martedì 28 dicembre 2010

NO MORE AFGHANISTAN

Una guerra iniziata e mai finita. Un nemico cercato e mai trovato. Una vendetta voluta e mai ottenuta. Questo è l'Afghanistan, terra un tempo battuta unicamente dal sole e dai venti del deserto, oggi anche dalle bombe e dalle granate.

Quasi 10 anni di guerra in un paese martoriato da invasioni e conflitti senza storia e senza tempo ma che hanno regolarmente riversato il loro prezzo di morte all'interno dei suoi confini. Paradosso dei paradossi, questa guerra è stata dichiarata per "portare la pace", parole indimenticabili dell'allora presidente americano George W. Bush. Un presidente i cui errori hanno segnato e continueranno a farlo la storia mondiale degli ultimi 10 anni, con due conflitti aperti, in Iraq ed Afghanistan, due ferite che sanguineranno ancora per molto. Un presidente a cui il nostro di presidente, Silvio Berlusconi, ha sempre lustrato le scarpe, fungendo lui, questa volta, da “predellino” per entrare in Europa a caccia di consensi.

La settimana scorsa all'Europarlamento abbiano detto BASTA! Basta a 10 anni di guerra che non hanno portato altro che morte e sofferenza. Basta alle migliaia di soldati caduti lontano da casa. Basta alle decine di migliaia di civili morti sotto i bombardamenti “pacifici” delle forze alleate, ai bambini bruciati vivi nelle loro case e alle donne uccise agli angoli delle strade. Basta all'assedio e alle stragi di Farah, Nassyria, Kabul e Kandahar. Basta ai miliardi di dollari di aiuti umanitari scomparsi tra sprechi e corruzioni, miliardi che mai hanno raggiunto chi dovevano aiutare. Basta ad un'occupazione militare che di pacifico ha solo le parole. Con il nostro voto abbiamo voluto dare un chiaro segnale politico ai governi nazionali dell'Ue, che nell'ormai lontano 2001 hanno voluto imbarcarsi in una cosiddetta "missione di pace" che oggi solo i pazzi possono non rimpiangere.

Un completo fallimento testimoniato dal degradamento sia delle condizioni di sicurezza che dell'intero paese, incapace di reggersi sulle proprie gambe nonostante i miliardi di aiuti umanitari stanziati. Anche perché, a onor del vero, solo una piccolissima parte di questi aiuti hanno raggiunto la popolazione afghana.

La maggior parte è stata arraffata e divisa da chi avrebbe dovuto amministrarla, dalle stesse organizzazioni occidentali incaricate di utilizzare questi fondi. Una corruzione inaccettabile soprattutto alla luce della precaria situazione sociale e civile del paese, dove la maggior parte della popolazione è costretta ancora a vivere giorno per giorno. Con il nostro voto abbiamo voluto dire Basta all'ipocrisia di quei governi, come quello italiano, che si riempiono ancora la bocca di parole come "pace" e "aiuto", quando in realtà non fanno altro che mandare in Afghanistan militari e armi. Una missione che avrà sicuramente ingrassato i portafogli di qualcuno, ma non certo migliorato al vita del popolo afghano. Una guerra nella quale l'Italia, con il governo Berlusconi, ha voluto entrare da protagonista per giocare il ruolo del cane fedele al padrone di turno (Bush, Putin o chicchessia), ruolo nel quale Silvio Berlusconi meriterebbe un oscar.

La scusa è sempre la stessa: portare la pace in un paese in guerra.

Da qui l'obbligo di stendere un velo di omertà mafiosa sulla reale situazione dell'Afghanistan e su tutto quello che di marcio c'è attorno a questa missione. Esempio clamoroso il caso di due ragazzi, Stefano e Iendi, in missione umanitaria e trovati morti nel loro alloggio nel febbraio 2006.

Due ragazzi che avevano avuto il coraggio di denunciare delle gravi irregolarità nella gestione dei fondi destinati ad un importante progetto umanitario coogestito dal Ministero degli Esteri italiano. Una vicenda sulla quale deve ancora essere fatta piena luce e che si è cercato goffamente di insabbiare.

Ma la mala gestione dei fondi umanitari in Afghanistan non è più un segreto. Si stima che solo il 20% degli stanziamenti mondiali venga effettivamente speso sul territorio. Il caso di questi due ragazzi rappresenta la punta dell'immenso iceberg del non detto sulla guerra in Afghanistan, censura fondamentale alla costruzione della grande favola della "missione di pace" indispensabile al governo italiano per giustificare l'intervento e la permanenza nel paese di fronte ad un'opinione pubblica sempre più scettica. Sfortunatamente, confido che i governi, compreso quello Berlusconi, recepiscano il messaggio politico di Bruxelles e accelerino l'operazione di ritiro delle truppe di cui si parla orma da troppo tempo.

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