sabato 27 novembre 2010

G-20: IL DECLINO DELL'OCCIDENTE

L’ultimo G20 ha dimostrato che siamo lontani da una governance mondiale. E’ evidente che gli interessi nazionali, anche se interdipendenti, hanno priorità differenti e che è già passata l’era nella quale l’Occidente poteva imporre la sua volontà ai paesi emergenti. Piuttosto bisognerebbe riflettere su un paradosso che sorge: la globalizzazione può ridurre il peso dell’Occidente più del previsto. di Roberto Savio  
Come ha espresso il direttore dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, oggi è più caro inviare un container da Marsiglia ad Avignon che da Bangok a Marsiglia. E ad ogni modo, in Occidente ormai non sono i governi gli attori principali, ma le finanze, che ogni giorno insegnano interessi totalmente diversi a quelli dell’economia reale.

I governi hanno un certo controllo sull’economia reale. Invece le finanze, sia a livello locale che globale, nessuno le controlla. Il simbolo di questa situazione potrebbe essere il presidente statunitense Barak Obama.

Obama ha avuto un momento difficile a Seul. Non è riuscito a raggiungere un accordo di libero commercio con la Corea del Sud, perché non può fare nessuna concessione sapendo che il nuovo Congresso non accetterà nulla che non rappresenti un trionfo per gli USA, condizione che non aiuta ad ottenere accordi internazionali.

Il G20 ha ignorato la sua richiesta per un accordo su un equilibrio tra le esportazioni e importazioni a livello globale. Inoltre, ha dovuto ascoltare un coro di critiche alla decisione della Federal Reserve Bank di stampare 600.000 milioni di dollari di denaro fresco.

L’UE, dalla voce di Angela Merkel, considera che questo significa aumentare ancora di più il valore dell’euro, con la conseguente riduzione delle esportazioni tedesche. La Cina ritiene che gli USA difficilmente possono chiedere correzioni nella loro moneta, quando non sono capaci di controllare la sua. E il Brasile, a nome degli emergenti, guarda preoccupato questa nuova massa monetaria, che si dirigerà ai paesi dove i tassi d’interesse sono più alti, come nel suo caso, con la conseguente rivalutazione del reale e flussi di capitale speculativo, che distorcono l'economia.

Questa rivolta non ha precedenti: Il mondo era abituato al fatto che gli USA ogni volta che avevano una crisi trovavano la soluzione stampando moneta. Questo perché il dollaro era la divisa di riferimento delle riserve internazionali e gran parte di questo denaro finiva all’estero per acquistare beni o in investimenti finanziari.

Come risultato, oggi ci sono 22 dollari nel mondo per ogni dollaro statunitense. Ma, finito l’equilibrio della guerra fredda e la “minaccia rossa”, il leader del mondo è rimasto senza protezione. Gli USA non possono pensare di risolvere i loro seri problemi economici esportandoli.         

Oggi gli elettori vogliono tasse basse, uno dei motivi di questo grande agglutinamento eterogeneo che è il Tea Party, che ha riunito cittadini bianchi di ogni parte degli USA, che vogliono che non sparisca il sogno americano. Basta tasse- e con un governo forte che si occupi dei cittadini-. C’è bisogno di un presidente che torni a mettere gli USA nel loro posto di leader mondiale e che finisca l’angoscia che oggi affrontano i cittadini di fronte ad una disoccupazione di intorno il 12%, una riduzione continua del livello di vita e ad mondo che cospira contro il destino manifesto degli USA, che è quello di essere la locomotiva e il leader mondiale. 

Quello che non è in discussione, è che gli USA, così come l’UE, non possono continuare a vivere al di là delle loro risorse. Nel 1960, il debito personale era del 55% delle entrate nazionali. Nel 2007 è stato del 33%- Oggi le tasse sono intorno al 19% del Prodotto Nazionale Lordo (PNL), ma hanno stabilito un limite per spendere circa un quarto del PIL.  

Come risultato, il debito federale, che era del 41% due anni fa, secondo l’Ufficio della Finanziaria del Congresso arriverà al 90% del PIL nel 2020. Solo gli interessi sul debito saranno di 900.000 milioni di dollari all’anno.    

Tutti i paesi occidentali hanno vissuto al di sopra delle loro risorse, ma a nessuno importava. La novità è che- da Ronald Reagan, prima, e Bill Clinton dopo- si sono smantellate le regole imposte da Franklin Delano Roosevelt dopo il crack di Wall Street del 1929. Il risultato è che il mondo è percorso da un enorme flusso di capitali speculativi, che non hanno nessun controllo reale.     

Basta segnalare che il totale delle speculazioni in borsa è dieci volte superiore al volume di tutta la produzione dell’economia reale di beni e di servizi, il cui obiettivo è di produrre e vendere. Le finanze, invece, hanno per obiettivo guadagnare il più possibile nel minor tempo possibile.

I due terzi delle operazioni in borsa sono realizzate attraverso pc ad alta velocità- Ogni giorno ci sono nuove invenzioni, che nulla hanno a che vedere con l’economia, ma sono solo giochi ad alto rischio. Questo ha causato la crisi del 2007, che ha significato 5.000 miliardi di dollari di manovre difensive in tutto il mondo e con 100 milioni di nuovi poveri, secondo l’ONU.      

Particolarmente scioccanti sono i dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) sul destino dei giovani, che questa agenzia specializzata dell’ONU chiama una generazione persa. La metà di essi sono cittadini dell’UE, che guadagnano meno di mille euro al mese, con contratti a breve termine. Non potranno contare su un' assicurazione sociale seria, nè potranno acquistare una casa e quando arrivano alla pensione ne avranno una in media di 460 dollari.    

L’istituto italiano di analisi economica Progetica calcola che la stragrande maggioranza di loro arriverà con la pensione al 18° giorno del mese. I più sfortunati arriveranno solo al 12°.

L’evidenza che l’Occidente è in fallimento, non proviene certamente dalla classe politica, ma da quattro agenzie di rating, tutte statunitensi, che si sono dedicate a dare indicazioni agli speculatori su quali sono i più fragili, perché vadano lì a cercare la loro preda. Le quattro agenzie sono finanziate dalle aziende che devono valutare e adesso si sono dedicate a valutare i paesi. 

Il mondo finanziario è convinto che l’euro è fragile, perché l’Europa è paralizzata nella sua governabilità e per mancanza di una visione comune. La Grecia, che ha presentato falsi bilanci per molti anni, per godere dei sussidi europei, è stato il primo bersaglio della speculazione. Una gigantesca manovra europea l’ha salvata dal fallimento. Ma la ricerca della speculazione continua, e avrà sotto controllo tutti i paesi, in particolare la Spagna, Portogallo e Irlanda.

La reazione del mondo della politica è stata uguale su tutti i lati dell’Atlantico: una fuga dalla realtà. Negli USA è sorto dal nulla, e realmente dalla gente, un movimento popolare, il Tea Party, che ha rafforzato la rimonta repubblicana.

La fuga degli USA    

Il tema di fondo è quello di ridurre il deficit fiscale. Nessuno si preoccupa del deficit sociale, che sta portando gli USA a situazioni del centroamerica. L’1% dei nordamericani più ricchi concentra quasi il 24% delle entrate nazionali, contro un 9% nel 1976. Nel 1980, un amministratore di una azienda guadagnava 43 volte più di un impiegato medio. Nel 2001, questa differenza si moltiplicava per 531 e adesso siamo a quasi 800 volte in più.

In termini semplici, dal 1980 (inizio del mandato di Reagan) fino al 2005, circa l’80% del reddito totale degli USA sono andate al potente 1% più ricco.

Il partito repubblicano oggi è diviso in due ali: una che vuole continuare a boicottare a Obama affinchè perda le prossime elezioni presidenziali tra due anni, e un’altra che è disposta a lavorare con lui, a condizione che egli accetta la piattaforma repubblicana.

Ad ogni modo entrambi i settori repubblicani- e anche alcuni democratici- non accettano il piano di Obama di porre fine alle riduzioni fiscali introdotte da George W. Bush.

Obama propone di pagare a partire da $ 250.000. Questo significa colpire il fatidico 1%. Non facendolo, lo Stato perderà 900.000 milioni di dollari in 10 anni.

Perché una parte importante delle vittime del deficit sociale difende i privilegi di questo 1%?

Per lo stesso motivo per il quale vogliono eliminare la riforma della sanità. Lo Stato non deve immischiarsi nella vita dei cittadini, in un paese costruito con il lavoro dei suoi cittadini e non con l’aiuto statale. Gli USA non sono l’Europa che è “socialista”. Il capitalismo puro gli ridarà la gloria del passato. In questa fuga dalla realtà, le voci della ragione sono vane. Thomas Friedman, dal New York Times, chiedeva che si capisse che se gli USA non tornano allo sforzo dell’educazione e della ricerca che gli è proprio, non sarà in grado di mantenere il suo posto nel mondo.     

L’Accademia Nazionale ha pubblicato il 23 settembre un rapporto nel quale, parlando del declino statunitense, si chiariva che questo paese era il sesto nella competitività basata sulle innovazioni, ma era 40° nel tasso di modernizzazione dell’ultimo decennio, 11° tra i paesi industrializzati dal numero di diplomati , 16° nell’indice di universitari, 22° nell’accesso alla banda larga, 24° nell’aspettativa di vita, 27° in numero di studenti in scienze o ingegneria, e 48° in qualità matematica ed educazione scientifica. Nella popolazione nera, il livello di salute è solo leggermente superiore a quello del Nicaragua.     

La fuga dell' UE

In Europa, la fuga dalla realtà ha preso la strada della xenofobia e della caccia all’immigrato. Secondo l’ONU, l’Europa ha bisogno di almeno 20 milioni di immigrati per mantenere la competitività internazionale e poter finanziare le pensioni per i cittadini dell’UE.  

Ma, i partiti xenofobi hanno condizionato la politica in paesi simboli della tolleranza e della civiltà, come Olanda e Svezia, e sono al governo in altri paesi così variegati come Italia e Ungheria.   

In Germania un libro scritto da un membro della Banca Centrale, ha venduto un milione di copie. La tesi del libro è che i mussulmani sono inevitabilmente di una cultura inferiore e non possono essere integrati, mentre l’espulsione dei rom in Francia è solo la punta più visibile di misure continue e crescenti contro lo straniero.

Sotto il perverso sguardo delle agenzie di rating, la classe politica ha deciso di tagliare i deficit fiscali, senza alcuna considerazione sociale. Negli USA si preparano tagli che colpiranno tutta la struttura del paese. L’UE l’ha già fatto. Siamo entrati in un’era di lotteria fiscale. Se queste misure porteranno anche ad una ripresa dell’economia la lotteria sarà vinta.  

Ma cosa succede se una riduzione del livello di vita significa minori entrate per lo Stato?
Si continuerà con altre manovre di tagli fiscali? 

In questi giorni gli istituti di statistica della Spagna, Grecia, Irlanda e Lituania, tra gli altri paesi che hanno introdotto tagli importanti, ci segnalano che la crescita economica si è ridotta fortemente. E gli avvoltoi del mondo delle finanze già cominciano a girare intorno: la tassa di collocazione di buoni statali ormai è di sei punti superiore a quelli della Germania.  

Jean Claude Juncker, primo ministro e ministro del Tesoro di Lussemburgo, ha detto qualcosa di molto rivelatore: “Sappiamo tutto quello che dobbiamo fare, ma se lo facciamo perdiamo le prossime elezioni".  

Quello che bisognerebbe fare è eliminare la speculazione, affinchè i paesi riescano gradualmente a portare i cittadini verso un’economia più giusta, che riduca i consumi e lo stile di vita. Su questo, non c'è una sola voce.

Neanche la minaccia di un pianeta anche- ecologicamente malato ha ottenuto un consenso per l’azione. Su questo, Obama ha dichiarato: “non sarà il prossimo anno, e neanche quello seguente, in cui si potrà parlare di un trattato del controllo climatico”. 

Come ha dichiarato Bush padre, quando lanciò la prima guerra nel Golfo: “lo stile di vita americano non è negoziabile”. Bene, prendiamo un aspetto di questo stile di vita: i carceri nel 1973 avevano meno di 400.000 prigionieri. Nel 2000 avevano raggiunto i due milioni e quest’anno si è arrivati a 2.5 milioni di detenuti. Il costo della giustizia penale è passata da 33.000 milioni di dollari a 216.000 nel 2010: un aumento del 660%. La giustizia penale è oggi il terzo più grande datore di lavoro negli Stati Uniti. Ogni stupro costa 448.532 dollari, ogni omicidio 333.7333, ogni furto 41.228 dollari. Solo i 18.000 omicidi registrati nel 2007 costeranno allo Stato 300.000 milioni di dollari.

Indira Gandhi diceva che un ottimista è un pessimista senza tutti i dati. Con questi dati, non è il momento di cominciare a discutere di come ridurre il deficit sociale, aprendo un dibattito su una società più giusta, con consumi equilibrati, invece di cavalcare le angosce dei cittadini, dire la verità: non possiamo continuare come prima?

L’Occidente non può più pagare i suoi deficit grazie allo sfruttamento delle altre regioni del mondo. Questo ha funzionato per 5 secoli. Ma non funzionerà più. 

Roberto Savio è giornalista, fondatore e presidente Emerito di IPS.


Traduzione per Voci Dalla Strada a cura di VANESA

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