domenica 15 maggio 2011

TUMORI: 4 ITALIANI SU 10 PRONTI A MIGRARE PER CURARSI

Quasi la metà degli italiani, se si dovesse ammalare di cancro, pensa a una Regione diversa dalla sua per curarsi, e altrettanti si dicono pronti ad andare anche all’estero, se necessario. I nodi dolenti sono soprattutto le troppe differenze fra una Regione e l’altra, sia nelle dotazioni tecnologiche, sia nella disponibilità di farmaci. È questo che emerge dal terzo Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici presentato dalle associazioni di volontariato in oncologia, riunite nella Favo, in occasione della VI Giornata nazionale dei malati oncologici.

Sotto questo profilo, è dunque accolto positivamente il piano oncologico nazionale, che tra le altre cose dà alle patologie oncologiche una corsia preferenziale, ma per porre fine ai “viaggi della speranza” e garantire cure uguali a tutti i cittadini,sottolineano, serve “uno sforzo in più”.

Il cancro, ha evidenziato anche il ministro della Salute Ferruccio Fazio, in effetti è sempre più “una malattia cronica, visto che, secondo i dati raccolti dall’Osservatorio permanente sui malati oncologici, sono in continuo aumento i cosiddetti ‘lungo-sopravviventi’, chi cioè ha ricevuto una diagnosi di tumore da più di cinque anni. E per migliorare un sistema di cura comunque ‘tra i migliori al mondo’, bisogna spingere sulla qualità dei servizi sul territorio, strada maestra per porre fine alla mobilità regionale, che interessa soprattutto, ha detto il ministro “la chirurgia oncologica”. 

La tendenza alla mobilità è stata illustrata da un’indagine del Censis su 1000 intervistati, rivelando appunto che il 39,1% degli italiani, di fronte a una diagnosi di cancro, andrebbe all’estero a farsi curare. Percentuale simile (il 39,6%) di chi andrebbe in un’altra Regione, dato che sale al 48% quando a rispondere sono i cittadini del Meridione.

Tra le cause ci sono in primis le differenti dotazioni tecnologiche. Secondo un censimento dell’Airo (associazione italiana radioterapia oncologica), per esempio, al momento sono solo 6 su 21 le regioni che hanno raggiunto l’obiettivo, fissato nel 2002, di 7-8 unità per milione di abitanti dei cosiddetti acceleratori lineari per la radioterapia. E, spiegano gli esperti, la mancanza di un servizio di radioterapia vicino casa costringe i malati a migrare. Peraltro viaggi, sottolinea il presidente della Favo, l’ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, “che pesano sulle tasche di malati e famiglie”.

Altro tasto dolente resta la disponibilità di farmaci oncologici. Nonostante l’accordo siglato a fine 2010 in Conferenza Stato-Regioni, che ha reso più semplici le procedure per l’introduzione dei farmaci innovativi (non è più necessario il loro preliminare inserimento nei piani terapeutici regionali), infatti, i medicinali non sono ancora presenti in tutte le Regioni. E servirebbe, secondo la Favo, estendere il concetto a tutti i farmaci antitumorali autorizzati dall’Aifa, non solo quelli innovativi. Dal canto suo, il ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto, ha garantito “il pieno coinvolgimento” della Conferenza Stato-Regioni.


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