, di cui almeno 150.000 saranno riservati alle piantagioni di canna da zucchero.

La regione è attualmente afflitta dalla peggiore siccità degli ultimi 60 anni, che sta lasciando milioni di persone senza cibo. Le tribù della Valle dell’Omo, per il momento, sono relativamente al riparo da questo flagello. Ma il governo li considera “arretrati” ed è determinato a “modernizzarli”: li vuole trasformare da contadini, pastori e cacciatori autosufficienti quali sono oggi, a manovali da impiegare nelle coltivazioni estensive. In alternativa, potrebbero essere anche semplicemente sfrattati dalle loro terre. 

Il progetto agro-industriale varato dal governo nella regione include anche la costruzione di una serie di dighe sul fiume Omo, tra cui la controversa Gibe III ad opera dall’italiana Salini Costruttori, destinata a diventare una delle più grandi dell’Africa. Alla realizzazione della diga seguirà la costruzione di centinaia di chilometri di canali di irrigazione, che devieranno il corso di acque indispensabili agli indigeni. Queste operazioni priveranno le tribù delle esondazioni stagionali del fiume, che alimentano e rendono possibile le loro coltivazioni

La popolazione locale ha subito intimidazioni volte a impedire il passaggio di informazioni agli esterni o ai giornalisti, e non è mai stata adeguatamente consultata. Una persona che ha recentemente visitato la zona, ha raccontato a Survival che governo e polizia stanno usando la mano pesante con gli indigeni, arrestandoli, torturandoli e violentando le donne, in modo che non oppongano resistenza all’invasione della terra. Un indigeno ha detto a questo visitatore: “Le persone vivono nella paura, temono il governo. Per favore aiutate i pastori dell’Etiopia meridionale: su di loro incombe una grave minaccia”. 

“I popoli che vivono nella Valle dell’Omo non sono né ‘arretrati’ né hanno bisogno di essere ‘modernizzati’ ha dichiarato Stephen Corry, direttore generale di Survival International. Essi appartengono al XXI secolo esattamente come le multinazionali che stanno cercando di accaparrarsi le loro terre. Costringendoli a diventare manovali, con ogni probabilità la qualità della loro vita peggiorerà drasticamente e saranno condannati alla fame e all’indigenza, esattamente come accade a molti dei loro connazionali.”

IMPENNATA DEI PREZZI, STANGATA SULLE FAMIGLIE: 115 EURO IN PIÙ AL MESE

Stangata per le famiglie italiane che pagano un conto molto salato a causa dell’impennata di prezzi e tariffe di servizi pubblici e privati: 2,9 miliardi in più tra giugno 2010 e giugno 2011, pari a 115 euro in più a famiglia.

Il calcolo è dell’Ufficio studi di Confartigianato sulla base dei rincari registrati nell’ultimo anno soprattutto nei servizi pubblici (trasporti, acqua, rifiuti).

E anche spostandosi al privato le cose non migliorano soprattutto per chi si accinge a partire per le vacanze (carburanti, pedaggi autostradali, aerei).

Un vero e proprio boom ha caratterizzato il trasporto marittimo passeggeri: a giugno le tariffe per traghetti e aliscafi sono esplose del 52,8% rispetto all’anno precedente (contro una media del +14,4% del resto d’Europa). Aumenti a doppia cifra anche per il consumo di acqua: le tariffe sono cresciute dell’11,7% (l’aumento nell’Unione europea è stato del 3,6%).

Più cari anche i trasporti su rotaia: a giugno i rincari per i viaggi in treno si attestano all’8,4% (mentre nell’Ue si sono fermati al 2,4%). Negli ultimi 5 anni, tra giugno 2006 e giugno 2011, le tariffe ferroviarie sono aumentate di ben il 43,4%, praticamente più del doppio del +19,1% della media europea.

Rincari anche dei mezzi pubblici in città e dintorni: le tariffe dei trasporti urbani sono rincarate del 7,2% e quelle dei trasporti extraurbani del 6,3%. Costi all’insù anche per la raccolta rifiuti: in un anno i rincari nel nostro Paese sono stati del 4,5%, rispetto al + 2,5% della media europea.

Se dal pubblico si ci sposta al privato, le cose non migliorano, prosegue Confartigianato, soprattutto per chi possiede un mezzo di trasporto e si accinge a partire per le vacanze. A metà luglio, il costo del gasolio auto è salito del 20,8% rispetto ad un anno fa. Lo seguono la benzina verde (+15,8%) e il Gpl auto (+10,8%). Sui prezzi di benzina e gasolio pesa l’aumento registrato negli ultimi 12 mesi dalle accise sui carburanti: in pratica gli italiani pagano 1.073 milioni di maggiori imposte, pari ad un ‘contributo’ di 43 euro a famiglia.

Per viaggiare in autostrada, poi, quest’anno si spende il 9% in più per i pedaggi. Bisogna pagare di più anche per assicurare il proprio autoveicolo: in Italia i prezzi delle assicurazioni dei mezzi di trasporto sono cresciuti del 5,3% (contro il +3,7% della media europea). E non va meglio se si decide di utilizzare l’aereo: in Italia i prezzi sono cresciuti del 13,9% (la media europea è del +8,3%).

Gli aumenti nei servizi pubblici, fa notare Confartigianato, non si giustificano con gli incrementi subiti dall’inflazione. Infatti, tra giugno del 2000 e giugno del 2010, mentre il tasso d’inflazione è salito del 23,9%, le tariffe relative ad acqua, rifiuti e trasporti su gomma hanno fatto registrare un boom del 54,2%, “rincaro ben superiore” rispetto a quello dell’Unione Europea dove il costo degli stessi servizi è aumentato del 30,9%.

E senza considerare che la speculazione sul prezzo dei carburanti alla pompa non accenna a diminuire, visto che il costo al litro è rimasto pressoché ai massimi storici nonostante il valore di un barile si sia attestato a 96 dollari – aggiunge il presidente dell’Adico Garofolini – per i consumatori la crisi non è certo finita, anzi, la situazione è sempre peggiore perché tutto si scarica sulle loro spalle e sui loro portafogli da cui, vedi l’introduzione dei ticket sulle prestazioni mediche, il rivalutarsi della Tia, balzelli quali l’ Irpef comunale e sulla prima casa, Rc auto, pedaggi, strisce blu, tagli al sociale e pensioni ecc.. Questo il decantato federalismo fiscale e non voler mettere mano alle tasche degli italiani..

MANOVRA: CGIA, 7 ITALIANI SU 10 NON LA GRADISCONO

Il sondaggio è stato realizzato da Panel Data per conto della CGIA su un campione di 800 italiani distribuiti su tutto il territorio nazionale. Più forte il malcontento al Nord che nel resto del Paese.

7 italiani su 10 non gradiscono la manovra correttiva. In termini percentuali, il 73% degli intervistati da Panel Data, per conto della CGIA di Mestre, non apprezza le misure contenute nella Finanziaria. Se nel Centro Italia la “disapprovazione” ha raggiunto il 71,5%, al Sud si è attestata al 73,1% e al Nord ha toccato la punta massima del 74,8%. Come era facilmente ipotizzabile, sono i ticket la misura più “sgradita” agli italiani. Infatti, coloro che non apprezzano questo intervento sono il 26,3%: seguono le minori detrazioni fiscali per le famiglie con il 25,7%, le accise sulla benzina con il 19,4%, e l’innalzamento dell’età pensionabile con il 18,)%.

Anche su chi graverà maggiormente il peso della manovra, il campione intervistato non ha dubbi: il 65,3% ha risposto le famiglie, il 18,1% le imprese e il 16,6% gli Enti Locali.

Se le famiglie saranno le più colpite, l’effetto conseguente sarà, per il 44,4% del campione, una contrazione dei consumi, per il 32% peggiorerà la situazione economica e per il 23,6% la manovra consentirà di ridurre il debito.

Infine, concludono dalla CGIA, al campione intervistato è stato chiesto di pronunciarsi sul livello di fiducia nella politica italiana: solo il 18,8% ne ha ancora, mentre l’81,2% non ne ha proprio più.

I risultati di questo sondaggiodichiara Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestremettono in luce in maniera disarmante che la nuova manovra finanziaria penalizzerà principalmente le famiglie. Obbiettivamente gli italiani hanno ragione e la cosa rischia ancor più di aggravarsi visto che ai ticket e alla riduzione delle detrazioni si dovranno aggiungere anche gli effetti dei tagli di 6,4 mld alle Regioni ed agli Enti locali. Tagli che si tradurranno, molto probabilmente, in un ulteriore inasprimento della tassazione locale.”

AFGHANISTAN: UN MILITARE ITALIANO UCCISO E DUE FERITI A BALA MURGHAB

(AGI) Roma - Un soldato italiano è stato ucciso e altri due feriti, di cui uno in modo grave, in uno scontro a fuoco nella valle di Bala Murghab, nell'ovest dell'Afghanistan. Lo rende noto un comunicato dello Stato maggiore della Difesa, in cui si precisa che il secondo militare ferito non è in pericolo di vita. Durante un'operazione congiunta tra militari italiani e forze afghane nella zona a nord-ovest della valle di Bala Murghab, l'unita' nella quale erano presenti anche i militari italiani e' stata attaccata.

Sale cosi' a 41 il numero dei militari italiani caduti in Afghanistan.

Il 12 luglio il primo caporal maggiore Roberto Marchini perde la vita nell'esplosione di un ordigno nella parte meridionale dell'Afghanistan.

Il 2 luglio il caporal maggiore Gaetano Tuccillo rimane ucciso nell'esplosione di un ordigno a 16 chilometri da Bakwa, nell'ovest dell'Afghanistan.

Il 4 giugno il tenente colonnello dei carabinieri Cristiano Congiu, 50 anni, viene ucciso a colpi di arma da fuoco nella valle del Panjshir, nell'Afghanistan nord orientale.

Il 28 febbraio il tenente Massimo Ranzani rimane ucciso nell'esplosione di un ordigno improvvisato nei pressi di Shindand, nell'ovest dlel'Afghanistan.

Il 18 gennaio ha perso la vita il caporal maggiore Luca Sanna, colpito da fuoco "nemico" dentro una base avanzata nei pressi di Bala Murgab, nell'ovest del paese.

Il 31 dicembre 2010, il caporal maggiore Matteo Miotto è stato ucciso da un colpo sparato da un cecchino mentre si trovava su una torretta della base Snow nel Gulistan.

Il 9 ottobre 2010 quattro militari italiani sono rimasti uccisi nell'esplosione di un ordigno al passaggio di un convoglio nel distretto del Gulistan, a circa 200 km a est di Farah.

Il 17 settembre 2010 muore l'incursore Alessandro Romani, raggiunto da colpi di arma da fuoco in un attentato nella provincia di Farah.

Il 28 luglio 2010 perdono la vita a una ventina chilometri da Herat, a seguito dell'esplosione di un ordigno rudimentale (ied), Mauro Gigli e Pierdavide De Cillis.

Il 25 luglio 2010 muore, forse suicida, un militare italiano. Si sarebbe sparato un colpo di arma da fuoco all'interno del suo ufficio, a Kabul.

Il 23 giugno 2010 muore a Shindand, nell'ovest dell'Afghanistan, il caporal maggiore scelto Francesco Saverio Positano. Il militare ha perso l'equilibrio ed è caduto da un mezzo blindato, riportando un forte trauma cranico. Apparteneva al 32esimo Reggimento Genio, della Brigata Alpina Taurinense.

Il 17 maggio 2010, un veicolo blindato salta in aria per l'esplosione di un ordigno nella provincia di Herat. Muoiono il sergente Massimiliano Ramadù, 33 anni, e il caporal maggiore Luigi Pascazio, 25 anni. Le vittime appartenevano al 32esimo reggimento Genio della brigata Taurinense.

Il 26 febbraio 2010 viene ucciso Pietro Antonio Colazzo, un funzionario della Aise, l'Agenzia di informazione e sicurezza esterna, nel corso di un attentato suicida compiuto dai talebani a Kabul contro due 'guest house'.

Il 15 ottobre 2009 un militare del Quarto Reggimento alpini paracadutisti muore in un incidente stradale avvenuto sulla strada che unisce Herat a Shindad.

Il 17 settembre 2009 sei militari muoiono in un attentato suicida a Kabul, rivendicato dai talebani. Le vittime, del 186esimo Reggimento Paracadutisti Folgore di stanza a Kabul, sono Antonio Fortunato, Matteo Mureddu, Davide Ricchiuto, Massimiliano Randino, Roberto Valente e Gian Domenico Pistonami.

Il 14 luglio 2009 muore, in un attentato a 50 chilometri da Farah, il caporalmaggiore Alessandro Di Lisio, 25 anni. Paracadutista dell'Ottavo Genio Guastatori della Folgore, faceva parte di un team specializzato nella bonifica delle strade.

Il 15 gennaio 2009 muore Arnaldo Forcucci, maresciallo dell'Aeronautica, per arresto cardiocircolatorio.

Il 21 settembre 2008 muore per un malore a Herat il caporalmaggiore Alessandro Caroppo, 23 anni, dell'Ottavo reggimento bersaglieri di Caserta.

Il 13 febbraio 2008 muore in un attacco il maresciallo Giovanni Pezzulo, 44 anni, del Cimic Group South di Motta di Livenza. L'attentato avviene a una sessantina di chilometri da Kabul, nella valle di Uzeebin, mentre i militari italiani sono impegnati in attività di distribuzione di viveri e vestiario alla popolazione della zona. Rimane ferito il maresciallo Enrico Mercuri.

Il 24 novembre 2007 muore in un attentato suicida nei pressi di Kabul il maresciallo capo Daniele Paladini, 35 anni. Altri tre militari rimangono feriti.

Il 4 ottobre 2007 muore al Policlinico militare del Celio l'agente del Sismi Lorenzo D'Auria. Il militare era stato gravemente ferito il 24 settembre 2007 durante un'operazione delle forze speciali britanniche per cercare di liberarlo. Due giorni prima, D'Auria era stato sequestrato assieme a un altro sottufficiale del servizio di sicurezza militare e a un collaboratore afgano.

Il 26 settembre 2006 perdono la vita i caporalmaggiori Giorgio Langella, 31 anni, e Vincenzo Cardella, in seguito all'esplosione di un ordigno lasciato lungo una strada nei pressi di Kabul. I due militari appartenevano alla 21esima compagnia del Secondo Reggimento alpini di Cuneo.

Il 20 settembre 2006 muore in un incidente stradale, a sud di Kabul, il caporalmaggiore Giuseppe Orlando, 28 anni. Faceva parte della 22/a compagnia del Secondo Reggimento alpini di Cuneo.

Il 2 luglio 2006 il tenente colonnello Carlo Liguori, 41 anni è stroncato da un attacco cardiaco ad Herat.

Il 5 maggio 2006, in seguito all'esplosione di un ordigno lasciato lungo una strada nei pressi di Kabul, muoiono il tenente Manuel Fiorito, 27 anni, e il maresciallo Luca Polsinelli, 29 anni, entrambi del Secondo Reggimento Alpini. I due soldati si trovavano a bordo di due veicoli blindati "Puma", a sud-est della capitale afgana, quando sono stati investiti dall'esplosione.

L'11 ottobre 2005 muore il caporalmaggiore capo Michele Sanfilippo, 34 anni. Sanfilippo, effettivo al Quarto Reggimento Genio Guastatori di Palermo, viene ferito con un colpo alla testa, partito accidentalmente, nella camerata del battaglione Genio a Kabul. Muore poco dopo il ricovero in ospedale.

Il 3 febbraio 2005 l'ufficiale di Marina Bruno Vianini perde la vita nello schianto di un aereo civile sul quale viaggiava, tra Herat e Kabul. Il capitano di fregata aveva 42 anni.

Il 3 ottobre 2004, il caporal maggiore Giovanni Bruno, 23 anni, del Terzo reggimento alpini, è vittima di un incidente stradale mentre si trova a bordo di un mezzo dell'esercito nel territorio di Surobi, a 70 chilometri da Kabul. Nell'incidente rimangono feriti altri quattro militari.

Spider Truman non è un caso isolato: alla Camera come al Senato, lo sfruttamento infame dei collaboratori parlamentari

vi prego di far circolare.
Spider Truman

Mio marito, Leonida Maria Tucci, ha cominciato a lavorare presso il gruppo parlamentare di Alleanza Nazionale, al Senato della Repubblica, nel lontano 1994.

Era un ragazzo, all’epoca, pieno di aspettative e con un’immensa fiducia nel futuro. Sin dall’inizio, il compito affidatogli era quello di addetto stampa all’interno dell’ufficio stampa. Ovviamente all’inizio non sapeva neanche cosa fossero le agenzie di stampa. Ma, ben presto, cominciò ad impratichirsi tanto che in breve tempo molti senatori si rivolgevano a lui (nonostante non avesse nemmeno una sua scrivania), piuttosto che ad altri, perché contenti e soddisfatti del lavoro che svolgeva. Ovviamente tutto ciò, a lungo andare, aveva scatenato le invidie di alcuni colleghi, che cominciarono a diffamarlo, mandando in giro maldicenze sul suo conto, lo emarginavano, tentavano di metterlo in cattiva luce agli occhi dei senatori e del presidente del gruppo di allora. Ma lui andava avanti perché avvertiva la stima da parte di molti parlamentari che, avendolo conosciuto, lo apprezzavano e gli volevano bene. Leonida lavorava dal lunedì alla domenica 12 ore al giorno. Non si fermava mai. Mi diceva sempre: "Lasciami seminare, lasciami seminare… un giorno raccoglierò i frutti del mio lavoro". Il suo era un investimento per il futuro. Aveva un progetto valoriale da seguire. La sua abnegazione per il lavoro faceva spavento. Io mi arrabbiavo con lui perché mi trascurava per colpa del lavoro. Mi definivo la "vedova bianca". Non c’erano sabati né domeniche. Non c’è stato neanche il viaggio di nozze. Addirittura quando nacque la nostra prima figlia, dopo un’ora dovette scappare per correre a scrivere un comunicato.

Il giorno prima del nostro matrimonio, lui stette al lavoro fino alle 22. Era sempre a disposizione. Anche quando era malato con la febbre a 39. E tutto questo cosa ha portato? Lavorava tanto nella speranza che un giorno venisse premiato. Invece quel giorno non è mai arrivato. Come è stato ripagato???

Leonida è stato spremuto come un limone per 14 lunghi anni, è stato usato fino alla consunzione e poi gettato via e calpestato come una pezza da piedi, stuprato nella sua dignità e nei suoi diritti umani e civili!!!

Gli uomini di AN, grazie al lavoro di Leonida, hanno intessuto relazioni, hanno acquisito considerazione e prestigio, hanno ottenuto incarichi, hanno fatto carriera politica, hanno guadagnato più soldi, hanno preso più voti. Quegli stessi uomini, insieme ai loro complici del Pdl, hanno ringraziato Leonida facendolo ammalare gravemente e buttandolo in mezzo ad una strada...

Ladri di idee, di valori, di ideali. Ladri di vita.

Leonida è stato sfruttato come giornalista, ma veniva sottopagato con contratti Co.co.co.. Contratti che gli furono rinnovati per ben 16 volte consecutive... !!!

In 14 anni, più e più volte gli era stato promesso di essere assunto come giornalista, come d’altronde era successo ad altri suoi colleghi. Andava avanti nella speranza che le promesse fattegli fossero mantenute. E intanto gli anni passavano e la famiglia si formava e cresceva: si sposava, nasceva la prima figlia e dopo qualche anno il secondo. Ma tutto rimaneva immutato.

Fu assunto soltanto il 1 aprile del 2006, ma non come giornalista bensì come impiegato di IV livello (sic!) e sbattuto in segreteria a imbustare lettere e rispondere al telefono... !!! E nonostante tutto, pure questo lavoro lo faceva bene... Durante i trent’anni di esistenza del gruppo MSI-AN, nessun dipendente aveva avuto la visita del medico fiscale. Chi è stato il primo? Ovviamente Leonida. Perché il tentativo principale era quello di farlo recedere dal suo posto di lavoro, sfiancandolo, vessandolo, perseguitandolo. Già nel 1998 si tentò di farlo fuori: colui che poi, nel 2006, sarebbe diventato il capo del personale, ed altri, andarono dall’allora presidente del gruppo a gettare fango su Leonida. Tanto che lo stesso capogruppo, senza neanche sentire ragioni, provò a mandarlo via. Solo grazie all’intervento di alcuni senatori, che avevano imparato ad apprezzare Leonida e sapevano come lui lavorava, con quale impegno e con quale passione, si riuscì a sventare questa ingiustizia. E solo davanti alle proteste di queste persone, il presidente del gruppo si vide costretto a tornare sui propri passi, ma lo spostò in un’altra sede (cioè in un "loculo" malsano presso il palazzo dell’ex Hotel Bologna, sempre di proprietà del Senato della Repubblica), anche se con le medesime mansioni: addetto stampa all’interno dell’ufficio stampa del gruppo.

Il 19 aprile del 2007, dentro la mia famiglia è stata sganciata una bomba che ha lasciato segni indelebili. Mi riferisco all’indegna, ignobile sospensione di 10 giorni dal servizio e dallo stipendio inflitta a Leonida, con l’accusa infamante di andare in giro a maltrattare e picchiare le colleghe. Questo colpo è stato letale. Questa sanzione disciplinare fu un vero e proprio atto di mobbing teso ad eliminare Leonida, una volta per tutte, dal posto di lavoro. Ovviamente tale sanzione disciplinare è stata impugnata e il 20 ottobre 2008 è stata emessa la sentenza che l’ha annullata, dichiarandola illegittima e ingiusta.

Le conseguenze furono e sono ancora oggi devastanti. Leonida ha avuto un tracollo psicofisico, è caduto in una profonda depressione, anche per aver preso coscienza che il suo lavoro, il suo seminare, la sua costanza, la sua passione, la sua dedizione, il suo sacrificio non lo avevano portato dove aveva sperato.

Leonida si è visto svanire tutto ciò per cui aveva lottato nel corso della sua vita: la dignità, la possibilità di poter provvedere egli stesso alla sua famiglia, ai suoi figli; la soddisfazione di vedersi e sentirsi integrato nella società come persona che è capace di dare un contributo. Ma tutto questo gli è stato tolto, e continuano perpetrando la tortura. Anche contando sulla complicità e sui tempi biblici, anti-umani della (mala)giustizia italiana.

D’altronde, quale era il disegno luciferino dei carnefici di Leonida? Quello di isolarlo, di emarginarlo, di calunniarlo, di umiliarlo, di renderlo ridicolo agli occhi degli altri, di indurlo ad una inattività forzata. Per farlo fuori, per distruggerlo psicologicamente. Miravano ad annientarlo dal "di dentro". E tutto questo, davanti agli occhi di colleghi spesso conniventi o vigliacchi. Il mobbing è un assassinio che non lascia né cadaveri né armi. Quando si uccide qualcuno, il morto diventa la prova di un reato sul quale gli organi competenti dovranno indagare per scoprirne i responsabili. Quando una persona è mobbizzata, è torturata psicologicamente, la si uccide, la si ammazza, la si trucida senza sporcarsi le mani di sangue.

Leonida è in cura, a tutt’oggi, presso un Dipartimento di Salute Mentale ed è seguito sia da uno psichiatra che da una psicoterapeuta.

Hanno dovuto imbottirlo di psicofarmaci.

Non paghi di tutto questo, il capo del personale lo ha pure querelato per diffamazione. Non dimenticherò mai quel giorno che suonarono i Carabinieri a casa per consegnare a Leonida la notifica. Mia figlia si spaventò e cominciò a piangere per paura che fossero venuti a portare via il padre. Una volta mia figlia mi chiese se il padre ci sarebbe stato il giorno della sua Prima Comunione. Io le chiesi perché mi faceva questa domanda. E lei mi rispose: "Ho paura che i "cattivi del lavoro" lo facciano morire"…

Il giorno in cui ci fu l’udienza a piazzale Clodio, il senatore che lo aveva querelato, e che si era opposto alla richiesta di archiviazione avanzata dal Pm (e poi accolta dal Gip), neanche si presentò. Non si era mai visto un querelato che si presenta in tribunale e sta in prima fila –pur stando a pezzi dentro- e un querelante che non si presenta e se la dà a gambe… !!! Al suo posto venne l’avvocato, anch’egli senatore, che conosceva molto bene Leonida, vista la quantità di comunicati che mio marito gli aveva scritto in 14 anni. Quella mattina non ebbe neanche il coraggio di guardarlo in faccia.

Capii sin dall’inizio che io sarei dovuta essere la "roccia" su cui Leonida si appoggiava, perché sapevo che questa volta non ce l’avrebbe fatta. Sapevo che mi sarei dovuta armare di forza e di pazienza. Che avrei dovuto sorridere, quando lui piangeva. Sostenerlo, quando lui si lasciava andare. Placarlo, quando l’ansia lo pervadeva. Sapevo cioè che avrei dovuto portare avanti io la sua/nostra battaglia. Dovevo farlo anche per i nostri bambini (6 e 9 anni). Per trasmettere loro un insegnamento di vita: non chinare la testa di fronte alla violenza del sopruso e della sopraffazione; non cedere, non arrendersi alla protervia, all'arroganza, alla prepotenza, alla menzogna; combattere affinché la verità e la giustizia vengano ripristinate.

Ed è per questo motivo che ho fondato su Facebook quattro gruppi ("IL MOBBICIDIO DI LEONIDA AL SENATO GRIDA VENDETTA AL COSPETTO DI DIO!!!", "MIO FRATELLO LEONIDA", "MA COME FANNO A DORMIRE I CARNEFICI DI LEONIDA?" e "CHIEDIAMO LE DIMISSIONI DEL SENATORE ORESTE TOFANI") e una pagina fans ("Leonida Maria Tucci (il coraggio di denunciare)"), che, in totale, hanno superato i 20.000 iscritti!!! Ogni giorno riceviamo toccanti manifestazioni di solidarietà e di affetto da parte di tante persone che ci incoraggiano ad andare avanti, a non mollare. Ma i soldi non ci sono e non sappiamo più come campare.

Tutto ciò, come si può ben immaginare, è ricaduto sulla famiglia e soprattutto sui bambini (doppio mobbing) che vedevano e vedono il padre stare male, addirittura piangere.

Lo stato di prostrazione di Leonida è talmente profondo che, spesso, non riesce neanche ad alzarsi dal letto. Sta tutto il giorno lì, sotto le coperte, con le persiane abbassate. Non ride mai. E’ diventato come un vegetale, un "cadavere vivente". E’ stato ucciso nell’anima. La cosa, poi, è andata addirittura peggiorando quando è stato licenziato per ben due volte nel giro di circa 6 mesi, senza neanche regolare lettera di licenziamento: la sua unica colpa era quella di aver vinto la causa e di non aver ceduto allo scandaloso ricatto in base al quale avrebbe dovuto rinunciare ai 14 anni di pregresso (cioè ai suoi diritti), in cambio di un posto di lavoro che già aveva… Quindi alla depressione, dovuta alle infamie subite, si è aggiunta la preoccupazione economica, giacché questo doppio licenziamento illegale, illegittimo, ingiusto, discriminatorio e ritorsivo ha gettato sul lastrico la mia famiglia, che non ce la fa più ad andare avanti.

Ci hanno affamati, addirittura impedendoci inizialmente di poter fruire del sussidio di disoccupazione. Siamo dovuti andare al Monte della Pietà ad impegnarci la fedina di fidanzamento, le crocette che avevano regalato ai bimbi per il battesimo. E le abbiamo perse. Perché non abbiamo avuto i soldi per riscattarle. Spesso non so come mettere insieme il pranzo con la cena.

E tutto questo per cosa? Perché Leonida era un dipendente "scomodo", un dipendente che lavorava, bene e tanto, mettendo così in luce –giocoforza- la mediocrità e il fancazzismo di altri; un dipendente che non ha mai leccato il culo a nessuno; un dipendente che ha sempre rivendicato il rispetto dei suoi diritti e della sua dignità umana e professionale. Una colpa gravissima, evidentemente, agli occhi dei (pre)potenti del Palazzo.

Tutto ciò è successo in un gruppo parlamentare, al Senato della Repubblica, tempio in cui si fanno le leggi, si inneggia alla legalità, alla solidarietà e alla meritocrazia... La cosa poi intollerabile è che Leonida ha lavorato per gente appartenente ad un partito che si diceva, e si dice tuttora, vicino alle famiglie, che difende la famiglia, che addirittura partecipa al "Family day" o organizza Conferenze nazionali sulla famiglia e convegni con titoli come "La persona prima di tutto". Ma la famiglia di Leonida e la persona Leonida sono state disintegrate.

A loro non importa niente se a casa c’è una famiglia che sta morendo di fame. Loro usano le loro poltrone non per fare il bene comune, ma per annientare, massacrare, distruggere un lavoratore con la sua famiglia. Gente colpita dal delirio di onnipotenza che pensa di essere al di sopra della legge e di ogni forma di etica e di rispetto umano, convinta com'è di poter fare quello che le pare solo perché seduta su quegli scranni. E poi questi personaggi vanno in televisione a farsi belli e a riempirsi la bocca di parole suadenti sulla famiglia e sui "valori". E tutto questo solo per estorcere dei voti!!!

E vogliamo parlare, infine, di quelle tre arpie che hanno infamato, calunniato Leonida e che, nonostante abbiano perso la causa, non sono state in alcun modo punite? Anzi, hanno avuto tutte e tre scatti di livello, sono state premiate, hanno fatto carriera, guadagnano più soldi. Se ne vanno in giro contente e felici per il Senato, fregandosene del fatto che, anche per colpa delle loro menzogne, un padre di famiglia muore ogni giorno di più. Che le loro bugie sono ricadute sui nostri figli, costretti a vivere quotidianamente un’atmosfera di mestizia, di tensione, di inquietudine, di preoccupazione, di dolore, di rabbia, di rovello, di parole ripetute ossessivamente. E Leonida? Lui, nonostante abbia vinto una causa civile e una penale, sta a casa, disoccupato e malato e distrutto psicologicamente. Ed è questo che mi spinge a combattere: fino a quando non ci sarà giustizia non mi darò pace. Combatterò al suo fianco per fare in modo che la verità venga ristabilita e che sia restituita a Leonida la dignità che gli hanno strappato.

Chi è costretto a combattere questa battaglia ardua, improba e proibitiva si ritrova da solo, abbandonato a se stesso, senza amici e, spesso, anche senza famiglia.

VERITA’, GIUSTIZIA E DIGNITA’ PER L’UOMO LEONIDA E PER IL LAVORATORE LEONIDA!!!

Giulia Ruggeri
http://www.facebook.com/group.php?gid=136865620363&ref=mf

Tratto da: http://isegretidellacasta.blogspot.com

venerdì 22 luglio 2011

ROMA, PROSTITUTA A 15 ANNI: ABORTO E ANCORA IN STRADA

L'hanno messa sulla strada a prostituirsi a 15 anni, è rimasta incinta e l'hanno fatta abortire per poi rispedirla sul marciapiede il giorno dopo.

È solo uno degli orrori compiuti ai danni di una decina di minorenni romene e scoperto dagli agenti del Gruppo Sicurezza Sociale e Urbana (Gssu) della Polizia di Roma Capitale che, dopo tre mesi di indagini, hanno arrestato due pregiudicati, anch' essi romeni, di 25 e 27 anni con l'accusa di riduzione in schiavitù, sfruttamento di minorenni e induzione alla prostituzione su strada.

Le investigazioni, coordinate dal Sostituto Procuratore Francesco Polino, si sono svolte anche mediante intercettazioni telefoniche e videoriprese. Le vittime dei soprusi erano ragazze poco più che bambine. Venivano rese maggiorenni con falsi documenti per poi essere trascinate a prostituirsi sulla via Aurelia. Le condizioni delle piccole schiave erano terribili: dietro minacce di ogni tipo, fisiche e psicologiche, gli aguzzini le obbligavano a prostituirsi. Per ognuna di loro era già tutto deciso: quanti rapporti, di quale tipo e le relative tariffe. Le ragazze hanno trovato presso gli uffici del Gssu dei vigili urbani anche il conforto di un supporto psicologico grazie alle agenti della Polizia di Roma Capitale. L'indagine ha fatto emergere un giro di affari che fruttava una cifra stimabile nell'ordine del milione di euro all'anno. Parte di questi proventi era investita in Romania per l'acquisto di immobili, il resto del denaro serviva a sovvenzionare altre attività criminali a Roma gestite da persone dell'Est Europeo.

mercoledì 20 luglio 2011

dentro un orchestra di pianisti, fuori tante voci isolate: UNIAMOCI E LOTTIAMO!

I precari della scuola, poi i comitati antidiscarica, poi gli operai dell'Irisbus, poi gli studenti, poi i pensionati, poi i terremotati, poi gli animalisti, poi i poliziotti, poi gli ospedalieri.
Fuori montecitorio arrivano ogni giorno un gruppo di cittadini indignati, a volte centinaia, a volte migliaia, ma sempre divisi, ognuno a cercare una risposta parziale per un singolo problema. poi arriva sempre il politico di turno, esce dal palazzo, promette, si impegna, arringa. poi arrivederci e grazie.
Dentro il palazzo invece sono tutti uniti: lo hanno dimostrato nell'ultima settimana in occasione della finanziaria, ma l'unità loro la praticano tutti i giorni: nell'aula ognuno recita la sua parte, ma poi in transatlantico, alla buvette, al ristorante, sorrisi e abbracci, sotto braccio l'uno all'altro discutono di affari, di accordi e di festini.
Mi arrivano decine di mail di appuntamenti di lotta e di denuncia contro la casta.
Ancora una volta però sempre divisi.
Bisogna indicare una data, una qualsiasi data, che sia il 15 ottobre o qualsiasi altro giorno, per radunarci tutti uniti sotto i palazzi del potere e pretendere QUE SE NE VAYAN TODOS!

di Spider Truman



Dentro il palazzo un'orchestra sinfonica di pianisti, fuori tante voci isolate e stonate: UNIAMOCI E LOTTIAMO (parte 1)

E' bastato poco per farli intimorire.
Tante voci isolate di indignazione non fanno paura, ma se diventano un coro unico e assordante, allora i potenti iniziano a tremare.
In questi giorni il vento sta cambiando, ora forse è giunto finalmente il momento che - per citare Thomas Jefferson - "non sono più i popoli a dover aver paura dei propri governi, ma i governi che devono aver paura dei propri popoli".

Spider Truman c'entra poco e nulla.
E' la loro tracotanza che ha provocato quest'ondata di indignazione.
Hanno deciso, in modo unanime, di rispondere alle aspettative degli avvoltoi della finanza internazionale con la stessa intensità con la quale hanno ignorato e continuano a ignorare le aspettative e i bisogni del popolo.
Hanno deciso di rastrellare 70 miliardi dalle tasche della povera gente: tagli alla spesa sociale, alle pensioni, agli stipendi, senza intaccare minimamente nè i loro privilegi, nè le rendite stramilionarie loro e dei loro amici, di quella "casta" di intoccabbili che pagano meno tasse di un pensionato al minimo, avendo conti correnti, yacht e titoli azionari nei loro sicuri e protetti paradisi fiscali. 

In questi giorni sgomitano davanti alla televisione per dire che loro sono sempre stati contro i privilegi, il solito fumo senza arrosto: la proposta di riforma del ministro Calderoli è l'ennesima dimostrazione della loro ipocrisia.
Questi signori tentano di truffare e imbrogliare, sperando di far leva sull'ignoranza, ma contro la potenza orizzontale della comunicazione telematica possono far poco e nulla.
In sintesi: visto che non vogliono tagliare i loro stipendi, propongono di tagliare i parlamentari.
Un poco di penoes in meno, per calmare le acque.
C'è uno squallido tentativo di confondere i costi della politica con i costi della democrazia: il problema non è il numero dei deputati, ma quello che fanno (o meglio quello che non fanno) e quello che guadagnano per questo "servizio" sempre meno pubblico e sempre più privato.
Vogliono giocare sull'indignazione popolare per favorire un ulteriore svolta autoritaria: "basta con 630 fannulloni che rubano lo stipendio, bastano pochi e buoni, anzi ne basta anche uno solo!", capovolgendo una battaglia per la trasparenza e la democrazia, in una battaglia per il plebiscitarismo autoritario di cui questo paese ha già avuto, in tempi passati e in tempi recenti, modo di saggiare i disastri che comporta.
Caro Calderoli non è questo il punto: non è tanto un problema di quantità dei deputati, ma della quantità delle loro indennità (e dei loro privilegi) e ancor più della loro qualità.
C'è una degenerazione nella classe politica parlamentare del nostro paese che non trova fine: io sono sempre stato affascinato dai nostri padri costituenti, gente semplice ma anche colta, senza frinzoli per la testa se non i loro ideali di qualunque colore politico, gente che viaggiava di notte nelle cuccette dei treni per raggiungere Roma e non nelle auto blu, che prima di sedere in parlamento ha combattutto sui monti con le armi in pugno per la democrazia, che ha vissuto il carcere, l'esilio, la lotta clandestina.
Oggi siamo a un parlamento di nominati la cui forza è data dalla compravendita dei proprio voto, dalle tangenti che riescono a incassare e dalle clientele che riscono a dispensare, dai favori sessuali che al vecchio potente depravato riescono stomachevolemnte a regalare alle guerre delle "tessere" dei partiti che riescono a scatenare.
Il problema non è ridurre i parassiti in parlamento da 1000 a 500: certamente questo comporterebbe un risparmio di svariati decine di milioni di euro, ma la vera "ciccia" (i 70 miliardi di euro tanto per intenderci) la continueranno a pagare i poveri e non i ricchi.
Insomma 500 o 1000, cambia poco e niente: noi li vogliamo cacciare via tutti, a calci nel sedere.
Que se ne vayan todos, come gridavano nelle piazze argentine dopo il fallimento del paese nel 2002. Que se ne vayan todos, prima che sia troppo tardi.
Ancor più ridicola la seconda parte della proposta Calderoli, dove pretende di agganciare le indennità all'effettiva partecipazione ai lavori parlamentari.
In questo caso non siamo più al vecchio detto "fatta la legge, trovato l'inganno", perchè qui l'inganno già c'è e nemmeno troppo velato.
Nel prossimo post appunto vi racconto i trucchi del mestiere del pianista.

di Spider Truman

IL DIFFICILE MESTIERE DEL PIANISTA.

Parlare della proposta di riforma costituzionale di Calderoli è sicuramente una perdita di tempo, visto l'iter legislativo particolarmente complesso che richiede una riforma del genere.

Ma a Calderoli piace recitare al "teatro montecitorio" e finito lo sketch teatrale sul trasferimento dei ministeri a Milano, eccone pronto uno nuovo.

Nello specifico colpisce l'ipocrisia di Calderoli quando parla di un' "indennità in misura corrispondente alla loro effettiva partecipazione ai lavori parlamentari".

Già esiste allo stato attuale il taglio dell'indennità in base alle assenze giornaliere.

Ma non solo esiste già la norma, ma già esiste anche l'inganno.

Lo conosciamo tutti, abbiamo visto tutti le foto dei deputati che votano su due, se abbastanza scaltri, anche su tre diversi scranni parlamentari.

Non devono nemmeno farlo tutto il giorno, basta il 30% delle votazioni giornaliere, per fare in modo che non venga decurato di duecento euro lo stipendio parlamentare del deputato assente.

In pratica un deputato in aula può "coprire" 5 colleghi parlamentari, se abbastanza scaltro addirittura 8! inizia su due o tre scranni, poi va su altre due o tre scranni, e finisce su altri due o tre: 33%, 33%, 33% e il gioco è fatto.

Per votare però devi inserire il mitico "tesserino parlamentare" (di cui tratteremo in un altro posto sul suo potere magico) nello scranno, altrimenti non funziona la postazione.

Lo stesso tesserino che però ti serve da mostrare al controllore dell'Alta Velocità o in aereoporto per viaggiare gratis. Come risolvere quest'impasse?

Niente di particolarmente complesso.

A disposizione all'entrata dell'emiciclo ci sono i tesserini parlamentari giornalieri: se il deputato "per caso" non hai il tesserino con sè, ecco un tesserino usa e getta a sua disposizione (alcuni portaborse ne hanno una collezione di tutte le legislature, io dovrei averne qualcuno da qualche parte, domani lo cerco e lo scannerizzo).

Per cui quando leggete che i deputati hanno lavorato solo 500 ore quest'anno, oppure 67 giorni, dovete prendere questo dato e dividerlo per 6 o per 9!

Ora io non sò se di questa storia dei tesserini giornalieri ci sia traccia in rete, in qualche libro o su qualche articolo di giornale. Se l'avete già letta da qualche parte e mi mandate il link, ve ne sarei particolarmente grato.

di Spider Truman



martedì 19 luglio 2011

FISCO/CONTRIBUENTI.IT: ITALIA, PARADISO FISCALE PER I CINESI

L’Italia è al primo posto in Europa per evasione fiscale da parte dei cinesi. Tra le maggiori imposte evase dalla comunità cinese figurano l’IRES, IRAP, IRPEF, l’IVA, oltre alle imposte locali.

L'evasione fiscale stimata e' di circa 35 miliardi di euro.

A Prato, su un campione di 100 dichiarazioni dei redditi presentate da confezionisti cinesi per il 2010 è emerso che a fronte di 200mila euro di imposte da pagare, l’Agenzia delle entrate non ha riscosso nulla, mentre a Napoli, in un noto quartiere dove si combatte una faida di camorra, sono state rilevate ben 9.300 imprese, tra individuali e società di capitali, su un totale di 15.000 esistenti e la gran parte di queste sono riconducibili a imprenditori cinesi, che gestendole tramite prestanome, non pagano regolarmente le tasse.

In quasi tutte le ditte cinesi controllate nel primo semestre del 2011 sono state trovate irregolarità che hanno portato a sanzioni amministrative ed in mote di queste sono state riscontrate anche violazioni penali.

Questo è quanto risulta dalla nuova inchiesta condotta dal’Associazione Contribuenti Italiani, elaborando dati della Polizia tributaria, dell’Amministrazione finanziaria, delle Camere di Commercio e de Lo Sportello del Contribuente, presente nelle principali città d’Italia.

Le aziende cinesi operano in tutti i settori industriali, tra cui l'abbigliamento, la produzione di detersivi e giochi. Insomma, altro che tessile di Prato, meccanica fine di Vicenza e Treviso, mobile della Brianza.

'Le statistiche - spiega Vittorio Carlomagno, presidente dell’Associazione Contribuenti Italiani - poi, fanno il resto. Analizzando i dati emerge che nei distretti dove la comunità cinese è maggiormente presente, e' stato rilevato un indice di evasione fino al 98%. Bisogna subito rafforzare i poteri di verifica e controllo fiscali conferendo poteri di Polizia tributaria ai Vigili urbani ed ai Carabinieri. Da sola la Guardia di Finanza, che da tempo opera con successo sul fronte dell'evasione fiscale, non può fronteggiare un’evasione così diffusa'.

Per arginare tale fenomeno, l’Associazione Contribuenti Italiani propone di non rinnovare il permesso di soggiorno a tutti gli immigrati che non risultano in regola con il pagamento di imposte e contributi.

CRISI: CHE FINE HANNO FATTO GLI ESPOSTI INVIATI ALLA PROCURA DI ROMA ?

La Procura di Roma,consolidato Porto delle nebbie attenta a non disturbare troppo cricche e sistemi gelatinosi di rapporti,come dimostrato dall’inchiesta della Procura di Firenze sul G8, ha espresso scetticismo sulle indagini aperte sulle Agenzie di rating da parte della Procura della Repubblica di Trani. “ E' un fatto, però, che a piazzale Clodio si è scettici rispetto all´inchiesta dei colleghi di Trani che procedono, sulla base di una denuncia presentata da Adusbef e Federconsumatori, per market abuse (manipolazione del mercato) e insider trading dopo le valutazioni negative sull´Italia e sulla manovra correttiva. Ipotesi di reato, quelle pugliesi, che non trovano riscontro nelle carte su cui lavora la capitale: al momento non c´è alcun elemento per sostenere che le agenzie di rating Moody´s e Standard and Poor´s abbiano deliberatamente diffuso notizie false per alterare il mercato. Almeno non a Roma. Già pochi giorni fa, la Procura di Roma si era espressa a favore del regolamento con cui la Consob (pur non attuando un vero e proprio blocco come fece invece in un altro momento di speculazione nel 2008) ha imposto un obbligo di trasparenza alle vendite allo scoperto”.

La scettica Procura di Roma,i cui sostituti aggiunti sono adusi ad inseguire teoremi privi di qualsivoglia consistenza giuridica per alimentare macchine del fango ed arrecare discredito a soggetti pericolosi per le cricche ed i ptentati economici, dica che fine abbiano fatto gli esposti denunce inviati da Adusbef e Federconsumatori in data 10 maggio 2010 (sul report Moody’s), 25 maggio 2011 (sul report di Standard & Poor’s) ed 11 luglio 2011 (ad integrazione delle precedenti denunce in merito ai croli dei mercati di venerdi 8 e lunedi 11 luglio 2011) ed i motivi di tale inerzia rispetto ad attacchi speculativi delle agenzie di rating, indagati da altre Procure della Repubblica.

Ci auguriamo che tali esposti, non abbiano fatto la stessa fine di analoghe denunce,inoltrate alla Procura di Roma sui bond argentini ed altri fenomeni di risparmio tradito, nel lontano 2004, il cui fascicolo nel 2010, contenente soltanto la denuncia e la richiesta di archiviazione,senza aver prodotto in sei anni, alcun atto d'indagine ed attività investigativa, senza neppure la dovuta richiesta di proroga delle indagini prevista dal codice di procedura penale dopo ogni sei mesi, abbandonato a se stesso giacché si sarebbe dovuto indagare sulle banche e sulle modalità di piazzamento indiscriminato di titoli ad alto rischio al "parco buoi" dei risparmiatori.