giovedì 20 maggio 2010

CENSIS/COLDIRETTI: È L’ERA DEL POLITEISMO ALIMENTARE, 4 ITALIANI SU 10 «FRUSTRATI» A TAVOLA.


Vorrei mangiare più sano, ma non ci riesco”: è questa l’affermazione che descrive meglio il rapporto con il cibo di quasi il 37% degli italiani (quota che sale al 40,5% tra i 30-44enni, ad oltre il 40% tra le donne e sopra il 43% tra le casalinghe).

È quanto emerge dal Primo Rapporto Censis/Coldiretti sulle abitudini alimentari degli italiani, dal quale si evidenzia che i «frustrati» a tavola sono in numero superiore al 33% di italiani che invece dichiarano di seguire una dieta sana perché l’alimentazione è tra i fattori importanti per la salute. E sono soprattutto gli anziani (40,3%) e i laureati (37,6%) a praticare questa tendenza salutista. Informarsi sul cibo per gli italiani, infatti, è sempre più importante: quasi il 62% degli intervistati si dichiara molto informato sui valori nutrizionali, le calorie e i grassi riguardanti i vari alimenti. Il 34% degli intervistati ritiene, poi, che la propria alimentazione dipenda in via prioritaria da scelte soggettive (che hanno bisogno di tante informazioni per essere adeguate), per il 30,4% dalla tradizione familiare, e per poco meno del 19% da quello che ci si può permettere, tenuto conto del reddito e dei prezzi. Quanto alle principali fonti di informazione sugli alimenti, oltre alla televisione è il web (51,1%) la fonte primaria; seguono i quotidiani, i settimanali e i periodici (34%), poi i familiari e gli amici (25,5%), mentre il 25,6% ricorre invece ai negozianti e al personale del punto vendita. Come per la salute, anche per il cibo il web è un formidabile moltiplicatore di offerta informativa e di comunicazione, perché la sua logica orizzontale facilita la ricerca individualizzata relativa agli aspetti che interessano singolarmente. «Emerge una importante segmentazione dei comportamenti, con un terzo degli italiani che riconosce il valore dell’alimentazione e si comporta di conseguenza, un terzo che per stili di vita, tentazioni e stress pur consapevole non riesce a comportarsi correttamente, e un terzo che non è attento alla tavola per mancanza di conoscenza» - ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini, sottolineando che «su quest’ultimo segmento occorre responsabilmente lavorare in un Paese come l’Italia che non può più permettersi di dare per scontata la qualità del cibo portato in tavola come avveniva in passato, quando gli effetti della globalizzazione non erano così rilevanti». «La Coldiretti – ha precisato Marini – è impegnata nelle scuole, nelle piazze e nei mercati con il progetto Educazione alla campagna per far conoscere i principi della sana alimentazione. In Italia ben quattro italiani su dieci (43%) risultano sovrappeso o addirittura obesi (11%), con una netta prevalenza degli uomini rispetto alle donne. Le malattie collegate direttamente all’obesità sono responsabili di ben il 7% dei costi sanitari dell’Unione europea, poiché l’aumento di peso è un importante fattore di rischio per molte malattie come i problemi cardiocircolatori, il diabete, l’ipertensione, l’infarto e certi tipi di cancro. Sulla base dei dati della Commissione europea, le spese socio-sanitarie correlate all’obesità in Italia sono stimate in circa 23 miliardi di euro annui, per più del 60% dovute all’incremento della spesa farmaceutica e ai ricoveri ospedalieri».

È l’era del politeismo alimentare.

È l’era del politeismo alimentare, che spinge le persone a mangiare di tutto, senza tabù, generando combinazioni soggettive di alimenti e anche di luoghi ove acquistarli, neutralizzando ogni ortodossia alimentare. È quanto emerge dal Primo Rapporto Censis/Coldiretti sulle abitudini alimentari degli italiani, dal quale si evidenzia che a prevalere è un politeismo fatto di combinazioni soggettive di luoghi di acquisto dei prodotti e relative diete alimentari, e la crisi recente ha rinforzato questa dinamica dei comportamenti sociali. Il rapporto con il cibo è una dimensione sempre più soggettiva, espressione dell’io che decide e che, a partire dalle proprie preferenze, abitudini, prassi e aspettative, nonché dalle risorse di cui dispone, definisce il contenuto del carrello e della tavola. Non esiste il Mcmondo che come un Grande Fratello indirizza i carrelli della spesa, esistono consumatori che, con una miscela originale di motivazioni e obiettivi, definiscono una propria specifica combinazione di alimenti e luoghi di acquisto, tanto da poter dire che il modello alimentare prevalente è in realtà un patchwork di opzioni che spesso, in linea di principio, possono anche apparire contraddittorie. Ad esempio: tra le persone che dichiarano di acquistare regolarmente prodotti Dop e Igp - comportamento che denota grande attenzione alla qualità - una quota non lontana da un terzo acquista regolarmente anche cibi precotti, addirittura più di due terzi acquistano regolarmente scatolame, e oltre tre quarti surgelati; tra coloro che acquistano regolarmente prodotti dell’agricoltura biologica, circa tre quarti acquistano anche surgelati, circa due terzi anche scatolame, e una percentuale simile prodotti con marchio del distributore; tra gli acquirenti regolari di prodotti del commercio equo e solidale, una nettissima maggioranza acquista i prodotti a marchio commerciale del distributore, oltre tre quarti acquista prodotti surgelati e oltre due terzi scatolame. Addirittura si recano presso i fast-food: il 27% degli acquirenti abituali di prodotti del commercio equo e solidale, il 26,7% degli acquirenti abituali di frutta e verdura da agricoltura biologica, il 22,6% degli acquirenti di prodotti Dop e Igp, e il 21,6% di coloro che acquistano direttamente dal produttore. «Il politeismo alimentare è il prezzo che paghiamo agli effetti della globalizzazione» - ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini, sottolineando che «emergono però tre linee di tendenza chiare, come la ricerca della combinazione ottimale tra qualità, sicurezza e prezzo, la percezione della responsabilità sociale e ambientale che comporta ogni atto di acquisto, e il rapporto tra il cibo e il territorio con il riconoscimento del valore dell’identità territoriale delle produzioni». Per soddisfare questi nuovi bisogni, la Coldiretti sta promuovendo un progetto per una filiera agricola tutta italiana attraverso la rete di consorzi agrari, cooperative, farmer market, agriturismi e imprese agricole, per offrire prodotti alimentari del territorio firmati dagli agricoltori che garantiscono la sostenibilità ambientale e sociale e la qualità al giusto prezzo.

Lo spuntino è un must per 2 italiani su 3.

Due italiani su tre non rinunciano allo spuntino, che si fa spazio tra il pranzo e la cena nelle abitudini degli italiani. È quanto emerge dal Primo Rapporto Censis/Coldiretti sulle abitudini alimentari degli italiani, dal quale sono si evidenzia che il 62,3% degli italiani lo fa alla mattina, il 63,8% il pomeriggio e il 52,2% sia alla mattina che al pomeriggio. A fare lo spuntino sono soprattutto le donne, i più giovani, i single e i residenti al Sud. Frutta, yogurt, cracker e, al mattino, anche cornetto, brioche e merendine sono gli alimenti che compongono in prevalenza gli spuntini. Con l’affermarsi dello spuntino tendono ad assomigliarsi il pranzo e la cena, con la pasta come unica differenza evidente, molto più presente sulle tavole degli italiani a pranzo. Posto pari a 7 per ogni settimana il numero di pranzi, la frutta, il pane e la verdura sono presenti 5 volte, la pasta 4,6 volte su 7, la carne 3 volte, mentre il dolce è sulla tavola per 2 pranzi a settimana, come il riso e il pesce. Tra le bevande, invece, il vino è presente in poco meno di 3 pranzi settimanali, le bevande gassate meno di 2 volte, la birra poco più di una volta alla settimana. Le cene hanno caratteristiche non molto diverse dai pranzi, perché per 5 volte alla settimana gli italiani dichiarano di mettere in tavola la verdura, la frutta e il pane; meno presenti sono la carne (2,8 volte su 7), la pasta (2,5), il pesce (meno di 2 volte), il dolce (anche questo meno di 2 volte) e il riso (1,6 volte). Vino, bevande gassate e birra sono presenti con la stessa intensità che a pranzo. Le differenze si assottigliano anche tra i giorni lavorativi e quelli festivi, durante i quali le uniche trasgressioni che gli italiani si concedono riguardano il vino e il dolce, presenti con maggiore frequenza.

Per 2,1 milioni di italiani pasta a pranzo e a cena 7 giorni su 7.

Sono circa 2,1 milioni gli italiani che dichiarano di mangiare sempre, a pranzo e a cena, sette giorni su sette, dal lunedì alla domenica, la pasta. Sono oltre 17 milioni gli italiani che vanno pazzi per il pane, 14,7 milioni quelli che mangiano sempre la verdura, 20,3 milioni gli italiani che mangiano sempre frutta fresca, 500 mila la carne e 820 mila il dolce. È quanto emerge dal Primo Rapporto Censis/Coldiretti sulle abitudini alimentari degli italiani, dal quale sono individuabili i «folli» dei vari alimenti, cioè coloro che dichiarano di mangiarli sempre a pranzo e/o a cena. Ci sono poi gli italiani che non mettono mai in tavola certi alimenti, così come alcuni che tendono a non prenderli in considerazione per il pranzo, oppure per la cena. Attualmente 430 mila italiani dichiarano di non mangiare mai, né a pranzo né a cena, né durante i giorni feriali né tantomeno nei week-end, la pasta; 930 mila non mangiano mai il pane, quasi 1,8 milioni non hanno rapporti con il riso, quasi 1,2 milioni non mangiano mai la carne, oltre 3,1 milioni dichiarano di non mettere mai in tavola il pesce, 370 mila non mangiano mai la verdura, infine più di 1 milione di italiani non mangiano mai la frutta. Il dolce non è mai presente nel piatto di 6,7 milioni di italiani. Riguardo alle bevande, 13,5 milioni non bevono mai a pranzo o a cena il vino, 19,2 milioni non bevono la birra e 19,3 milioni non bevono mai le bevande gassate.

Per il 25% degli italiani più frutta se costasse meno.

Circa un quarto degli italiani mangerebbe più frutta se costasse un po’ meno, e circa un quinto farebbe la stessa cosa con la verdura e gli ortaggi. È quanto emerge dal Primo Rapporto Censis/Coldiretti sulle abitudini alimentari degli italiani, dal quale si evidenzia come rispetto al dualismo tra grande distribuzione e negozi tradizionali, giocato sul prezzo e sul servizio incorporato nei beni, spicca la crescita degli acquisti diretti dal produttore, inclusi i mercati del contadino, che vengono percepiti come una soluzione che risponde ad alcune esigenze forti: il prezzo conveniente, la genuinità e la sicurezza del prodotto. Nel 2009 due italiani su tre (67%) hanno acquistato almeno una volta direttamente dal produttore agricolo (in azienda o nei farmer market), la forma di distribuzione commerciale che ha registrato la maggiore crescita nell’anno battendo nell’alimentare negozi e ipermercati, grazie a un incremento dell’11% del valore delle vendite, per un totale stimato in 3 miliardi di euro. «Si tratta - ha affermato la Coldiretti – di un fenomeno che concilia la necessità di risparmiare con quella di garantirsi la sicurezza del cibo».

L’80% degli italiani mangia fuori per trasgredire: ai pasti fuori casa va circa un terzo della spesa alimentare complessiva. Oltre l’80% degli italiani mangia almeno una volta alla settimana fuori casa, presso un esercizio pubblico, e a farlo in misura maggiore sono i giovani (93%) e i residenti al Nord-Est (88,3%). È quanto emerge dal Primo Rapporto Censis/Coldiretti sulle abitudini alimentari degli italiani, dal quale si evidenzia che tra le motivazioni della scelta di mangiare fuori casa, oltre a quelle ormai classiche (le esigenze lavorative e quelle ludiche, di convivialità), spicca una nuova ragione, piuttosto originale: la scelta di mangiare fuori diventa l’occasione per l’esercizio di una libertà rispetto ai canoni salutisti che ormai incombono come riferimenti centrali nel determinare la dieta delle persone. Infatti, nella scelta di cosa mangiare quando si pranza o si cena al ristorante o in un altro locale pubblico, la considerazione dei valori nutrizionali pesa in misura nettamente minore rispetto a quando si mangia in casa (il 29,7% in casa, il 14,9% fuori casa). «La spesa fuori casa rappresenta oggi - ha concluso la Coldiretti - un terzo della spesa alimentare complessiva degli italiani, con gli acquisti di alimentari e bevande che ammontano complessivamente a 215 miliardi di euro all’anno, dei quali 144 miliardi a casa e 71 miliardi per mangiare fuori».

La spesa è ancora donna.
È oltre il 61% delle donne a prendere le decisioni relativamente alla spesa, un dato che rimette al centro una verità troppo spesso rimossa: nell’organizzazione della vita familiare, la spesa è in capo alle donne. È quanto emerge dal Primo Rapporto Censis/Coldiretti sulle abitudini alimentari degli italiani, dal quale si evidenzia che per la maggioranza degli italiani la spesa ha frequenza settimanale (60,7%); quasi il 27% delle famiglie, però, effettua acquisti giornalieri e il 10% circa una volta al mese. La frequenza quotidiana della spesa alimentare familiare riguarda nel Nord-Ovest il 17,4% della popolazione, nel Nord-Est il 22,8%, al Centro il 29,6% e al Sud quasi il 35%. La frequenza settimanale riguarda invece quote progressivamente decrescenti di famiglie dal Nord al Sud. Il 74,6% degli intervistati dichiara che tra gli aspetti che influenzano la scelta dei prodotti alimentari prevale la provenienza dal proprio territorio, aspetto che presumibilmente viene visto come una garanzia rispetto alla qualità e alla sicurezza. Questa convinzione è più forte tra i residenti al Sud (78,8%). «Oggi - secondo la Coldiretti - solo carne bovina, ortofrutta fresca, uova, miele, latte fresco, pollo, passata di pomodoro ed extravergine di oliva hanno l’obbligo di indicare l’origine, ma ancora molto resta da fare e l’etichetta resta anonima per circa il 50% della spesa, dai formaggi ai salumi, dalla pasta ai succhi di frutta. Colmare questo ritardo è una grande responsabilità nell’interesse degli imprenditori agricoli, ma soprattutto dei consumatori e della trasparenza e competitività dell’intero sistema Paese».

Dal dopoguerra ad oggi gli italiani hanno modificato profondamente la propria dieta come dimostra l’aumento del 300 per cento dei consumi di carne che si è verificato negli ultimi 60 anni. E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che ad aumentare in modo formidabile è stato anche il consumo di frutta e verdura mentre è diminuito quello di pane, pasta e vino che si è ridotto di oltre un terzo. Il cambiamento - sottolinea la Coldiretti - ha riguardato anche gli aspetti qualitativi dell’alimentazione come il passaggio dalla pasta fatta a mano a quella industriale, la crescita della carne bovina rispetto a quella di pollo, l’arrivo di nuove varietà di frutta come il kiwi negli anni ’80, l’affermarsi dell’extravergine di oliva nei confronti del lardo e strutto presenti a nord dal dopoguerra e del successivo boom della margarina. Negli ultimi 60 anni sono aumentate - continua la Coldiretti - del 56 per cento le chilocalorie portate in tavola mediamente ogni giorno dagli italiani. Profondi cambiamenti si sono verificati - precisa la Coldrietti - anche dal punto di vista economico con una progressiva riduzione dell’incidenza della spesa alimentare sui consumi totali degli italiani che è passata dal 45 per cento del 1950 al 15 per cento del primo decennio del ventesimo secolo. In questo ultimo periodo secondo il rapporto Censis/Coldiretti cresce l’attenzione alla qualità, alla sicurezza e all’impatto eco sociale. Una tendenza alla quale è in grado di rispondere l’agricoltura italiana che dal dopoguerra è diventata leader a livello internazionale con primati sul piano qualitativo, ambientale e sanitario. L'agroalimentare Made in Italy ha conquistato nel 2009 la leadership nei prodotti tipici in Europa con 202 riconoscimenti, il maggior numero di imprese biologiche e il primo posto nella sanità e nella sicurezza alimentare, con un record del 99 per cento di campioni con residui chimici al di sotto dei limiti di legge. Il modello agricolo italiano è vincente nel mondo dove ha conquistato primati nella qualità, tipicità e nella salubrità delle produzioni, ma anche - conclude la Coldiretti - nel valore aggiunto per ettaro di terreno, ovvero la ricchezza netta prodotta per unità di superficie dall'agricoltura italiana, che è oltre il triplo di quella Usa, doppia di quella inglese, e superiore del 70 per cento di quelle di Francia e Spagna.

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