giovedì 31 dicembre 2009

Dino Brancia saluta il 2009 e augura un buon 2010


Dino Brancia saluta l'anno che si chiude e augura a tutti un 2010 pieno di soddisfazioni, serenità e pace.


Ferrovie: Trenitalia si nasconde dietro al regolamento europeo per peggiorare le condizioni dei passeggeri.

Ogni scusa è buona per Trenitalia per aumentare i prezzi dei biglietti (e peggiorare il servizio offerto). Nel trasporto regionale hanno preteso (e ottenuto) un aumento dei compensi dalle Regioni per firmare i Contratti di Servizio, “giustificati” anche a causa degli aumenti dei tempi di percorrenza (determinati dalla riduzione di velocità). Nella media e lunga percorrenza hanno preteso (e ottenuto) aumenti (fino al 15%) per i motivi opposti.

In compenso dieci/venti centimetri di neve a Milano e Bologna hanno reso drammatico il trasporto ferroviario in tutta Italia. E questo è stato possibile perché nella costruzione della nuovissima e costosissima linea ad Alta Velocità si sono dimenticati di inserire le scaldiglie presso gli scambi: bloccati i quali a causa del ghiaccio, si è bloccato tutto il traffico nazionale.

Per quanto riguarda i diritti dei viaggiatori, occorre evidenziare che Il 13.12.09 è entrato in vigore il Regolamento (CE) n°1371/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri del trasporto ferroviario.

Questo Regolamento doveva servire per aumentare le tutele per i viaggiatori delle ferrovie, anche italiane. Ma Trenitalia non solo non le ha aumentate, ma è riuscita a ridurle :

Nel caso di guasto all’impianto di climatizzazione è stato eliminato il diritto al bonus pari al 50% del prezzo del biglietto Eurostar (30% per gli Intercity ).
La prossima estate perciò i clienti delle ferrovie italiane viaggeranno spesso senza climatizzazione, e anche senza il bonus risarcitorio;

Sono stati aumentati i tempi dei ritardi che danno diritto al bonus. Prima dell’entrata in vigore del Regolamento era sufficiente un ritardo di 26’ per gli Eurostar per ottenere un bonus del 50% del prezzo del biglietto; mentre ne occorrevano 31 di minuti per un bonus del 30% per Eurostar city e Intercity. Adesso ne occorrono 60 di minuti per ottenere un rimborso del 25%, e 120‘ per un rimborso del 50%.

Ma l’aspetto più grave dell’interpretazione del Regolamento da parte di Trenitalia riguarda il caso della mancata coincidenza. Mentre il Regolamento afferma in modo esplicito che il risarcimento compete anche ai clienti che arrivano alla destinazione finale con ritardo causato da mancata coincidenza, Trenitalia fa finta di non capire e non ottempera a queste disposizioni. Secondo Trenitalia il cittadino potrebbe arrivare alla destinazione finale con tre ore di ritardo, senza aver diritto ad alcun rimborso.

Naturalmente Trenitalia ha “giustificato” la riduzione dei diritti del viaggiatore prendendo a pretesto l’attivazione del Regolamento Europeo: la verità è che al punto 2 dell’art. 6 del Capo II del Regolamento, sta scritto che “ le imprese ferroviarie possono offrire al passeggero condizioni contrattuali più favorevoli alle condizioni fissate dal Regolamento”.
E ci sono nazioni come la Spagna che consentono ancora il diritto al bonus quando il treno arriva a destinazione con soli 15’ di ritardo; ma Trenitalia doveva peggiorare le condizioni dei viaggiatori italiani, e lo ha fatto nascondendosi dietro il Regolamento.

Ma questa volta non sarà possibile a Trenitalia ignorare i diritti dei cittadini. Il Regolamento europeo è estremamente preciso nel campo delle mancate coincidenze, e i diritti non possono essere cancellati da interpretazioni senza senso da parte della Dirigenza ferroviaria.

Federconsumatori chiede che si apra un tavolo di confronto sul regolamento affinché venga data un’applicazione corretta del regolamento che aumenti le tutele e non penalizzi i passeggeri.
Qualora ciò non avvenisse, la Federconsumatori assumerà tutte le iniziative utili, anche di carattere legale, per obbligare Trenitalia a rispettare i diritti dei viaggiatori.

martedì 29 dicembre 2009

Cina Amnesty esecuzione britannico "ingiusta e inumana"


Amnesty International ha condannato l'esecuzione del cittadino britannico Akmal Shaikh, avvenuta questa notte in Cina. L'organizzazione per i diritti umani ha chiesto alle autorità cinesi di introdurre trasparenza e rispetto dei diritti umani nel sistema giudiziario del paese.

"L'esecuzione di Akmal Shaikh mette in evidenza l'ingiustizia e l'iniquità della pena capitale, specialmente nel modo in cui viene applicata in Cina", ha dichiarato Sam Zarifi, direttore del Programma Asia di Amnesty International.

"Sebbene molte informazioni relative alla pena di morte siano considerate un segreto di stato, il trattamento riservato ad Akmal Shaikh sembra essere stato lo stesso subito da altri condannati: un processo breve e frettoloso, senza che tutte le prove siano state esaminate e presentate, terminato con una condanna a morte per un reato di natura non violenta".

"In base al diritto internazionale e alla stessa legge cinese, le condizioni di salute mentale di un imputato possono e devono essere prese in considerazione, cosa che non pare sia avvenuta nel caso di Akmal Shaikh", ha proseguito Zarifi.

"La Gran Bretagna, l'Unione europea e il resto del mondo devono continuare a fare pressioni sulla Cina per ottenere trasparenza e affinché sia garantito un giusto processo a tutti gli imputati, specialmente a quelli che devono rispondere di reati punibili con la pena di morte".

Amnesty International proseguirà la propria campagna per porre fine della pena di morte in Cina.

Banche: adusbef e federconsumatori avvieranno class action.

Nuove commissioni bancarie saccheggiano i consumatori, ma è inutile segnalare a bankitalia, che condivide scippo con destrezza! adusbef e federconsumatori avvieranno class action contro banche.

Dall’abolizione del pizzo della commissione di massimo scoperto, non sono arrivati i tanto sospirati risparmi per i consumatori, ma al contrario le nuove condizioni economiche previste dalle banche si presentano sempre peggiorative in termini di esborso economico rispetto alla commissione di massimo scoperto e alle altre voci di costo previste in precedenza, ha affermato oggi l’Antitrust nella sua segnalazione a Governo e Parlamento.

Ma è inutile inviare le segnalazioni a Bankitalia, che oltre a condividere lo scippo con destrezza a danno dei consumatori e di milioni di PMI , ha addirittura sancito la commissione di massimo scoperto nella circolare pubblicata sul suo sito in data 12.8.2009.

Nelle nuove istruzioni sulla rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali (TEG) medi utilizzati per la individuazione dei tassi soglia ai fini della normativa antiusura, la Banca d’Italia considera oltre alle polizze assicurative anche le “commissioni di massimo scoperto e quelle per la messa a disposizione dei fondi”,ossia commissioni mascherate per scippare gli utenti, legalizzando così lo scippo con destrezza a danno dei cittadini.

Adusbef e Federconsumatori,che da tempo hanno sollevato una situazione di diffusa illegalità nel sistema bancario praticato dalle banche con il concorso del controllore,ossia quella Banca d’Italia che invece di vigilare sulle banche, ne legalizza, come nel caso di secie, i comportamenti fraudolenti, sono grati all’Antitrust per il lavoro svolto a tutela dei consumatori.

Anche perché questa corposa segnalazione a Governo e Parlamento da parte dell’Antitrust,che certifica per chi va in “rosso” sul conto, costi in realtà aumentati fino a picchi di 15 volte rispetto alla vecchia commissione di massimo scoperto, in particolare per la clientela minuta che non usufruisce del famigerato “tasso Fiat” con analoghe condizioni di favore, un documento fondamentale, a riprova delle decine di denunce di Adusbef e Federconsumatori, per una class action che sarà avviata al più presto contro i signori banchieri allergici a regole e leggi che si sentono i nuovi padroni del vapore.

Se per lo scoperto di contoafferma l’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato nella segnalazione- è emerso che, considerando importi e durate del ’rosso’ rappresentativi di un comportamento medio dei correntisti privi di fido, le nuove condizioni economiche si presentano in cinque casi peggiorative, in una misura che varia da circa il doppio sino a quindici volte. In un sesto caso le condizioni sono risultate equivalenti a quelle vigenti con il precedente regime normativo, mentre solo in un caso sono più vantaggiose, vuol dire che i banchieri saranno chiamati a rispondere dei loro comportamenti fraudolenti in Tribunale, ad una poderosa class action, i cui tempi e le cui modalità verranno tempestivamente comunicate.

Non deve essere più consentito –dichiarano Lannutti e Trefiletti- ai signori banchieri che hanno generato la più grave crisi economica e la falcidia di milioni di posti di lavoro con i prodotti tossici piazzati sui mercati globalizzati, solo per pagare le loro laute prebende e le abbondanti stock option,di continuare impunemente a frodare il pubblico dei consumatori.

Rifugiati: UNHCR chiede di poter raggiungere i lao Hmong Deportati.


L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha formalmente preso contatto oggi con il governo della Repubblica Popolare Democratica del Laos per cercare di raggiungere i Lao Hmong deportati lunedì dalla Tailandia.

Fra le persone rinviate in patria ci sono individui riconosciuti dall’UNHCR come bisognosi di protezione internazionale.

L’UNHCR chiede inoltre al governo tailandese di fornire dettagli sulle rassicurazioni ricevute dal governo della Repubblica Popolare Democratica del Laos nel quadro di un accordo bilaterale fra i due governi riguardante il trattamento dei Lao Hmong rimpatriati.

L’UNHCR ha chiesto di essere informato sulle azioni intraprese dal governo della Tailandia per assicurare che gli impegni presi nell’ambito dell’accordo quadro vengano effettivamente rispettati.

La Tailandia ha una lunga tradizione di asilo. Ciò nonostante, lunedì scorso ha deportato 4000 Lao Hmong da due campi, uno nella provincia settentrionale di Petchabun e l’altro a Nong Khai, nel nord-est del paese.

L’UNHCR non ha mai potuto raggiungere gli ospiti del primo campo mentre quelli del secondo erano stati tutti riconosciuti rifugiati. L’UNHCR non è formalmente presente in Laos.

Famiglia Cristiana Laura Boldrini (Unhcr) italiana dell'anno.


Il settimanale Famiglia Cristiana ha conferito a Laura Boldrini, portavoce in Italia dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) il riconoscimento speciale di "Italiano dell'anno" per "il costante impegno, svolto con umanità ed equilibrio, a favore di migranti, rifugiati e richiedenti asilo. E, soprattutto, la dignità e la fermezza mostrate nel condannare, l’estate dello scorso anno, i respingimenti degli immigrati nel Mediterraneo. Resistendo anche agli attacchi di chi voleva delegittimarla, definendola estremista .

E assieme a lei, liquidare l’Unhcr, uno degli organismi dell’Onu più rispettato nel mondo civile, con oltre seimila impiegati, 50 milioni di rifugiati assistiti, 278 uffici in 111 Paesi, e due Nobel per la pace (nel 1954 e nel 1981)."

"Il 2009 è stato un anno difficile - ha dichiarato Laura Boldrini - l'anno dei respingimenti, che hanno messo in discussione la fruibilità del diritto d'asilo in Italia e per questo un tale riconoscimento acquista un significato più rilevante". Sono onorata - ha proseguito la Boldrini - del riconoscimento che simbolicamente è andato a me, ma che è rivolto a tutti i colleghi e a coloro che lavorano per la difesa dei diritti dei rifugiati, per promuovere la conoscenza reciproca e la convivenza civile, in un momento in cui molti si adoperano ad alimentare la paura e l'ostilità nei confronti dei migranti".

La scelta di Famiglia Cristiana è stata accolta con favore da numerosi esponenti di organizzazioni e associazioni che si occupano di immigrazione. "Laura Boldrini ha sempre dimostrato grande sensibilità, attenzione ed equilibrio nello svolgere il suo ruolo a tutela dei diritti dei migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo", ha dichiarato don Ciotti, presidente del Gruppo Abele e di Libera. "Si è spesa e continua a spendersi in contesti difficili con un'umanità che va al di là del ruolo istituzionale - ha proseguito don Ciotti - mantenendo fermo il richiamo al rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali che tutelano chi fugge dalla fame, dalla povertà, dalla guerra".

La designazione di Famiglia Cristiana, secondo il mons. Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco "mette insieme tre volti: quello degli immigrati e dei richiedenti asilo; quello dell'Onu; infine quello di chi si impegna quotidianamente per far emergere temi drammatici all'attenzione dell'opinione pubblica".

"Difendere i diritti degli stranieri in un Paese sempre più a rischio xenofobia e razzismo richiede insieme coraggio ed equilibrio, doti che Laura Boldrini possiede appieno - ha dichiarato Andrea Olivero, presidente delle Acli e portavoce del Forum del Terzo Settore - Bisogna, infatti, impegnarsi tanto per rendere concreti ed esigibili i diritti umani, spesso declamati e altrettanto spesso disattesi, anche nella nostra Italia, quanto per far crescere una cultura dell'accoglienza, del rispetto e di solidarietà in tutta la società, a partire dai più giovani."

Anche la Tavola della Pace e la Caritas hanno appoggiato la scelta di famiglia Cristiana. "Un segnale per riaffermare il valore di ogni vita umana, la sua dignità, i suoi diritti inalienabili, ma anche uno sprone per il nostro impegno quotidiano ad essere sempre più collante per una concreta integrazione nei nostri territori." Ha commentato mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana.

Parole di apprezzamento e stima sono giunte anche dal presidente della Regione Calabria Agazio Loiero, il quale ha ricordato come "i migranti e la Calabria hanno avuto modo di apprezzare l'estrema umanità e il totale impegno di Laura Boldrini" e ha ricordato "il suo ruolo attivo nella definizione di quella legge sui rifugiati e i richiedenti asilo di cui la Calabria si è dotata, in seguito alle esperienze di accoglienza di comuni come Riace, Caulonia, Stignano Badolato e altri, laddove insomma la sua presenza e la sua azione sono stati importanti e apprezzate."

lunedì 28 dicembre 2009

Iran: Amnesty International chiede al governo di fermare il bagno di sangue



Amnesty International ha condannato l'ulteriore e del tutto evitabile perdita di vite umane durante le commemorazioni religiose dell'Ashura e ha chiesto alle autorità di garantire a tutte le persone che prenderanno parte, nei prossimi giorni, ad altre commemorazioni e a funerali, il diritto di riunirsi pacificamente e di esprimere la propria opposizione nei confronti del governo.


"La spirale di violenza è in aumento e il ricorso all'uso eccessivo della forza, da parte degli apparati di sicurezza, incontra una resistenza imprevista da parte dei manifestanti" - ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

Le manifestazioni di ieri, domenica 27 dicembre, sono state fronteggiate dai Basiji, paramilitari in borghese agli ordini delle Guardie rivoluzionarie, e dalle unità delle Forze speciali di polizia. I Basiji hanno fatto spesso uso delle armi da fuoco durante le dimostrazioni seguite alle elezioni presidenziali di giugno.

"La perdita di vite umane durante l'Ashura era del tutto evitabile e questo bagno di sangue deve finire immediatamente" - ha aggiunto Sahraoui.

Amnesty International è riuscita a contattare persone che hanno preso parte alle manifestazioni e agli scontri nel centro di Teheran.

"Nonostante gli appelli provenienti da più parti, Amnesty International inclusa, nei giorni precedenti l'Ashura, le autorità non hanno consentito lo svolgimento di commemorazioni pacifiche. La Guida suprema e il governo devono ordinare alla polizia di porre fine all'uso della forza e le Guardie rivoluzionarie devono togliere dalle strade i Basiji, la cui azione e presenza ha chiaramente esasperato gli scontri, provocando perdite di vite umane" - ha sottolineato Sahraoui.

Amnesty International ha nuovamente sollecitato il governo iraniano a invitare nel paese esperti indipendenti, tra cui quelli delle Nazioni Unite, per condurre indagini imparziali sulle violazioni dei diritti umani.

Ieri sera, il direttore ad interim delle Forze per l'applicazione della legge nella Grande Teheran, Ahmad Reza Radan, aveva ammesso la morte di quattro persone e comunicato l'arresto di 300 dimostranti. L'agenzia Jaras aveva poi fatto i nomi di cinque persone uccise. Oggi la tv di stato ha affermato che i manifestanti uccisi sono stati 15.

Secondo le ultime notizie provenienti dall'Iran numerose personalità di spicco sono state arrestate nelle ultime ore: tra queste figurano il leader politico Ebrahim Yazdi, tre consulenti del candidato dell'opposizione Mir Hossein Moussavi, l'Ayatollah Mousavi Tabrizi e l'attivista per i diritti umani Emadeddin Baghi.

Un giornalista siriano, corrispondente di una tv di Dubai, risulta scomparso da ieri.

domenica 27 dicembre 2009

Crisi. 596 euro la stangata del 2010 per le famiglie.

Non è vero che la legge Finanziaria appena approvata, non abbia aumentato le tasse esistenti ed introdotto nuove tasse,come hanno affermato il ministro Tremonti ed il Premier Berlusconi nel rivendicare il fatto di non aver messo le mani nelle tasche dei cittadini,come titolo di merito del governo,perché ci sono circa 120 euro di nuovi balzelli che graveranno sulle spalle di ogni famiglia.

Il comma 200 della finanziaria autorizza infatti, istituisce a decorrere dal 1 gennaio 2010, anticipazioni tariffarie di 3 euro a passeggero su ogni singolo biglietto aereo a favore dei gestori aeroportuali, che invece di tirare fuori mezzi propri per finanziarsi, lo fanno a spese dei viaggiatori configurando una vera e propria stangata tariffaria pari ad almeno 65 euro l’anno a carico dei viaggiatori, tanto per far uscire il settore dei trasporti dalla gravissima crisi.

Il comma 215 sulle spese di giustizia, introduce il contributo unificato pari a 103,3 euro a carico dei lavoratori licenziati che fanno ricorso in Cassazione,con la beffa della compensazione delle spese legali; mentre il comma 6-bis della stessa legge finanziaria,istituisce un ulteriore balzello, pari ad un contributo minimo di 38 euro a carico di quei cittadini che osano fare ricorso contro gli agguati degli autovelox, che i Comuni installano perché sono alla canna del gas e in tal modo recuperano risorse in bilancio.

Per impugnare una multa di circa 45 euro davanti al Giudice di Pace, occorre spenderne circa 55 tra i costi di 3 raccomandate bolli e contributo unificato non previsti in precedenza, configurando lesione accesso giustizia dei cittadini che hanno subito torti ed angherie.

A questa ministangata governativa, “dichiarano Elio Lannutti e Rosario Trefiletti” bisogna aggiungere 30 euro di gas, 130 di RCA, 18 euro per i servizi idrici; 35 euro di Tarsu; 30 di rincari dei servizi bancari; 80 euro per le rate dei mutui visto che le banche, prevaricando i contratti,stanno aumentando lo spread quasi raddoppiato, 65 euro per gli aumenti dei biglietti dei treni, 90 euro per i costi dei carburanti (su base annua).

Rincari dal 1.gennaio.2010 (stime osservatori Adusbef - Federconsumatori)
RC AUTO (AUMENTO MEDIO 15 %) 130 EURO
TARIFFE AEROPORTUALI (3 EURO OGNI BIGLIETTO) 65 EURO
RICORSO MULTA GIUDICE PACE 55 EURO
TARIFFE GAS 28 EURO
SERVIZI IDRICI 18 EURO
TRENI 65 EURO
TARSU (TARIFFE RIFIUTI SOLIDI URBANI) 35 EURO
SERVIZI BANCARI 30 EURO
RATE MUTUI 80 EURO
CARBURANTI (BENZINA E GASOLIO) 90 EURO
TOTALE AUMENTI 596 EURO

Adusbef e Federconsumatori,anche se ispirate dal pessimismo della ragione, auspicano nel 2010 l’uscita dal tunnel della crisi e l’inizio della ripresa economica,ma ritengono controproducente e sbagliato ammantare i problemi reali soltanto con l’ottimismo di facciata da parte di un Governo che ha fatto poco o nulla per aiutare le famiglie italiane ad uscire da un grave disagio sociale, ma che al contrario ha improntato la sua politica economica ad una premialità di vantaggio per ricchi, furbi, trafficanti,riciclatori ed evasori confezionando su misura uno scudo fiscale criminale, che ha sanato 100 miliardi di euro con un obolo di soli 5 miliardi, invece che dei 55 miliardi dovuti solo se fosse stata applicata un’equa ritenuta pari agli altri contribuenti “fessi”,per impoverire ancora di più milioni di famiglie che vivono ai margini, con un vistoso aumento della soglia di povertà.

lunedì 21 dicembre 2009

Niyamgiri: Survival presa di mira da minacciosi “gorilla” pro-miniera


Gli inviati di Survival sono stati presi di mira e intimiditi da bande numerose di uomini apparentemente pagati per impedire a qualsiasi straniero di raggiungere il sito dove dovrebbe essere costruita la controversa miniera del gigante minerario Vedanta Resources, in India.

Questi uomini, descritti dalla popolazione locale come dei “gorilla”, hanno cominciato a presidiare da qualche tempo le colline di Niyamgiri, a Orissa, dove la Vedanta progetta di aprire una gigantesca miniera di bauxite. Le colline sono la terra ancestrale dei Dongria Kondh, che si oppongo fermamente alla miniera.

Le bande, equipaggiate di moto e cellulari nuovi, hanno molestato il team di Survival poco prima che Pavan Kaushik, direttore del settore comunicazioni del Gruppo Vedanta, inviasse una lettera a un gruppo selezionato di giornalisti.

Nella lettera, Kaushik attacca gli “stranieri” “che si muovono liberamente nella regione” “interagendo a forza con i tribali” e diffondendo “false informazioni”, e chiede ai giornali di denunciare il fatto.

Due ricercatori di Survival International e l’avvocato per i diritti umani Gordon Bennett si trovavano nelle colline per verificare se i Dongria Kondh fossero stati recentemente consultati sui progetti minerari.

In settembre, infatti, in risposta al ricorso presentato con successo da Survival all’OCSE, la compagnia era stata severamente criticata dal governo britannico, che l’ha accusata di violare le linee guida di buona condotta societaria e ha giudicale “essenziale” un suo “radicale cambiamento d’atteggiamentoentro fine anno.

Mentre investigavano sulla battaglia dei Dongria, il team di Survival e Bennett sono stati circondati per ben tre volte, in tre luoghi diversi, da bande numerose di uomini. Alcuni erano armati di accetta, e hanno cercato di sequestrare gli appunti e le videocamere del team.

Nella sua lettera, Kaushik invita i giornalisti contattare la sovrintendenza regionale della polizia, definendola “disponibile per interviste”. Da molto tempo i Dongria e i loro sostenitori accusano la polizia locale di agire nell’interesse della Vedanta.

In concomitanza con la diffusione della lettera, a tarda notte, la polizia ha fatto irruzione in un albergo in cui riteneva alloggiasse il team di Survival.

Nonostante le intimidazioni, alla fine, la squadra di Survival e l’avvocato sono riusciti a sfuggire ai gorilla e a visitare numerosi villaggi dongria. “Quegli uomini si sono presi la responsabilità di cingere d’assedio i Dongria” ha raccontato Jo Woodman, una delle ricercatrici di Survival. “Stanno cercando di impedire agli esterni di costatare la forza della resistenza della popolazione, ma hanno già fallito: tutti i Dongria che abbiamo incontrato sono assolutamente uniti e determinati a salvare la loro montagna sacra.

La Vedanta vuole prendersi la bauxite, ma noi non glielo permetteremo” – ha dichiarato un uomo Dongria. “Siamo insieme, voi ed io. In questo modo, siamo forti. Ma se uno di noi cade, cadiamo tutti. Voi avete la possibilità di parlare. Voi potete portare le nostre voci lontano da qui – noi non possiamo farlo senza il vostro aiuto.”

Nei giorni scorsi, Survival Italia ha diffuso un filmato straordinario sulla resistenza dei Dongria. Si intitola “Mine. Storia di una montagna sacra” ed è narrato dall’attore Claudio Santamaria, testimonial dell’associazione. La versione più breve, di 9 minuti, è disponibile sul sito dell’associazione: http://www.survival.it/film/mine

Vertice di Copenhagen: non è ancora finito, più di 250 organizzazioni, compresa Amnesty International, si sono unite in un'alleanza senza precedenti.

La conferenza di Copenhagen sul clima si è conclusa senza l'accordo equo, ambizioso e vincolante richiesto da milioni di cittadini nel mondo.

Oltre 120 leader mondiali riunitisi a Copenhagen non hanno saputo risolvere i problemi che impediscono passi avanti verso un giusto risultato lasciando così le persone più poveri e vulnerabili del mondo esposte al grave rischio di perdere l'abitazione, i mezzi di sostentamento e la salute, a causa dei cambiamenti climatici.

Nonostante tutto questo, è ancora possibile aver fiducia. La collaborazione senza precedenti della società civile ha dato vita a un movimento di milioni di persone, in centinaia di paesi nel mondo.

Più di 250 organizzazioni, compresa Amnesty International, si sono unite in un'alleanza senza precedenti, nella campagna globale TckTckTck. In tre giorni di azione globale sono stati battuti i record di manifestazioni per il clima, e questo movimento globale, forse il più vario mai visto, è rimasto compatto.

Milioni di persone nel mondo guardando al futuro vedono speranza, giustizia e opportunità. E continueranno a far sentire la loro voce per ottenere entro il 2010 l'accordo concreto di cui il mondo necessita.

Affinché un accordo sul clima tenga conto delle necessità delle persone più marginalizzate e vulnerabili, i leader devono ascoltarli.

I leader del mondo hanno ancora una possibilità per fare la cosa giusta. E devono capire che il mondo aspetta proprio questo e non accetterà nient'altro.

Qualcuno non ha finito. Neanche noi!

Frutta e verdura: con la scusa del maltempo rincari dei prezzi dal 5 al 10%

Secondo le rilevazioni di questa mattina del Codacons, sui banchi dei mercati delle principali città italiane, si sono registrati, rispetto alla settimana scorsa, rialzi dei prezzi di frutta e verdura compresi tra il 5 ed il 10 %.

Per l'associazione di consumatori si tratta solo di una speculazione, giustificata con il maltempo che ha colpito in queste ore la penisola.
Ma è evidente che si tratta solo di una scusa, visto che la neve è scesa solo venerdì e che i prodotti innevati sono ben lungi dall'essere già arrivati sui banchi di vendita. Inoltre, chissà perchè, sono aumentati pure i prodotti di provenienza estera. Ogni scusa, insomma, è buona per aumentare i prezzi: una volta è la siccità, poi la pioggia, segue la grandine… ed ora la neve e le gelate.

La realtà è che nella settimana di Natale la gente acquista solitamente più frutta, per offrire ai commensali una portata più varia, e alcuni negozianti ne stanno approfittando.

Per questo il Codacons chiede a Mr prezzi e al ministro dello sviluppo economico Scajola di intervenire subito prima che si inneschi l'ennesimo meccanismo inflativo, e chiede che sia mandata la Guardia di finanza per multare i negozianti che non espongono la provenienza del prodotto.

L'associazione chiede infine al Parlamento di introdurre il doppio prezzo, ossia stabilire l'obbligo per i commercianti di indicare sia il prezzo al dettaglio che all'ingrosso, ossia non solo il tradizionale prezzo di vendita ma anche il prezzo pagato dal commerciante, possibilmente con la percentuale di incremento, come si fa in occasione dei saldi, unico meccanismo garantito per bloccare inflazione e speculazioni.

domenica 20 dicembre 2009

Messico: militari e polizia si trasformano in carnefici senza controllo.

La guerra al narcotraffico, 14mila morti ammazzati in due anni, tiene in scacco il paese e diffonde un modus operandi cruento e spudorato, che sfocia nell'illegalità. I militari e la polizia si stanno trasformando in carnefici senza controllo.

In uno scontro con i soldati della Marina messicana, nello stato centrale di Morelos, è stato ucciso Arturo Beltrán Leyva, il capo dei capi del cartello messicano che gestiva con il fratello Alberto.
Lo chiamavano El Barbas. Era uno dei più ricercati in Messico e sulla sua testa pendeva una taglia di 2,3 milioni di dollari. Secondo la Dea Usa, il cartello Beltrán Leyva, nato da una scissione dal famigerato cartello di Sinaloa, riusciva a far girare 120 tonnellate di cocaina.

Nel cuore del paese, dunque, ancora una volta, una manciata di interminabili minuti di fuoco incrociato e lanci di granate, con scene degne dei più cruenti film hollywoodiani, ha piegato una normale serata di dicembre. Eppure, per molte, troppe zone messicane, questa violenza sta diventando normalità.
La guerra al narcotraffico tiene in scacco il paese e diffonde un modus operandi cruento e spudorato, che non fa sconti. E che sfocia nell'illegalità. È come curare una piaga infetta con una soluzione non sterile. I militari, la polizia, gli agenti di sicurezza si stanno trasformando in carnefici senza controllo.

Se fra il gennaio 2008 e novembre 2009, alla guerra della droga vengono attribuite 14 mila morti violente, cifre che superano i paesi in guerra, all'esercito vengono attribuite gravi violazioni dei diritti umani, sparizioni forzate, esecuzioni extragiudiziarie, torture e detenzioni arbitrarie. Il tutto nella totale impunità.

Amnesty International ha dedicato a questa grave situazione l'ultima pubblicazione, che dimostra come né le autorità civili né quelle militari indaghino questi crimini, affinché i responsabili di tali e tanti crimini vengano puniti secondo le leggi nazionali e di diritto internazionale.

In particolare, Amnesty si riferisce a cinque casi di gravi violazioni dei diritti umani, che coinvolgono 35 persone. Aguzzini, un manipolo di soldati.
Si tratta di episodi svoltisi tra il 2008 e l'agosto 2009 e nascosti da un velo di indifferenza e connivenza. E, dai dati raccolti, emerge che questa tragica tendenza è in aumento. Negli ultimi tre anni, la Commissione nazionale dei diritti umani ha portato a termine decine di indagini che hanno portato a 45 raccomandazioni su casi di violazione dei diritti umani per mano dei membri dell'esercito.

A Ciudad Juárez, culla di omicidi e delitti per mano dei narcos, la Commissione statale dei diritti umani ha ricevuto negli ultimi 18 mesi, 22 denunce di sparizioni forzate e omicidi in cui sono coinvolti i militari. E si tratta di cifre che sono ancora lontane dalla realtà. E, ironia della sorte, quasi tutti i casi sono avvenuti mentre i soldati erano incaricati di arginare la violenza prodotto dal narcotraffico.

Violenza chiama violenza. Dall'inizio del 2007 e il luglio 2009, infatti, anche 73 militari sono stati a loro volta ammazzati dai membri delle bande criminali. È una guerra senza esclusione di colpi, dove tutto è reso lecito dall'istinto di sopravvivenza.

"Il lavoro di far rispettare la legge in una giungla simile è sicuramente difficile - commenta Amnesty - per tutti coloro che hanno la responsabilità di migliorare le condizioni della sicurezza pubblica. Ma il delitto non si combatte con il delitto e la gravità di una crisi non può convertirsi nel giustificare l'uso di metodi illegali, né in un pretesto per chiudere gli occhi davanti a palesi e gravi abusi".

Per questo Amnesty intende accendere i riflettori su questa tragedia tutta messicana, per chiedere alle autorità di reagire con misure efficaci a riportare legalità e giustizia. Il Messico è firmatario di tutte le leggi internazionali e regionali in difesa dei diritti umani, e la richiesta è di metterle in pratica alla lettera.

Scudo fiscale: agevola le banche e i ricchi, condanna i contribuenti onesti

Brindano i banchieri facendo festa alla manna straordinaria di almeno 1 miliardo di euro di commissioni, perdono i contribuenti onesti e le corrette regole della legalità, guadagnano faccendieri, riciclatori,malavitosi e soprattutto le banche.

Lo scudo fiscale- ha detto oggi il ministro della “fars action” Renato Brunetta- è stata una buona cosa, un'operazione a segno assolutamente positivo.
Se verrà confermato il rientro di 100 miliardi e più di rientri, abbiamo un gettito 5-6 mld che servirà per tante cose buone.

Dal terzo scudo fiscale, la peggiore norma di riciclaggio di Stato mai ideata prima dal ministro dell’Economia Tremonti per offrire un salvacondotto a faccendieri, malavitosi, contrabbandieri e criminali, che in forma anonima ed in deroga alla normativa antiriciclaggio, possono sbiancare i capitali frutto di illeciti nella grande lavanderia statale, non guadagnano solo i trafficanti, evasori e tributaristi, che in alcuni casi hanno consigliato di costituire provviste estere ad hoc per aderire allo scudo ed essere immunizzati per i prossimi 5 anni, ma soprattutto le banche, che con commissioni onerose, potranno festeggiare con ulteriori guadagni.

Se infatti lo scudo fiscale sta diventando (e non poteva essere altrimenti con le normative vantaggiosissime a misura di evasori che derogano dalle segnalazioni antiriciclaggio e garantiscono l’immunità mediante l’anonimato) un buon affare per l’erario, che incasserà almeno 5 miliardi di euro sui 100 miliardi di fondi scudati, sarà un ulteriore business per le banche che potranno incamerare almeno 1 miliardo di euro di commissioni applicate pari ad una forbice che va dall’1 fino al 2,5 per cento.

Se il consigliere delegato Passera ha indicato per Banca Intesa "una cifra di riferimento intorno a 10 miliardi", precisando però che "nei numeri dello scudo a livello di sistema una parte importante riguarda il rimpatrio giuridico" ed Unicredit parla di capitali raccolti per 4,5 miliardi di euro; per Monte Paschi di Siena i capitali rientrati sono "oltre 2 miliardi e i clienti che hanno aderito sono oltre 4.150, di cui oltre il 27% è rappresentato da nuova clientela"; 2,4 miliardi sono stati raccolti dal Banco Popolare; 2 miliardi da Ubi Banca e 1,5 miliardi da Banca Esperia, 1,4 miliardi da Banca Sella e 1,1 miliardi da Credem ed Euromobiliare.

Altri importanti risultati sono stati raggiunti anche dalle boutique finanziarie come Banca Generali (2,1 miliardi), Azimut (1 miliardo), Banca Intermobiliare a quota 850 milioni e Banca Leonardo a 800 milioni.

Tra le banche straniere in Italia Deutsche Bank ha rimpatriato importi intorno ai 2 miliardi confermando il target che il gruppo si era posto, mentre Banca Mediolanum ed altre importantissime banche estere e regionali (popolari e casse rurali),che pur non hanno comunicato gli importi scudati, restano in attesa della seconda fase dell’amnistia fiscale, che inizierà il primo gennaio e finirà il 30 aprile 2010.

I banchieri, con le salate commissioni che variano da un minimo dell’1% fino al 2,5% per i trasferimenti dei fondi esteri e che non risultano scontate, festeggeranno la vera e propria manna per i bilanci delle banche, Unicredit ed Intesa San Paolo in testa, che potranno incassare ottimi profitti netti pari ad almeno 1 miliardo di euro, consolidando perfino un rapporto di ulteriore fidelizzazione con i titolari dei capitali scudati, con le deroghe alle norme antiriciclaggio,le cui segnalazioni già in tempi normali sono ridotte al minimo indispensabile.

Se banche, evasori e criminali possono brindare allo scudo di Tremonti, i contribuenti onesti e le piccole e medie imprese in regola con il fisco, che hanno versato una pressione fiscale più elevata per coprire il gettito per conto dei disonesti, sono arrabbiati per un condono tombale che incita all’evasione fiscale.

Fonte:Adusbef

Crisi dei mercati: 130.000 case all’asta.

Crisi economica e stretta creditizia hanno falcidiato anche il numero delle imprese,che tra luglio e settembre 2009, secondo il Cerved, hanno visto aumentare i fallimenti del 40%, mentre è schizzato al 70% il numero delle aziende che ha fatto ricorso al concordato preventivo.
Pignoramenti cresciuti del 60,5 % nel triennio 2007/2009 con 130.000 case all’asta.

Nonostante la caduta dei tassi di interesse i più bassi dal primo dopoguerra con il denaro quasi regalato e la conseguente diminuzione dei costi dei mutui a tasso variabile, si consolida il boom dei pignoramenti e delle esecuzioni immobiliari.
Secondo i dati raccolti e elaborati dall’Adusbef, sono aumentati del 15,2 % nel 2009, per l’insostenibile crisi economica generata dall’avidità dei banchieri, che dopo aver creato montagne di denaro dal nulla e spacciato derivati avariati per guadagnare lauti bonus e ricche prebende (700.000 euro annui elargiti in media ad ogni dipendente di Goldmana Sachs), hanno addossato ai contribuenti ed agli Stati, costretti ad indebitarsi per salvare le banche dai fallimenti, i costi di un vero e proprio avventurismo finanziario d’azzardo.

Crisi economica e stretta creditizia hanno falcidiato anche il numero delle imprese,che tra luglio e settembre 2009, secondo il Cerved, hanno visto aumentare i fallimenti del 40%, mentre è schizzato al 70% il numero delle aziende che ha fatto ricorso al concordato preventivo. Il vento dei fallimenti ha soffiato con più forza in Emilia (+115%), Marche (+80%), Piemonte (+70%), Puglia (+55%), Veneto (+49%) e Lombardia (+45,5%). Le città più colpite, Milano, Roma, Bologna e Brescia. Non è andata meglio per il concordato preventivo, che riguarda le grandi imprese: presentate nel terzo trimestre 232 domande di ammissione, con un aumento del 73% rispetto allo stesso periodo del 2008.

L’insostenibile crisi economica, porta sempre più famiglie italiane a non poter onorare le rate, impegno sempre più gravoso che mangia il 33% del reddito e si traducono,per almeno 350 mila famiglie ad un rischio reale di insolvenza al punto che, secondo Adusbef, che ha raccolto i dati nei maggiori tribunali con fatica e tenacia, le stime 2009 sul numero di pignoramenti ed esecuzioni, potrebbe salire del 15,2 % in media, che sommati agli ultimi due anni (+ 23% nel 2007, + 22,3 nel 2008), ammontano al 60,5 % nel triennio 2007/2009 .

Secondo queste stime quindi, le procedure immobiliari accelerate con la nuova legge fallimentare del 2004 e pari al 2,7 % del totale dei mutui, quindi a circa 130.000 su 3,5 milioni del totale, con circa 20.000 procedure avviate nel 2009,che sommate a 18.000 nel 2007 ed a 21.000 del 2007, potrebbero far sparire una media città come Monza, che vede aumentati del 20,2% i pignoramenti nel 2009.

Il boom di pignoramenti ed esecuzioni immobiliari,con aumenti stimati nel 2009 rispetto al 2008, da un minimo del + 7,7% a Bolzano; + 7,9% a Bari; + 8,9% a Salerno¸+ 10% a Bari; + 10,5% a Vicenza e + 10,8 % a Bologna; fino al + 32,8% di Reggio Emilia; seguito da Brescia + 22,1%; Frosinone + 20,1%; Pavia + 19,2%; Como + 18,5%; Bergamo + 18,3%; Roma, + 18,1%.

Gli aumenti maggiori di pignoramenti si registrano a Milano (+366, che ammontano quindi a 2.733), seguita da Roma (+ 330, con un totale di 2.157); Torino (+ 183, pari a 1.608); Monza (+ 174,con un totale di 1.040); Bergamo (+166, pari a 1.075); Brescia (+ 144 con un totale di 795); Padova (+ 102, che assommano a 829); Firenze (+97, che ammontano a 757).

Se il Governo, oltre al decreto salva-banche ed alle provvidenze per le imprese, non emana un urgente decreto “salva-famiglie”, anche con sgravi fiscali di almeno 1.500 euro per i redditi sotto i 25.000 euro a favore di lavoratori a reddito fisso e dei pensionati, si allargherà una frattura sociale con enormi ricadute negative sull’economia reale che già sconta una recessione da economia di guerra che diventerà più pesante nei prossimi mesi quando il crack finanziario globale dispiegherà i suoi effetti soprattutto sulle fasce sociali più deboli e vulnerabili prive di qualsiasi ammortizzatore sociale, se non quello delle famiglie stremate che non ce la fanno più a sostenere i costi di una crisi prodotta dai banchieri che non pagano mai il conto e che continuano a deliberarsi bonus e stock option immorali e che si rifiutano di continuare a pagare per i loro errori e la loro avidità di guadagno.

Tali proiezioni sui pignoramenti,i cui dati sono stati raccolti e comunicati in gran parte dai Tribunali fino ai mesi di settembre ottobre 2009 e proiettati da Adusbef su base annua, dimostrano ancora una volta un totale disprezzo verso famiglie e consumatori da parte di un Governo ammazza-diritti, che continuando ad andare a braccetto con i banchieri protegge i più forti, facendo ricadere sui più deboli i costi della crisi, come emerge dalle due più odiose norme approvate in finanziaria (dopo lo scudo fiscale di puro stampo criminale), che istituisce il contributo unificato di 30 euro per le cause di lavoro vietando perfino la compensazione delle spese di lite, ed introducendo al comma 6 bis, un nuovo balzello di 38 euro di tasse solo per avviare la pratica per ogni ricorso per le multe ricevute spesso con la tecnica degli agguati da autovelox occultati per riempire le casse dei Comuni.
Un minimo di 38 euro, pari al 54,5% per contestare una multa il cui importo medio è di 70 euro,oltre a costituire un formidabile deterrente per negare l’esercizio dei diritti dei cittadini, rappresenta l’ennesima vergogna di un Governo che continua a mettere le mani subdolamente nelle tasche delle famiglie, con tasse e nuovi balzelli sapientemente occultati e mascherati.

sabato 19 dicembre 2009

UNODC: aumento preoccupante delle coltivazioni di oppio nel Myanmar


La quantità totale degli ettari di oppio coltivati è aumentata dell’11% nell’ultimo anno, e circa del 50% dal 2006 per un totale di 31,700 ettari.

Nella sua ultima indagine sulle coltivazioni dei papaveri da oppio nel sud est dell’Asia, presentata a Bangkok, l’ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (UNODC) ha evidenziato l’aumento delle coltivazioni di oppio in Myanmar, per il terzo anno di seguito.

La quantità totale degli ettari di oppio coltivati è aumentata dell’11% nell’ultimo anno, e circa del 50% dal 2006 per un totale di 31,700 ettari

Qui si produce solo un quarto dell’oppio prodotto in Afghanistan, tutt’altra cosa rispetto ai primi anni 90 quando il Myanmar era il primo produttore mondiale di oppio, “ma oggi come oggi il trend della produzione sta andando nella direzione sbagliata” afferma il Direttore Esecutivo dell’UNODC Antonio Maria Costa.

Più di un milione di persone sono oggi coinvolte nella coltivazione di oppio nel Myanmar, di cui la maggior parte si trovano nello Stato dello Shan dove è coltivato il 95% dell’oppio del Myanmar.

L'impunità e l'ingiustizia sono l’ eredità dei mortali disordini di Luglio 2008 in Mongolia


Il governo della Mongolia non ha preso provvedimenti efficaci nei confronti delle violazioni dei diritti umani avvenute nel luglio 2008 durante la rivolta di piazza Sukhbaatar, nella capitale Ulaanbaatar.

Il 1° luglio 2008 migliaia di persone si radunarono in piazza Sukhbaatar, in un contesto contrassegnato da denunce di ampi brogli elettorali.

La rivolta fu improvvisa e inaspettatamente violenta. La polizia sparò contro nove manifestanti, uccidendone quattro. Una quinta persona morì per soffocamento da fumo.

Dalla mezzanotte e per quattro giorni, il governo applicò lo stato d'emergenza, per la prima volta dalla transizione al sistema democratico del 1990.

A distanza di un anno e mezzo da quei fatti, resta uno strascico d'impunità e ingiustizia. È quanto denunciato da Amnesty International in un recente rapporto, nel quale si ricorda come centinaia di manifestanti vennero arrestati e trattenuti nelle celle delle stazioni di polizia, picchiati per estorcere "confessioni" e lasciati in condizioni di sovraffollamento e senza acqua né cibo anche per 72 ore. Più di 700 persone furono arrestate durante la rivolta e oltre 100 nelle settimane successive.

Le indagini avviate da allora hanno avuto un mandato limitato e le denunce di violazioni dei diritti umani, tra cui la tortura, i maltrattamenti e l'uso eccessivo e non necessario della forza, sono state in larga parte ignorate.

"A un anno e mezzo dalla rivolta non c'è stata ammissione di responsabilità da parte delle autorità né vi è stata giustizia per le vittime" - ha dichiarato Roseann Rife, vicedirettrice del Programma Asia e Pacifico di Amnesty International.

I procedimenti nei confronti di 10 agenti e di quattro dirigenti di polizia sospettati di avere, rispettivamente, usato e autorizzato l'uso di munizioni letali, sono stati bloccati dagli imputati e dai loro legali.

"Il governo della Mongolia non ha voluto indagare seriamente sulle denunce relative alle torture e ai maltrattamenti subiti dai manifestanti in carcere né sull'uso e sull'autorizzazione all'uso delle munizioni letali" - ha proseguito Rife. In questo modo, la Mongolia è venuta meno ai propri obblighi internazionali, che richiedono l'adozione di misure legislative, giudiziarie e amministrative per prevenire le violazioni dei diritti umani, portare di fronte alla giustizia i responsabili e assicurare una riparazione alle vittime, in linea con gli standard internazionali.

La segretezza che avvolge le operazioni della polizia e degli altri corpi di sicurezza, si legge nel rapporto di Amnesty International, sta ulteriormente danneggiando la reputazione di questi organismi, creando paura e sfiducia. Questi sentimenti persisteranno fino a quando le autorità non prenderanno provvedimenti concreti per aprire inchieste indipendenti, giudicare i responsabili di violazioni dei diritti umani e introdurre riforme per evitare che ulteriori abusi abbiano luogo.

Yemen: numero record di arrivi via mare dal Corno d’Africa


Solo quest’anno sono arrivati sulle coste dello Yemen oltre 74.000 africani in fuga da situazioni disperate di guerra civile, instabilità politica, povertà, carestia e siccità nel Corno d’Africa. Questo dato rappresenta un incredibile aumento del 50% rispetto alla già elevata cifra di 50.000 arrivi nel 2008.

Rifugiati e migranti affrontano il pericoloso viaggio su carrette del mare pilotate da scafisti attraverso il Golfo di Aden e il Mar Rosso in condizioni davvero terribili. In alcuni casi vengono picchiati, violentati, uccisi o anche gettati in mare nelle acque infestate dagli squali. Inoltre le barche, fragili e sovraccariche, a volte si capovolgono causando l’annegamento di molti passeggeri.

Secondo le ultime statistiche dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) solo quest’anno sono annegate o morte durante il viaggio 309 persone. Nel 2008 erano annegate circa 590 persone. Il percorso migratorio che passa attraverso il Golfo di Aden e il Mar Rosso è attualmente il più trafficato e letale del mondo.

A differenza degli scorsi anni, la maggioranza degli arrivi non è più di migranti somali. Quest’anno si sono contati 32.000 rifugiati somali, cifra rimasta costante rispetto al 2008. Sono raddoppiati invece gli etiopi, che sono stati 42.000.

Quasi tutti i somali che arrivano si dirigono presso i due maggiori centri di accoglienza di Mafyaa e Ahwar, situati in posizione strategica, e lì ricevono protezione e assistenza. Sono invece solo 9.000 gli etiopi che si sono diretti verso questi centri. La maggior parte degli etiopi si spingono verso gli stati che si affacciano sul Golfo Persico in cerca di opportunità di lavoro.

I centri di accoglienza di Mafyaa e Ahwar sono aperti ai rifugiati di qualsiasi nazionalità che raggiungono lo Yemen. Oltre a dare assistenza e alloggio provvisorio, i centri forniscono informazioni e la possibilità di richiedere asilo e visti, validi per 10 giorni, per raggiungere Sanaa o Aden, dove ci sono i centri per la determinazione dello status di rifugiato. Tra gennaio e novembre di quest’anno, l’UNHCR ha registrato 792 richieste di asilo da parte di non-somali, per un totale di 1.124 persone.

Al loro arrivo in Yemen tutti i somali vengono automaticamente riconosciuti come rifugiati dalle autorità yemenite, in base alla politica di riconoscimento di gruppo attuata dal Paese.


Attualmente lo Yemen ospita circa 150.000 rifugiati somali, 14.000 dei quali si trovano nel campo di Kharaz. Le persone di altre nazionalità - etiopi compresi - che desiderano fare richiesta di asilo devono sottoporsi alla procedura di determinazione dello status di rifugiato condotta dall’UNHCR. Nell’ultimo anno la maggior parte degli etiopi non si è rivolta ai centri di accoglienza perché non aveva intenzione di fare richiesta di asilo.


A ogni modo l’UNHCR ritiene che alcuni di loro abbiano deliberatamente evitato i centri temendo l’arresto o la detenzione visto che coloro che non fanno domanda di asilo e sono illegalmente presenti nel Paese possono essere detenuti nelle carceri yemenite e poi deportati.

L’UNHCR non ha accesso sistematico ai cittadini etiopi arrivati in Yemen e detenuti per immigrazione clandestina.


L’UNHCR ha ripetutamente esposto alle autorità yemenite la sua grave preoccupazione per le continue detenzioni e deportazioni di etiopi – senza che venga data a coloro che vogliono fare domanda d’asilo l’opportunità di contattare prima l’UNHCR. Si tratta di una questione di primaria importanza per l’UNHCR in Yemen.

All’inizio di dicembre l’UNHCR ha ottenuto l’accesso ai centri detentivi yemeniti nei governatorati di Hajjah e Taiz e ha potuto parlare con gli etiopi detenuti lì presenti. Sono in programma ulteriori visite.


Di 367 etiopi ascoltati finora in 34 hanno scelto di fare richiesta di asilo. Gli altri si sono dichiarati favorevoli a ritornare in Etiopia.

venerdì 18 dicembre 2009

Mutui: Adusbef non firma protocollo abi, per onerosità eccessiva.

Adusbef non firma protocollo abi, per onerosità eccessiva.delle condizioni e interessi che possono integrare l’anatocismo. i negoziati seri devono portare vantaggi ai consumatori, non certo alle banche

Adusbef, pur avendo partecipato agli incontri con l’associazione bancaria italiana (ABI), non sottoscrive un protocollo che invece di aiutare le famiglie bisognose gettate in questa grave crisi per precise responsabilità delle banche, vuole continuare a lucrare dal bisogno fior di interessi ricapitalizzati con pratiche anatocistiche (nel caso in cui si richiedano pagamenti di rate prima della scadenza contrattuale), rese illegittime proprie dalle nostre limpide battaglie vinte in Cassazione a Sezioni Unite ed in Corte Costituzionale.

Imbastire speculazioni sul bisogno di un numero sempre più alto di famiglie, che il perdurare della crisi e l’incalzare della disoccupazione (8,2 per cento ad ottobre) non consente loro di onorare i pagamenti delle rate, spacciando un protocollo a senso unico troppo favorevole agli interessi delle banche per vantaggi ai consumatori,è deplorevole.

ABI infatti ha ritenuto utile – per le banche – mettere in piedi un meccanismo di sospensione sanato quindi da prestiti ulteriori, con il rinvio del pagamento di dodici rate, accodandole o a fine mutuo, o spalmandole sulle rate restanti,per mutui fino a 150.000 euro ed un reddito imponibile non superiore a € 40.000, invece di traslare il piano di ammortamento senza alcun onere o interessi a carico dei mutuatari per i 12 mesi di sospensione.

Poiché Adusbef ha ottenuto fior di sentenze che inibiscono alle banche di poter continuare ad effettuare la restituzione dei mutui con il cosiddetto “ammortamento alla francese”, ossia prima il rimborso degli interessi e poi la restituzione del capitale, per un evidente squilibrio che avvantaggia gli istituti di credito, la soluzione prospettata dall’Abi nel protocollo, può acuire la restituzione di interessi anatocistici con un appesantimento delle rate che dovranno comunque essere pagate.

La soluzione suggerita dall’Abi infatti, non è a costo zero per il mutuatario ma a titolo pesantemente oneroso, sia perché i banchieri non hanno ritenuto opportuno intervenire nella definizione di soluzioni con la moratoria sugli interessi, con rate che accodate alla fine matureranno interessi ed oneri maggiorati come se il mutuo fosse di un anno più lungo, analogamente ad interessi maturati se si decide di spalmare su tutte le rate i pagamenti.

Infine poiché è previsto un imminente aumento dei tassi di interessi da parte delle banche centrali, che non potranno continuare per molto tempo a sostenere la cuccagna per le banche di ingenti masse monetarie quasi regalate a banchieri avidi, che invece di impiegarle per finalità produttive ed offrirle alle PMI bisognose di credito, le indirizzano verso la speculazione monetaria, valutaria ed i carry trade, ossia gli arbitraggi impiegati da una parte all’altra del globo, alla beffa si aggiungerà il danno di tassi di interessi sulle rate dei mutui indicizzati che potranno liberamente fluttuare e certamente superiori a quelli di oggi.

Adusbef consiglia quindi di tirare la cinghia e pagare, dove possibile, le rate dei mutui cercando di non avvantaggiare ulteriormente con una “moratoriaonerosa invece di essere gratuita, i signori banchieri.

18 dicembre: Giornata internazionale dei migranti


In occasione della Giornata Internazionale dei migranti, oggi 18 dicembre, Amnesty Internazionale riconosce il contributo che i migranti danno alle società d'accoglienza e chiede agli stati di ratificare la Convenzione. Gli stati che l'hanno ratificata devono garantire che la Convezione venga recepita negli ordinamenti nazionali e implementata. L'organizzazione per i diritti umani sollecita i governi a trovare alternative alla detenzione tenendo in considerazione gli standard internazionali sin materia di diritti umani.

Centinaia di migliaia di migranti nel mondo sono in carcere perché i governi ricorrono sempre di più alla detenzione come strumento di controllo delle migrazioni. Molti rischiano tutto, persino le loro vite, per cercare sicurezza e per avere la possibilità di una vita migliore. In ogni momento sono esposti a sfruttamento, frodi e violazioni dei diritti umani. In occasione del 18 dicembre, Giornata internazionale dei migranti, Amnesty International dà loro voce.

I Migranti raccontano di sfruttamenti e di detenzione

Due anni fa, Sharif (nome di fantasia) ha lasciato il Bangladesh per cercare lavoro. L'uomo ha pagato un agente di reclutamento affinché lo conducesse in Malaysia. Giunto nel paese, un altro agente gli ha confiscato il passaporto ed è stato trattenuto in un'abitazione con altri 60 migranti per diverse settimane e senza cibo a sufficienza. Successivamente gli è stato detto di andare via, ma ha dovuto pagare per riavere il suo passaporto ed è stato costretto a cercare lavoro per conto suo.

Circa un anno dopo, Sharif è stato arrestato perche l'azienda per cui lavorava non era quella indicata nel suo permesso di lavoro. È stato trattenuto per più di 10 mesi nel centro di detenzione di Lenggeng, uno dei peggiori in Malaysia.

Milioni di persone sono intrappolate in questo circolo vizioso fatto di migrazione, sfruttamento e detenzione. Conflitto, povertà, discriminazione e mancanza di opportunità sono solo alcune delle ragioni che spingono le persone a emigrare. Lasciano tutto ciò che hanno, casa, famiglia e amici; alcuni rischiano la vita durante il viaggio.

Molti migranti arrivano nei paesi con un permesso legale, ma successivamente diventano irregolari, ossia senza titolo legale per restare e lavorare nei paesi in cui si trovano. In alcuni casi, questo accade perché i datori di lavoro o gli agenti non rinnovano il permesso di lavoro o perché hanno forniscono loro documenti falsi.

Un gran numero di migranti irregolari finisce nei centri di detenzione, che spesso sono campi di prigionia o prigioni vere e proprie, perché gli stati ricorrono sempre più alla carcerazione come deterrente nei confronti dell'immigrazione irregolare.

In base al diritto internazionale, la detenzione dei migranti deve essere l' ultima risorsa, a cui ricorrere solo in casi eccezionali, per il più breve tempo possibile e dopo l'accertamento della legittimità e necessità della stessa per ogni singolo caso. In molti paesi, le condizioni di detenzione violano il diritto internazionale.

I migranti irregolari sono particolarmente esposti alle violazioni dei diritti umani. Spesso sono sfruttati da trafficanti e datori di lavoro senza scrupoli e condannati a vivere e lavorare in condizioni deprecabili. Vengono inoltre stigmatizzati e discriminati nella comunità in cui vivono e sottoposti ad arresti arbitrari e detenzioni da parte delle autorità.

Non di rado, sono detenuti in condizioni di sovraffollamento e pessime dal punto di vista igieniche e subiscono abusi. Qualche volta i membri delle famiglie vengono separati. Molti non hanno accesso alla consulenza giuridica oppure non possono fare ricorso contro la detenzione. La maggior parte non ha alcuna idea di quando potranno essere liberati o rinviati nei loro paesi di origine.

In Malaysia, le autorità arrestano e detengono abitualmente coloro che sono sospettati di immigrazione irregolare. Nel luglio 2009, Amnesty International ha avuto accesso a tre centri di detenzione nel paese, che si presentavano sovraffollati e mancanti di condizioni igieniche di base. Nel centro di detenzione di Lenggeng, Amnesty International ha incontrato Sharif.

"L'acqua che beviamo è molto sporca, contiene piccoli pezzi di metallo arrugginiti. I funzionari qui sono violenti. È molto duro" - ha riferito ad Amnesty International. "C'e pochissimo cibo. La mattina ci viene danno un pezzo di pane con un po' di tè nero. Per pranzo e sera, abbiamo un po' di riso bianco e un piccolo pezzo di pesce secco. Mancano verdura e frutta. Ho sempre fame. Ci sono degli insetti che mi pungono, tanto che ho sempre prurito e sono malato".

Situato a sud di Kuala Lumpur, la capitale, il centro di detenzione di Lenggeng è costituito da recinti all'aperto, dove vengono stipati centinaia di uomini. Anche nel campo di detenzione situato ad alcuni minuti dall'aeroporto internazionale di Kuala Lumpur, i migranti sono inoltre tenuti in recinti affollati.

Molte persone rimangono in questi centri per mesi, senza accesso all'assistenza sanitaria necessaria, a un'alimentazione adeguata, all'acqua potabile pulita o all'assistenza legale. Queste condizioni d'indigenza provocano malattie e, in alcuni casi, la morte. Non esiste una durata minima legale di carcerazione e i prigionieri non sono in grado di contestare in tribunale la legalità della loro detenzione.

La Libia è una rotta quasi obbligatoria per i migranti che dall'Africa subsahariana tentano di arrivare in Europa. Molti non ci riescono. Alcuni sono respinti da stati europei, come l'Italia. Altri finiscono per essere arrestati e richiusi in centri di detenzione in Libia. Qui vengono trattenuti a volte per un tempo indefinito e non possono contestare la loro detenzione. A maggio 2009, Amnesty International ha visitato il centro di detenzione di Misratah, a circa di 200 km dalla capitale, Tripoli. Al momento della visita, nel centro si trovavano tra le 600 e 700 persone provenienti da Eritrea, Somalia, Sudan, Nigeria e detenute in celle progettate per accogliere circa 350 persone, in condizioni di sovraffollamento e inidonee.

In Corea del Sud, il governo ricorre a operazioni di polizia come principale strategia per combattere l'immigrazione irregolare. Ogni mese migliaia di lavoratori migranti irregolari vengono arrestati, detenuti e successivamente deportati. Questi giri di vite hanno messo a dura prova la capacità delle strutture detentive, contribuendo al loro sovraffollamento, a creare condizioni di vita indigenti e a ritardare l'accesso alle cure mediche. Alcuni lavoratori migranti irregolari vengono trattenuti in vecchi uffici adibiti a centri di detenzione. Queste strutture sono assolutamente inadeguate: hanno scarsa ventilazione, alcune mancano di finestre esterne, e non hanno uno spazio ricreativo all'aperto.

In Grecia bambini non accompagnati sono trattenuti, in alcuni casi per più di due mesi, in centri di detenzione spesso sovraffollati e in condizioni igieniche pessime. A volte bambini non accompagnati detenuti insieme agli adulti o separati dalle loro famiglie e messi in strutture diverse. A giugno 2009, degli emendamenti legislativi hanno aumentato il periodo di detenzione per i cittadini stranieri nei cui confronti siano stati emessi ordine di espulsione da tre a sei mesi e, in alcuni casi, fino a 12 mesi.

In base al diritto internazionale, le persone migranti detenute devono avere accesso a un avvocato, all'assistenza medica e devono poter ricevere visite dalle loro famiglie. Le condizioni di detenzione dovrebbero essere in linea con le Norme standard minime per il trattamento dei prigionieri dell'Onu e il Corpo di principi dell'Onu per la protezione di tutte le persone in stato di detenzione.

Gli stati devono rispettare i diritti alla libertà e la libertà di circolazione dei migranti e fornire misure efficaci alternative alla detenzione. La detenzione dei migranti deve essere un'eccezione e non la regola. Deve essere usata come ultima risorsa, solo se necessaria e per il più breve periodo possibile.

La Convenzione internazionale per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, adottata il 18 dicembre 1990, promuove e protegge i diritti dei lavoratori migranti. L'articolo 16 garantisce il diritto dei lavoratori migranti e delle loro famiglie alla libertà e alla sicurezza e la protezione dagli arresti arbitrari e detenzioni. Tra gli altri, sono riconosciuti anche il diritto all'accesso ai servizi sociali e sanitari e la libertà dal lavoro forzato. Finora, solo 42 stati hanno ratificato la Convenzione. La maggior parte degli stati che ricevono migranti non l'hanno ancora ratificata.

L'Organizzazione internazionale per la migrazione stima che ci sono almeno 200 milioni di migranti nel mondo. Di questi, secondo le Nazione Unite, da circa 20 a 30 milioni sono irregolari.


giovedì 17 dicembre 2009

Survival compie 40 anni e festeggia con un film-denuncia narrato da Claudio Santamaria


Survival International compie 40 anni e celebra oggi i progressi compiuti nella difesa dei diritti umani dei popoli indigeni di tutto il mondo con un film-denuncia a sostegno della remota tribù dei Dongria Kondh. A narrare la loro storia è l’attore Claudio Santamaria, testimonial dell’associazione.

“Il lavoro di Survival è iniziato nel 1969 in un seminterrato di Londra, dove un pugno di volontari condivideva l’angusto spazio con altre piccole associazioni” racconta Francesca Casella, direttrice della sede italiana. “Da allora, è stata fatta tantissima strada.”

“All’epoca, i problemi maggiori dei popoli indigeni erano gli stermini di massa, la schiavitù, le epidemie e la disperazione di vedere improvvisamente cancellato il proprio universo nella quasi totale indifferenza del resto del mondo. Oggi, ovunque abitino, molti popoli tribali continuano ad essere privati dei mezzi di sussistenza e costretti a cambiare vita; le loro terre restano invase da coloni, minatori, tagliatori di legna; i loro villaggi inondati da dighe e spazzati via da allevamenti di bestiame o parchi turistici. Tuttavia, l’atteggiamento dell’opinione pubblica nei loro confronti è radicalmente cambiato.”

“Laddove quarant’anni fa l’assimilazione e l’estinzione dei popoli indigeni venivano date per scontate ed erano giudicate solo come un doloroso ma inevitabile prezzo da pagare nel nome del progresso, oggi, in molti hanno cominciato a riconoscere l’inalienabilità dei loro diritti, finalmente protetti anche dalle leggi internazionali e dalle costituzioni di molti paesi, soprattutto in Sud America. E il movimento indigeno mondiale è più forte che mai.”

“Certo – continua Francesca Casella – gli ostacoli da superare restano tantissimi: l’avidità, la miopia, il razzismo e le dittature… Ma le persone decise a lottare per aiutare i popoli tribali a mantenere il loro posto nel mondo e a determinare autonomamente il loro futuro, sono sempre più numerose. È probabilmente questo il successo più importante raccolto sinora da Survival o, meglio, dai popoli indigeni stessi con il sostegno di migliaia di persone da ogni parte del pianeta.”

Scarica la presentazione delle origini di Survival e del suo lavoro in versione PDF.

Survival è unica organizzazione che lanci campagne in difesa dei popoli indigeni di tutto il mondo. Aiuta le tribù più minacciate a difendere le loro vite, a proteggere le loro terre e a decidere autonomamente del proprio futuro contro ogni forma di pregiudizio e discriminazione. Attraverso azioni mirate e un’intensa azione di lobbying, nel corso del tempo ha conseguito molti successi tra cui la creazione del Parco Yanomami nel 1992, in Brasile, il riconoscimento del diritto della tribù dei Jarawa a decidere del proprio futuro in India nel 2004, e la storica vittoria giudiziaria dei Boscimani del Kalahari del dicembre 2006. E tantissimi altri.

Attualmente sta seguendo circa 80 casi, distribuiti in 40 paesi diversi. Tra le campagne più urgenti c’è quella per i Dongria Kondh di Orissa, in India, minacciati dal gigante minerario Vedanta Resources. A raccontare la loro lotta per impedire a una miniera di bauxite di distruggere la loro terra e la loro esistenza è il commovente documentario-denuncia Mine. Storia di una miniera sacra. Il filmato è stato presentato oggi in italiano con il sostegno di Claudio Santamaria, sua voce narrante.

Dopo nove mesi di indagini su un ricorso presentato da Survival all’OCSE, nell’ottobre scorso il governo britannico ha finalmente condannato la società Vedanta per il comportamento tenuto nei confronti dei Dongria e le ha imposto un “radicale cambiamento d’atteggiamento” ma a tutt’oggi nulla è mutato. Una squadra di Survival è tornata quindi sul campo la settimana scorsa.

Per mantenere la nostra indipendenza – conclude Francesca Casellanon accettiamo fondi da nessun governo. A finanziare le nostre attività sono solo le donazioni dei sostenitori e i proventi delle attività di raccolta fondi. Spero che in molti vogliano quindi aiutarci a continuare il nostro importante lavoro finché ai popoli indigeni non sarà stato riconosciuto il loro legittimo posto nel mondo. Le loro sono società ricche, contemporanee e vibranti, e chiedono solo di poter continuare a vivere, libere da persecuzioni e secondo sili di vita e di sviluppo liberamente scelti.”

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Striscia di Gaza contaminata dai bombardamenti israeliani, la popolazione è a rischio

È passato quasi un anno dall’offensiva militare israeliana nella striscia di Gaza. Ma i segni di quei bombardamenti restano palesi sul territorio palestinese e sulla sua popolazione, e sono destinati a rimanere ancora per tanti anni.

A gennaio 2009 la denuncia del New Weapons Research Committee (NWRC), Israele sta sperimentando nuove armi non convenzionali contro la popolazione civile di Gaza.

I bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza hanno lasciato una forte concentrazione di metalli tossici nel terreno. Tali metalli possono provocare tumori e problemi di fertilità, e possono avere gravi conseguenze sui bambini appena nati, come malformazioni e patologie genetiche.

Secondo uno studio condotto dal New Weapons Research Group (Nwrc), una commissione indipendente di scienziati con sede in Italia, che studia le armi non convenzionali e dei loro effetti a medio termine per i residenti delle aree colpite dai conflitti, tra i metalli più pericolosi presenti nella Striscia vi sono tungsteno, mercurio, molibdeno, cadmio e cobalto.

Lo studio ha confrontato i livelli di concentrazione di metalli nei crateri con quelli indicati in un rapporto sulla presenza di metalli nel suolo della Striscia di Gaza. Le analisi hanno mostrato una concentrazione anomala di questi metalli dentro i crateri, che indica una contaminazione del suolo.
Questo, date le precarie condizioni di vita, soprattutto nei campi profughi, aumenta il rischio di esposizione a sostanze tossiche, attraverso la pelle, attraverso i polmoni e attraverso l'ingestione.

"Il nostro studio", spiega la Prof.ssa Paola Manduca, portavoce del Gruppo di ricerca sulle armi, docente che insegna genetica presso l'Università di Genova, "indica una presenza anomala di elementi tossici nel terreno. È indispensabile intervenire subito per limitare gli effetti della contaminazione sulle persone, animali e colture. Abbiamo bisogno di strategie per aiutare le persone contaminate".

Ci auguriamo "ha aggiunto," che le indagini svolte finora dalla Commissione Goldstone, voluta dalle Nazioni Unite, non solo analizzi le violazioni dei diritti umani, ma che si concentri anche sugli effetti a lungo termine che i vari tipi di armi hanno sull'ambiente e sulla popolazione. Una rapida raccolta di dati deve essere effettuata senza indugio".

L’arroganza di Mosca umiliata dal gas turkmeno a Pechino.


Il varo del nuovo gasdotto da Ashgabat allo Xinjiang è uno schiaffo alla politica energetica della Russia nelle Repubbliche dell’Asia centrale. Da mesi il clima fra Turkmenistan e Mosca è teso a causa dei prezzi del gas. La Cina ne approfitta.

Il Cremlino è alle strette e si trova ad affrontare un serio “ripensamento delle sue politiche energetiche in Asia centrale”. Così alcuni quotidiani russi hanno commentato l’inaugurazione, svoltasi in pompa magna lunedì 14 dicembre, del nuovo gasdotto Turkmenistan-Cina. Esso è una struttura cruciale nella geopolitica del gas del Mar Caspio e degli assetti energetici sul continente asiatico. Ma soprattutto, il gasdotto rafforza la presenza di Pechino nell’Asia centrale a scapito di Mosca, che finora aveva il monopolio della distribuzione di metano dalle ex repubbliche sovietiche.

Lunga 1.883 km, una volta completata nel 2013, la pipeline porterà oltre 40 miliardi di metri cubi l’anno di gas turkmeno nella regione cinese dello Xinjiang, passando per Uzbekistan e Kazakstan, grazie a un accordo tra la China National Petroleum Corporation (Cnpc) e la KazStroyService. Altri 10 miliardi di metri cubi saranno “trattenuti” dal Kazakistan. Il costo previsto è di 20 miliardi di dollari.

All’inaugurazione del TAGP (Trans Asian Gas Pipeline) a Samandepe, erano presenti il capo di Stato cinese Hu Jintao e l’omologo turkmeno Gurbanguly Berdymukhamedov, assieme al presidente kazako Nursultan Nazarbaev e a quello uzbeko Islam Karimov.

Si tratta di un importantissimo tassello nella distribuzione energetica in Asia, soprattutto perché è la prima tratta che aggira la Russia. A dare una lettura “politica e non solo economica” all’accordo energetico è lo stesso Berdymukhamedov: il gasdotto è un segnale lanciato alla Russia e indica la volontà del Turkmenistan di avvicinarsi alla Cina, ritenuta ormai “una dei garanti della sicurezza globale”. Ma cosa ha rovinato i rapporti privilegiati di Mosca con gli ex Stati satelliti?

Nel luglio 2008 la russa Gazprom firma un contratto per comprare il gas turkmeno a prezzi europei. I costi di quello che era un tempo l’economico gas dell’Asia centrale aumentano in modo drastico. Ad aprile Gazprom ferma gli approvvigionamenti turkmeni dopo l’esplosione di un gasdotto nel Paese. Ashgabat ritiene Mosca responsabile dell’incidente perché deliberatamente aveva diminuito la pressione della pipeline provocando l’esplosione. Poco prima il Turkmenistan aveva aumentato i prezzi del gas e minacciato di vietarne la riesportazione, provvedimento che avrebbe reso inutile l’acquisto da parte di Gazprom. Mesi di tensione hanno portato al ripristino dei rifornimenti da parte di Mosca ma il clima è palesemente teso.

Dell’arroganza energetica del Cremlino, approfitta la Cina, abituata a una diplomazia più soft e “incisiva”. Pechino ha concesso ad Ashgabat un prestito di 4 miliardi di dollari quest’anno e la Cnpc è al momento l’unica compagnia estera a cui è concesso di sviluppare i depositi di gas in Turkmenistan. Gazprom, invece, non ha investito nel territorio e ha sempre preferito succhiare il gas turkmeno per poi rivenderlo a prezzi maggiorati. “Ma questo tipo di politica ha mostrato tutta la sua inefficacia”, spiega Vitalij Bushuyev, capo dell’Istituto turkmeno per le strategie energetiche.

Fonte: AsiaNews.

mercoledì 16 dicembre 2009

L’UNODC nomina Nicolas Cage Ambasciatore di buona volontà per la giustizia mondiale


Nicolas Cage, noto attore e regista, è stato nominato Ambasciatore di buona volontà per la giustizia mondiale dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (UNODC).

La nomina è stata assegnata dal Direttore Esecutivo dell’UNODC, Antonio Maria Costa, presso l’Associazione dei Corrispondenti dell’ONU (UNCA) il 4 dicembre durante la quattordicesima cena di beneficienza annuale svoltasi a New York.A Nicolas Cage è stato inoltre assegnato il premio dell’UNCA come Cittadino dell’Anno per il suo impegno umanitario.

“Il mio ruolo nella vita reale come Ambasciatore di buona volontà dell UNODC sarà certamente ancora più stimolante e significativo di quelli che ho interpretato sul grande schermo,” ha affermato Nicolas Cage, che ha prodotto, diretto e recitato in film, spesso riguardanti argomenti come la giustizia globale, terrorismo, traffico di armi, crimini sessuali e traffico di droga.

Nicolas Cage inoltre ha già collaborato con l’UNODC. A maggio 2009 ha inaugurato, presso il Palazzo di Vetro dell’ONU di New York, la mostra di beneficienza dell’UNODC intitolata “Welcome to Gulu”, che presentava alcuni dipinti di ex bambini soldato e bambine che erano state rapite.

Nicolas Cage è recentemente rientrato da una missione dell’UNODC di una settimana in Uganda e Kenya, che aveva come obiettivo i bambini soldato e altre forme di traffico umano, così come la pirateria, le condizioni carcerarie, HIV/AIDS e la tossicodipendenza.
Durante la missione ha organizzato un workshop di recitazione per ex bambini soldato e bambine vittime di rapimento.

Nicolas Cage ha recitato in 65 film, alcuni dei quali Stregata dalla luna, Cuore selvaggio, Raising Arizona, Via da Las Vegas, Con Air, The Family Man, Il ladro di orchidee, Il mistero delle pagine perdute, Lord of War, World Trade Center, Ghost Rider, Knowing e Il cattivo tenente.

Ha ricevuto l’Oscar come Miglior Attore per Via da Las Vegas ed è stato successivamente nominato ad un altro Oscar per la sua doppia interpretazione in Il ladro di orchidee.
Tra i tanti riconoscimenti ricevuti si contano un Golden Globe, due MTV Movie Awards, uno Screen Actors Guild Awards e una stella sulla Hollywood Walk of Fame.

Nicolas Cage ha dimostrato un costante impegno verso la giustizia globale e la filantropia, oltre ad essere un sostenitore di Amnesty International.

Ha donato due milioni di dollari per creare un fondo volto ad aiutare ex bambini soldato e a sostenere strutture riabilitative, servizi medici, psicologici e reintegrativi.
In seguito al suo film Lord of War, ha sostenuto la campagna per aumentare la consapevolezza sul controllo internazionale di armi e ha dato il suo supporto a cause e organizzazioni come Heal the Bay, la Croce Rossa, la United Negro College Fund, Hurricane Katrina reconstruction efforts e la Royal United Hospital’s Forever Friends Appeal per costruire reparti di terapia intensiva per neonati.

Congo: aumenta il numero di disperati in fuga dalla violenza dilagante nella provincia dell’equatore.


Cresce il numero di civili congolesi che scappano dalla martoriata provincia dell’Equatore, nel nord-ovest della Repubblica Democratica del Congo (RDC). In fuga dalla violenza dilagante, i congolesi continuano a riversarsi nella confinante Repubblica del Congo. Secondo stime governative sono 84.000 i rifugiati arrivati in RDC dall’inizio di novembre, quando è divampata la violenza interetnica fra le tribu Enyele e Munzaya per dispute relative ai diritti agricoli e di pesca.

Alcuni dei nuovi arrivati hanno riferito all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) di essere scappati dopo aver appreso che i miliziani Enyele – i quali avevano sferrato un attacco a fine ottobre uccidendo e ferendo diverse persone nell’area di Dongo – stavano avanzando verso la città di Gemena, a 200 Km a nord di Dongo. Altre persone provengono dalla zona dove sono al momento in corso i combattimenti o hanno detto di essere scappati per timore di una contro-offensiva delle forse governative. Fra gli ultimi arrivati lo staff dell’UNHCR ha trovato persone con ferite fresche da arma da fuoco ed ha registrato nove casi di violenza carnale, tre dei quali su ragazze minorenni.

Insieme ai suoi partner, l’UNHCR sta cercando di far fronte ai nuovi arrivi, ma gli aiuti iniziano a scarseggiare, i rifugiati aumentano e i bisogni superano le risorse disponibili. Inoltre, le agenzia umanitarie si stanno trovando di fronte a ostacoli considerevoli di carattere logistico visto che l’intera popolazione di rifugiati è distribuita su un territorio di 500 Km quadrati lungo le rive del fiume Oubangui.

I rifugiati vivono in condizioni di sovraffollamento e i rischi di contrarre infezioni respiratorie, diarrea e malaria sono molto alti. Insieme ai propri partner sul terreno l’UNHCR ha sostenuto la creazione di nove ambulatori nei pressi dei luoghi di più alta concentrazione di rifugiati dove c’è maggior bisogno di medicine e di personale sanitario. Sono disponibili anche dei centri medici mobili per le aree più remote.

Data la carenza di acqua pulita, i rifugiati si servono del fiume con i conseguenti rischi per la salute. L’UNHCR sta distribuendo tavolette per depurare l’acqua. Le agenzie umanitarie hanno poi installato 6 grandi serbatoi d’acqua per una capacità totale di 60.000 litri nei pressi di Betou, nella Repubblica del Congo settentrionale, dove si sono rifugiati 55.000 dei nuovi arrivati.

La presenza massiccia di rifugiati aumenta poi la pressione sulle comunità locali, presso le quali molti rifugiati vengono ospitati, con conseguente suddivisione delle limitate risorse. Altri rifugiati hanno trovato riparo in edifici pubblici - come nel caso del villaggio di Mozombo, nell’area di Betou, dove otto classi di una scuola locale sono attualmente adibite a rifugio rendendo difficoltosa la frequentazione delle lezioni ai bambini locali.

Sui terreni messi a disposizione dalle autorità locali, l’UNHCR ha iniziato i lavori per la costruzione di un nuovo campo nell’area di Betou, dove è previsto il trasferimento di alcuni dei rifugiati.

Nel frattempo nella provincia dell’Equatore la situazione rimane tesa. Si stima vi siano 100.000 sfollati interni dall’inizio di novembre. Le truppe governative avrebbero riguadagnato il controllo di diverse aree, fra cui Dongo.

L’UNHCR ha in programma una missione di valutazione nell’area non appena le condizioni di sicurezza lo permetteranno.

martedì 15 dicembre 2009

Iran: mai così tante violazioni dei diritti umani negli ultimi 20 anni


Il rapporto di Amnesty International descrive violazioni sistematiche avvenute prima, durante e soprattutto dopo le elezioni di giugno, quando le autorità hanno fatto ricorso alle milizie Basiji e alle Guardie rivoluzionarie per sopprimere le proteste di massa convocate a seguito del contestato esito del voto.

La situazione dei diritti umani in Iran è la più negativa degli ultimi 20 anni. Lo ha dichiarato Amnesty International, presentando un rapporto sulla repressione seguita alle elezioni presidenziali di giugno.

"La leadership iraniana deve assicurare che le numerose denunce di torture, stupri inclusi, di uccisioni illegali e di ulteriori violazioni dei diritti umani siano sottoposte a indagini approfondite e indipendenti" - ha dichiarato Hadj Sahraoui, vicedirettore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. "I membri delle milizie e delle forze di sicurezza che si sono resi responsabili di violazioni dei diritti umani devono essere chiamati a rispondere del loro operato, nessuno escluso".

Amnesty International ha anche sollecitato la Guida suprema, l'Ayatollah Ali Khamenei, a consentire la visita in Iran di due esperti-chiave delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, affinché possano contribuire allo svolgimento delle indagini.

"La Guida suprema dovrebbe ordinare al governo di invitare il Relatore speciale dell'Onu sulla tortura e quello sulle esecuzioni sommarie e arbitrarie, onde assicurare che le indagini siano rigorose e indipendenti. Finora le indagini annunciate da varie autorità iraniane sono sembrate determinate più dalla volontà di coprire le violazioni che di accertare la verità" - ha spiegato Sahraoui.

Il rapporto di Amnesty International descrive violazioni sistematiche avvenute prima, durante e soprattutto dopo le elezioni di giugno, quando le autorità hanno fatto ricorso alle milizie Basiji e alle Guardie rivoluzionarie per sopprimere le proteste di massa convocate a seguito del contestato esito del voto.

Il rapporto comprende testimonianze di persone arrestate nel corso delle proteste, alcune delle quali sono state costrette a lasciare il paese.

Nelle ultime tre settimane, oltre 90 studenti sono stati arrestati e ad altri è stato impedito di proseguire gli studi, col chiaro intento di evitare la ripresa delle manifestazioni e spingere gli studenti a non continuare a chiedere il rispetto dei diritti umani e della libertà accademica.

"Il governo iraniano deve dimostrare di aver voltato pagina rispetto a quanto accaduto in estate, garantire che la gestione dell'ordine pubblico nel corso delle proteste sarà basata sul rispetto degli standard internazionali in materia di uso della forza e, infine, togliere dalle strade i Basiji e le altre forze di sicurezza" - ha affermato Sahraoui. "Chiunque sia arrestato deve essere protetto dalla tortura e dagli altri maltrattamenti, i prigionieri di coscienza devono essere rilasciati e coloro che sono stati condannati al termine di processi iniqui, compresi i 'processi spettacolo' che hanno rappresentato una parodia della giustizia, devono ottenere una revisione dei casi oppure essere rilasciati. Tutte le condanne a morte devono essere commutate e gli imputati in attesa di giudizio devono essere processati in modo equo".

Le autorità iraniane hanno istituito due organismi per indagare sulla crisi post elettorale e sul trattamento dei detenuti: un comitato parlamentare e una commissione giudiziaria composta da tre persone. Non è noto quale mandato e quanto potere siano stati conferiti ai due organismi e le conclusioni del comitato parlamentare non sono state rese pubbliche.

Manfred Nowak, Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, e Philip Alston, Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie e arbitrarie, hanno chiesto di visitare l'Iran e sono in attesa di una risposta ufficiale.

Secondo fonti ufficiali, nella violenza post elettorale sono state uccise 36 persone. L'opposizione parla di oltre 70 manifestanti.

In tutto il paese, dopo le elezioni, sono state arrestate 4000 persone, delle quali circa 200 rimangono in carcere.

Nonostante numerose richieste, negli ultimi 30 anni le autorità iraniane hanno costantemente negato ad Amnesty International l'autorizzazione a visitare il paese. L'Ambasciata di Teheran a Londra da almeno cinque anni rifiuta qualsiasi comunicazione o richiesta d'incontro da parte dell'organizzazione per i diritti umani.