martedì 18 gennaio 2011

GIUSTIZIA LUMACA, SCARCERATO BOSS DELLA 'NDRANGHETA

di Gaetano Liardo
Più di quattro anni per depositare le motivazione della sentenza.

Latitante dal 2000, arrestato nel 2003 e condannato nel 2006. Per Vincenzo D'Agostino, condannato a 24 anni di carcere, tuttavia, le porte del carcere si apriranno. Decorrenza dei termini, ovvero tempo massimo scaduto per i giudici della Corte d'Appello per depositare la sentenza di condanna. Ci sono voluti quattro anni e mezzo affinché arrivassero le motivazioni. Un tempo eccessivo anche per un processo di mafia. Vincenzo D'Agostino, infatti, era stato condannato nell'ambito del procedimento “Prima Luce” per associazione a delinquere armata finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti.

D'Agostino, inoltre, avrebbe partecipato alla faida di Sant'Ilario, nella locride, scoppiata tra le cosche D'Agostino e Belcastro – Romeo. Un processo a dir poco tormentato. Soltanto il mese scorso, Giuseppe Belcastro, condannato nello stesso procedimento, ha ricevuto lo stesso trattamento. Decorrenza dei termini di custodia. Il motivo, anche in questo caso, è il ritardo della deposizione delle motivazioni della sentenza. Belcastro, tuttavia, a causa di aggravamento della pena, è stato trasferito in una casa lavoro a Sulmona, in Abruzzo. Sulla scarcerazione dei boss si è scatenata la polemica politica. Furiosa Angela Napoli, capogruppo Fli in Commissione antimafia, che sul caso Belcastro ha chiamato in causa il Guardasigilli.

La parlamentare calabrese, infatti, aveva fatto un'interrogazione parlamentare in seguito alla scarcerazione, sempre per le stesse motivazioni e sempre nello stesso procedimento, di Luciano D'Agostino. All'interrogazione, presentata il 7 maggio del 2009, risponde Angelino Alfano con una nota del 28 dicembre 2010. «In merito all’interrogazione parlamentare, a firma dell’onorevole Napoli, presentata il 07/05/2009 – si legge - il Procuratore Generale della Cassazione, il venti dello stesso mese, aveva già puntualmente esercitato l’azione disciplinare a carico del magistrato estensore della sentenza, rendendo così superfluo ogni ulteriore accertamento ispettivo che avrebbe rappresentato soltanto un’inutile sovrapposizione».

Secca la replica della Napoli: «Trovo strano che il Ministro Alfano, a distanza di un anno e mezzo dalla mia prima interrogazione relativa all'avvenuta scarcerazione di Luciano D'Agostino, abbia inteso farmi comunicare solo ieri dal suo portavoce che “il Procuratore Generale della Cassazione, il venti dello stesso mese, aveva già puntualmente esercitato l'azione disciplinare a carico del magistrato estensore della sentenza”». Sulla vicenda di Vincenzo D'Agostino ha fatto irruzione Maurizio Gasparri. Per il presidente dei senatori del Pdl: «Invece di fare politica, alcuni magistrati farebbero bene a riflettere su quanto accaduto oggi. Un presunto boss della 'ndrangheta viene scarcerato per decorrenza dei termini.

Una vergogna inaudita - continua - che mortifica la Giustizia, vanifica il lavoro fin qui fatto e fa perdere fiducia nel ruolo delle istituzioni». «Sono serviti ben quattro anni e mezzo per depositare le motivazioni della sentenza di appello – continua - e invece tempi record per macchinazioni giudiziarie su fatti che non hanno alcuna rilevanza penale». Chiaro il riferimento al richiesta dei pm milanesi “colpevoli” - per Gasparri – di aver chiesto un procedimento immediato nei confronti del premier Berlusconi. Al di là della polemica politica, resta il problema. Quattro anni e mezzo sono troppi per depositare una sentenza e rischiano, come nel caso del processo “Prima Luce”, di vanificare l'azione di repressione della magistratura.

In Calabria così come in numerosi altri contesti. Ha fatto scalpore nel 2008 il ritardo di ben otto anni nella deposizione di una sentenza da parte di un magistrato del Tribunale di Gela che portò alla scarcerazione di dieci boss mafiosi, tra i quali la sorella e la moglie del capo mafia Puddu Madonia. Lentezze che si trasformano in negazione della giustizia. Un forte danno per la credibilità dello Stato nel contrasto alle mafie.

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