lunedì 16 maggio 2011

LA NAKBA NON HA FINE. ESERCITO ISRAELIANO SCATENATO: 16 PALESTINESI UCCISI. NAPOLITANO NON VEDE E BENEDICE ISRAELE. SCONTRI ANCHE IN GIORDANIA

Un’improvvisa fiammata di proteste, come non si vedeva da anni per l’anniversario della Nakba (la catastrofe nazionale palestinese, cioè la fondazione dello Stato di Israele nel 1948), ha sconvolto i territori al confine tra Israele, Libano e Siria, oltre ai valichi tra lo ‘Stato ebraico’ e la Striscia di Gaza, coinvolgendo anche la delegazione italiana ‘Stay Human’ che partecipava alle commemorazioni.

Commemorazioni che per la prima volta dopo anni hanno visto sfilare e pregare insieme tutti i movimenti politici palestinesi, fino alla recente riconciliazione l’un contro l’altro armati. L’esercito israeliano ha reagito con una inaudita e cieca violenza, ammazzando per ora 16 palestinesi.

La protesta più eclatante, racconta il corrispondente a Gaza de Il Manifesto Michele Giorgio, è avvenuta sulle Alture del Golan (territorio siriano da decenni occupato e colonizzato da Israele) dove migliaia di profughi palestinesi hanno superato di slancio le barriere sulle linee di confine e sono arrivati fino al villaggio druso di Majdal Shams (una roccaforte storica della resistenza civile all’occupazione israeliana). I militari israeliani hanno aperto il fuoco sulla folla uccidendo almeno cinque manifestanti e ferendone altre decine.

I comandi militari israeliani affermano che ci sono dei feriti anche tra i soldati di Tel Aviv: secondo alcuni quando questi hanno cominciato a sparare sulla folla i giovani palestinesi hanno risposto con un fitto lancio di sassi. Secondo Israele alcuni manifestanti avrebbero anche fatto uso delle armi. Un dettaglio che non aggiunge molto a quanto accaduto: sono stati, dice Giorgio, gli scontri più gravi dalla guerra del 1973-74 tra Israele e Siria lungo linee armistiziali dove per oltre 40 anni la situazione è rimasta sostanzialmente calma. Altri dieci manifestanti, tra palestinesi e libanesi, sono stati uccisi nelle stesse ore dai soldati israeliani a Maroun al Ras alla frontiera con il Libano, dove centinaia di profughi si sono radunati sul lato libanese del confine, per commemorare la Naqba. I feriti sono almeno 71, secondo fonti mediche libanesi. Secondo alcuni testimoni i soldati israeliani hanno inseguito un folto gruppo di attivisti palestinesi fino in territorio libanese, aprendo il fuoco contro di loro e uccidendone vari, senza che le truppe internazionali dell’Unifil o l’esercito libanese intervenissere a difesa dell’integrità territoriale del Libano. Paradossalmente in serata i comandi militari israeliani hanno attribuito ai soldati libanesi la responsabilità dell’eccidio.

Un giovane palestinese invece è stato ucciso anche a Gaza, nei pressi di Shujayeh, dal fuoco dell’esercito italiano. Poco prima al valico di Eretz con Israele centinaia di ragazzi, con in mano le bandiere della Palestina, hanno aggirato i posti di controllo del governo di Hamas e dell’Autorità nazionale palestinese e si sono lanciati in una corsa di alcune centinaia di metri verso le postazioni di cemento armato e fortificate dell’esercito israeliano accanto al terminal, nella cosiddeta ‘buffer zone’, la zona di interdizione imposta dagli occupanti. Il fuoco dei militari, secondo dati del Centro di Gaza per i diritti umani, ha fatto oltre 60 feriti. E’ stata invece per fortuna smentita la morte di un fotoreporter palestinese di cui si era parlato nelle scorse ore.

Alcuni attivisti italiani del Convoglio ‘Restiamo Umani’, a Gaza da quattro giorni per ricordare la figura di Vittorio Arrigoni e per incontrare le diverse realtà della società civile palestinese proprio in concomitanza con le commemorazioni della Nackba, dopo aver partecipato alla manifestazione organizzata al valico di Heretz, hanno fatto visita ai numerosi feriti palestinesi negli ospedali della Striscia denunciando la cieca repressione realizzata contro i palestinesi disarmati dai militari di Israele, ben 10 mila quelli schierati da Tel Aviv al confine con l’Egitto. Racconta Amisnet che dal canto suo il nuovo governo del Cairo, che nei giorni scorsi aveva fatto ben sperare lasciando passare Co.r.um attraverso il valico di Rafah, ha impedito la partenza di circa 100 pullman carichi di attivisti egiziani che da piazza Tahrir erano diretti verso la Striscia per celebrare il ricordo della Nakba insieme ai fratelli palestinesi.

Anche il regime ‘moderato’ di Amman non ha esitato a reprimere con violenza le manifestazioni palestinesi in Giordania: numerosi manifestanti anti-israeliani sono rimasti feriti oggi in scontri con la polizia a Karameh. Gruppi di manifestanti, giunti da diverse città e campi profughi della Giordania si sono scontrati con la polizia che aveva issato numerose barriere per impedire loro di proseguire, e che ha fatto ricorso a gas lacrimogeni e sfollagente per disperderli. La città di Karamah era stata scelta per la manifestazione di oggi perché nel 1968 vi si svolse una grande battaglia di combattenti palestinesi assieme all'esercito giordano contro l'avanzata israeliana. ''Qui é dove il sangue dei giordani e dei palestinesi si e' mischiato. Abbiamo combattuto qui contro un nemico. Questo é un messaggio a Israele e ai suoi sostenitori che la Giordania non troverà riposo fino a quando tutti i profughi non saranno tornati a casa'', ha detto Muradh Adhayleh, uno degli organizzatori dell'iniziativa di oggi che ha riunito non solo cittadini palestinesi rifugiati in Giordania ma anche numerosi attivisti della sinistra e dei gruppi islamici.

Mentre Israele realizzava questa carneficina il Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano confermava il proprio acritico e sperticato sostegno al cosiddetto ‘stato ebraico’ e all’ideologia sionista. "La fondazione dello Stato di Israele è un evento storico che non può essere messa in dubbio e che non può essere certamente accostata ad una catastrofe” ha detto il Presidente in visita nello ‘Stato ebraico. "Qualche che sia la definizione che alcune parti del mondo arabo ne danno - 'naqba' se non sbaglio significa disastro - non possiamo accettarlo. E sono sicuro - ha proseguito Napolitano in un incontro con la stampa insieme al presidente israeliano Shimon Peres - che tutti i rappresentanti arabi che fanno la pace con Israele o caldeggiano la soluzione dei due popoli e due Stati (tra israeliani e palestinesi, ndr.), riconoscono il fatto che la decisione presa all'Onu nel 1947 è una parte della storia ed è una realtà irrinunciabile". A Napolitano qualcuno dovrebbe regalare i libri dello storico israeliano Ilan Pappe che documentano quale è stato il prezzo che hanno pagato i palestinesi a partire da quel 15 maggio del 1948: migliaia di villaggi arabi distrutti, migliaia di morti, 750 mila palestinesi espulsi a forza dalle loro terre, una pulizia etnica che Tel Aviv non ha mai cessato di praticare con mezzi diretti e indiretti.

Per stigmatizzare il comportamento di Napolitano nel primo pomeriggio di oggi la rete si è riempita di messaggi critici e di esplicita presa di distanze dal Presidente che continua a rappresentare, violando il proprio mandato, una posizione di parte e faziosa che sostiene uno stato razzista e militarista: “Nelle stesse ore in cui il Presidente Napolitano riceve il premio alla tolleranza e al rispetto della democrazia, dai rappresentanti dello Stato capace di violare 73 Risoluzioni Onu e di massacrare impunemente i civili di qualunque età, l'esercito di quello stesso Stato spara, uccidendo almeno una decina di manifestanti inermi e ferendone moltissimi per impedire che si commemori l'anniversario della Nakba.

Tra i manifestanti ci sono anche molti internazionali e tra questi molti italiani. Il Presidente Napolitano non ha saputo rifiutare il premio, saprà almeno condannare la feroce repressione che si sta verificando a pochi metri dalla sua persona?”. Molti attivisti delle reti di solidarietà con la Palestina, dopo la grande manifestazione di ieri che nel centro di Roma ha espresso il proprio sostegno alla Freedom Flotilla, si sono ritrovati nel pomeriggio di oggi a manifestare sotto le alte mura dell’ambasciata israeliana.

di Marco Santopadre

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