domenica 20 marzo 2011

LA LINGUA DI LEGNO

di Giulietto Chiesa - Megachip.

Ha dichiarato la guerra, il piccolo capo francese. Voleva entrare nella storia, come ha lasciato capire, e ha deciso di farlo mettendosi l'elmetto. Misso dominico di una "comunità internazionale" in stato di palese confusione, perché non s'era ancora vista una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che dà mandato al primo che passa di cancellare uno Stato sovrano. Noi sappiamo bene chi sono, in questo caso, i "primi che passano". E infatti i bravi soldatini dell'Impero calante si sono messi in fila (Italia compresa, seppur di malavoglia) per infliggere le loro bastonate al reprobo. Lui, il piccolo capo francese, ha parlato per tutti quelli che ci stanno.

Ma aveva la "lingua di legno", se così possiamo tradurre, alla lettera, l'espressione francese "langue de bois".

S'è visto, nella penosa apparizione televisiva, che la lingua gli pesava. Non perché Sarkozy non sappia dire le bugie, ma perché le ha ripetute troppe volte. Anzi sempre la stessa.



Un perfetto discorso in stile sovietico, come quello che i dirigenti del Cremlino amavano ripetere sempre quando parlavano della "indistruttibile amicizia dei popoli", appunto sovietici. La esaltavano sempre, ripetutamente, ossessivamente. Al punto che era diventato un rituale automatico. Così si finiva per capire (lo straniero, perché i sovietici lo sapevano già a memoria) che era sul dente che doleva che la lingua finiva sempre per battere. E cioè che non c'era nessuna amicizia, e che, non appena tolto il guanto di ferro che sorreggeva la finzione, quei popoli si sarebbero sbranati tra di loro. Come fecero, dividendosi.

Ecco, il piccolo capo ha fatto altrettanto, senza rendersi conto di imitare il Cremlino comunista: ha ripetuto per ben tre volte, in un breve discorso, lo stesso concetto, consistente nell'unica affermazione (ovviamente bugiarda) secondo cui lo scopo della guerra sarebbe quello di "consentire al popolo libico di scegliere".

Scegliere cosa? Ma, ça va sans dire, è ovvio: quello che ha deciso la cosiddetta "comunità internazionale". Monumento a Orwell. Parafrasi del "comma 22".

Ogni volta il giro di frase era leggermente diverso, ma l'idea era una sola. Quella di far pensare alla gente che ascoltava, che i fuochi d'artificio che sono cominciati servono solo per illuminare il cammino del popolo libico. 

Verso dove? Questo è stato meno chiaro. Ma, con quella lingua di legno non poteva districarsi meglio. 

La Libia, ex paese sovrano, diventerà una pompa di benzina per le grandi compagnie petrolifere occidentali. Il picco del petrolio è stato già superato da tempo, ma con questi chiari di luna giapponesi, con il nucleare che va a farsi benedire, bisogna pur mettere qualche cosa nel serbatoio, finché si può. 

L'unica incognita è cosa ne penseranno di queste nuove bombe , e missili, e navi, e aerei, che l'Occidente manda per illuminare il loro cammino, i giovani con meno di trent'anni che stanno dando vita alla più grande sollevazione popolare della storia araba di tutti i tempi.

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