mercoledì 17 febbraio 2010

Afghanistan: civili a rischio durante l'offensiva militare contro i talebani


Dall'inizio dell'operazione Moshtarak, il 13 febbraio, ci sono state almeno 15 vittime tra i civili. Le forze della Nato, quelle afgane e gruppi talebani hanno l'obbligo di prendere tutte le possibili precauzioni per proteggere i civili.

Amnesty International ha chiesto sia alle forze Nato e a quelle afgane che ai gruppi talebani di proteggere i civili durante la vasta offensiva militare nella provincia meridionale di Helmand.

Circa 10.000 civili sono fuggiti dalle zone di conflitto, ma migliaia sono stati invece intrappolati nei combattimenti. Nell'ultimo anno le vittime civili sono state oltre 2400, il numero più alto dal 2001. Con molta probabilità, nel 2010 si assisterà ad azioni militari ancora più pesanti.

Secondo quanto riferito da alcuni sfollati, i talebani hanno tentato di impedire ai civili di lasciare l'area del conflitto e, in alcuni casi, hanno aperto il fuoco proteggendosi dietro di loro.

Nel corso del 2009, secondo le stime dell'Onu, i talebani e altri gruppi antigovernativi si sono resi responsabili dei due terzi dei feriti e delle perdite civili. Nelle loro operazioni, mettono consapevolmente a rischio i civili e questo può costituire un crimine di guerra; secondo il diritto internazionale, i gruppi di insorti devono prendere ogni possibile precauzione per proteggere le vite dei civili. I talebani invocano le leggi di guerra solo quando queste convengono ai loro scopi. Non può essere ammesso il mancato rispetto di queste norme e chi le viola deve rendere conto delle loro azioni.

Anche le forze Nato e quelle afgane devono rispettare l'obbligo di proteggere la popolazione civile. Da quando è iniziata l'operazione Moshtarak (Comando congiunto), il 13 febbraio, le operazioni della Nato hanno già causato la morte di almeno 15 persone nella regione di Marjah e nei dintorni. Dodici di esse, compresi sei bambini, sono morte dopo che due missili hanno colpito un'abitazione situata sulle alture della città di Marja, domenica 14 febbraio. La Nato ha dichiarato che l'accaduto è stato determinato da un missile difettoso.

Gli Usa e la Nato si sono impegnati a rendere il minimo possibile le vittime tra i civili. Ma le forze internazionali e afgane ancora non hanno introdotto un sistema coerente, chiaro e credibile per indagare sulla morte di civili, chiamare a rispondere i responsabili e assicurare che questi episodi non si verifichino più. Questa necessità è ancora più impellente dal momento che altri 30.000 militari stranieri sono stati dispiegati in Afghanistan, apparentemente in vista di una più aggressiva strategia militare.

Amnesty International chiede a tutte le parti coinvolte nel conflitto di assicurare l'assistenza umanitaria ai civili che ne necessitano.

L'operazione Moshtarak, che ha come obiettivo i distretti di Marjah e Nad Ali, nella provincia di Helmand, ha causato la fuga di migliaia di persone da Lashkar Gah, principale città della provincia, così come dalle città di Kandahar ed Herat.

Dall'inizio dell'offensiva militare, secondo il Dipartimento afgano per i rifugiati e rimpatriati, si sono registrati oltre 6000 sfollati dai centri di Marja e Nad Ali. Altre migliaia, tuttavia non sono state ancora registrate perché hanno scelto di stare con la famiglia o presso amici o perché sono esclusi o fuori dalla portata degli aiuti umanitari.

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