sabato 17 dicembre 2011

CENSIS: PUNTARE SUI DISTRETTI AEROPORTUALI PER TORNARE A CRESCERE

Aeroporti migliori per dimensioni e qualità dell’accoglienza significano più crescita, più reddito e più occupazione per il Paese. Nonostante la crisi, le previsioni per l’aviazione civile mondiale sono positive: l’Italia non può rimanere indietro nella competizione. Grandi potenzialità di sviluppo per il Leonardo da Vinci di Roma Fiumicino.

Viaggiare in aereo è ormai parte integrante della nostra vita privata e professionale. Nonostante la crisi, nell’ultimo anno più del 26% degli italiani ha preso l’aereo, con una media di 3,1 viaggi per persona. Viaggiano di più in aereo i residenti del Nord-Ovest (28,4%) e del Nord-Est (28,2%), i giovani di 18-29 anni (44,9%) e le persone laureate (47,6%).

La crisi ha riportato il Pil italiano ai livelli del 2004. Per risalire al valore pre-crisi (quello del 2007) ci vorrebbe una crescita dell’economia di stampo cinese, del 5% in termini reali in un anno (un balzo che l’Italia ha registrato l’ultima volta nel 1979, quando la crescita fu del 6%), oppure una crescita a un tasso dell’1% reale annuo per cinque anni.

Si prevede uno sviluppo del traffico aereo mondiale nei prossimi vent’anni a un tasso medio annuo del 5%. I passeggeri aumenteranno dagli attuali 2,2 miliardi a 6 miliardi nel 2030. È una grande opportunità, ma per coglierla occorre attrezzarsi.

Oggi gli aeroporti italiani movimentano 140 milioni di persone, poco più del 6% del totale dei passeggeri mondiali. Mantenere la stessa quota di traffico nel 2030 significherà riuscire ad accogliere oltre 371 milioni di passeggeri, generando quasi 925mila occupati in più rispetto a quelli attuali, pari a un valore di circa 4 punti percentuali del Pil. Aumentare di 2 punti percentuali la quota italiana del traffico aereo mondiale vorrebbe dire accogliere 490 milioni di passeggeri (+251%), con 1.450.000 occupati in più (quasi 6 punti percentuali del Pil attuale).

Gli italiani sono consapevoli che dagli aeroporti può venire una spinta significativa per tornare a crescere. Quasi il 59% ritiene che per rilanciare l’economia nei prossimi anni è importante potenziare la capacità di accoglienza degli scali nazionali, perché si tratta di una tipologia di infrastrutture che contribuisce alla competitività del Paese (per il 34%) e perché la competizione si gioca ormai su scala globale (per il 24,5%). Solo l’8% si dice contrario allo sviluppo degli aeroporti, perché gli impatti negativi sull’ambiente sarebbero troppo alti.

Ma è possibile realizzare aeroporti più accoglienti solo con la condivisione delle scelte da parte delle comunità locali. Per questo è l’ora dei «distretti aeroportuali»: organismi di governance in cui confluiscono istituzioni locali e soggetti di rappresentanza degli interessi dei territori circostanti gli scali, luoghi di condivisione con l'obiettivo di fare convergenza tra le opportunità legate allo sviluppo degli aeroporti e le aspettative di crescita delle comunità locali.

L’aeroporto internazionale Leonardo da Vinci di Roma Fiumicino è oggi un esempio di come solo la partecipazione delle comunità locali può consentire di cogliere le opportunità legate allo sviluppo del traffico aereo. Il suo futuro dipende dalla responsabilizzazione delle istituzioni e dei soggetti sociali, e dalla capacità di coinvolgere positivamente le comunità locali che attualmente subiscono gran parte dei costi sociali dell’attività dell’aeroporto.

Ci sono molte buone ragioni perché Roma abbia un aeroporto all’altezza del suo profilo e delle sue ambizioni. Il Leonardo da Vinci è cresciuto per dinamica spontanea più di tutti gli altri scali europei: +13,6% di passeggeri nel periodo 2007-2011 (più di 37 milioni di passeggeri nell’ultimo anno), rispetto a +0,9% di Schipol Amsterdam, +0,7% di Heathrow Londra, -0,3% di Roissy Parigi, -4% di Barajas Madrid.

Data la crescita attesa del traffico aereo mondiale, lo scalo romano ha notevoli potenzialità di sviluppo. Mantenendo la quota italiana del traffico mondiale, e quella del Leonardo da Vinci sul mercato italiano, l’aeroporto della capitale potrà raggiungere i 97 milioni di passeggeri nel 2030. Da questo traffico si possono generare 244mila occupati aggiuntivi, per un valore di oltre 16,3 miliardi di euro. Se la quota di mercato degli scali italiani salisse di 2 punti percentuali, e la fetta di Roma rimanesse al livello attuale del mercato italiano, i passeggeri dello scalo romano potrebbero aumentare fino a 128 milioni. In questo caso gli occupati aggiuntivi sarebbero 368mila, per un valore di 24 miliardi di euro.

C’è consenso sociale sulla necessità dell’aeroporto. Il 68,7% dei residenti nella provincia di Roma si dichiara favorevole. Di questi, il 40,8% perché ritiene che l’aeroporto potrà creare nuove opportunità per l’economia regionale, rilanciando occupazione e turismo, e un ulteriore 27,9% perché ritiene l’aeroporto necessario per fare di Roma una città globale, competitiva con le grandi metropoli del mondo.

E l’aeroporto è avvertito come una esigenza ineludibile anche dal sistema delle imprese di Roma e del Lazio. Per quasi il 42% l’aeroporto è importante per l’attività della propria azienda, e la percentuale sale a oltre il 48% nel commercio e a più del 52% nei servizi. Per il futuro, il 45% delle imprese reputa che l’aeroporto sarà importante per la propria attività. In particolare nel manifatturiero, nel quale dall’attuale 38% si passa a oltre il 49% di imprese che ritengono che nel futuro lo scalo sarà importante per la loro azienda.

Migliorare l’accessibilità dell’aeroporto e garantire una maggiore connessione con i flussi globali vuol dire aprire nuove strade e opportunità di crescita per le imprese. È però necessario che anche le comunità locali traggano benefici dallo sviluppo dell’aeroporto, e non ne paghino solo i costi in termini di impatto ambientale e sulla qualità della vita. Il nuovo valore creato dovrà andare sempre di più a beneficio anche delle comunità locali più direttamente coinvolte dall’attività aeroportuale. Per questo le comunità locali e le istituzioni dalla Regione alla Provincia, dai Comuni alle rappresentanze sociali vanno coinvolte in una logica di distretto aeroportuale. Che va inteso come un’area territoriale dai confini definiti in cui i tanti soggetti istituzionali e sociali condividono scelte e progettualità, e attivano forme integrate di gestione del territorio e delle sue attività per valorizzare tutte le opportunità legate alla presenza dell’aeroporto: non più «vicino ingombrante» causa solo di costi, ma anima del territorio, fonte di ricchezza e opportunità per le popolazioni locali. 

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